“La compagnia del corpo”, storia di ordinaria follia

Silvia Notarangelo
ROMA – Spiegare il perché di certi crimini è davvero difficile. L’indignazione e la pubblica condanna non bastano. L’unica, vera, speranza è riuscire a prevenirli. Non possono ripetersi episodi simili a quello denunciato da Giorgio Folco nel suo “La compagnia del corpo” (:duepunti Edizioni). Ispirato ad un fatto realmente accaduto, il libro racconta la storia di un terribile maltrattamento, consumato alla luce del giorno, che ha visto protagonisti due ragazzi come tanti.
Alice ha 21 anni, si è da poco trasferita in una villetta a Cortesforza, immaginaria periferia di Milano, dove vive insieme alla madre e a Lucy, una cagnetta bianca e nera.
Una pericolosa ossessione la tormenta da sempre: quella per la bilancia, una bilancia prima con i numeri neri e la lancetta rossa, poi elettronica e apparentemente più affidabile. Alice inizia ad ingrassare presto, a sei anni, complice qualche merendina di troppo ingerita, forse, all’insaputa di due genitori giovani e magri che la guardano “sentendola un’estranea”. Crescendo, le cose non cambiano, anzi. Il peso continua ad aumentare fino ad oltrepassare quota 100. E fin qui, nulla di così eccezionale. La svolta arriva un pomeriggio di giugno. Alice esce con il fidanzato, Diego, per raggiungere il capannone dove ha sede l’azienda del padre del ragazzo. Lucy è con loro. Al cancello, il dobermann di guardia riconosce il suo padrone ma non Lucy, che viene avvicinata con sospetto. Lasciata sola nel cortile, la cagnetta inizia ad abbaiare, è terrorizzata, cerca di richiamare l’attenzione. La scena che si consuma di lì a poco è raccapricciante: Diego, infastidito da quel continuo lamento, esce dall’ufficio, raggiunge Lucy, la lega e la colpisce ripetutamente con una sbarra di ferro. Il tutto prontamente ripreso dall’immancabile cellulare di Alice. È finita. Di Lucy non resta che una carcassa. “Dove buttiamo il corpo?” Questa sembra essere l’unica preoccupazione che attraversa le menti annebbiate di Alice e Diego. Vivono in un “forte stato di disagio”, si è detto a difesa dei due. Peccato che non ci sia traccia di quel presunto disagio nella lucidità e scaltrezza con le quali hanno scelto il luogo dove abbandonare la cagnetta. Doveva sembrare un incidente, ma per fortuna, almeno questa volta, un amico fidato, uno “del gruppo”, deve averli traditi.

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