Pensieri e ricordi ne “Il sentiero della libertà”

Silvia Notarangelo
ROMA – Il libro arriva in redazione accompagnato da un biglietto scritto a mano dall’autore. Poche parole per confessare di aver scritto “con il cuore”. Ecco, mi sembra che sia proprio Luca Favaro a indicare la chiave di lettura della sua raccolta di raccontiIl sentiero della libertà” (Emil Editrice). È il cuore a guidarlo in una narrazione sentita, intensa e scorrevole, in cui non mancano spunti per interrogarsi e riflettere sul senso più autentico di tanti, piccoli episodi solo apparentemente insignificanti.

Ricordi, esperienze di vita, ma anche incursioni in realtà soprannaturali con storie e dialoghi che vedono coinvolto niente di meno che Dio in persona. Il tutto arricchito da stimolanti considerazioni sul comportamento e sull’agire dell’uomo, spesso così concentrato su se stesso o così poco incline a misurarsi con il “diverso”, da non accorgersi di tutto ciò che accade intorno a lui.
Le situazioni raccontate sono, talvolta, piuttosto comuni. A chi non è capitato di imbattersi nell’arroganza di una persona convinta di poter comprare con i soldi qualsiasi cosa? O ancora, in una persona così determinata a difendere il proprio status sociale da risultare ridicola e fuori luogo? Dopo un momento di rabbia e di comprensibile indignazione, è la compassione a prendere il sopravvento nell’animo dell’autore. Un sentimento complesso, in cui l’empatia finisce con il prevalere.
È inutile nasconderlo, certi individui con i loro atteggiamenti, con il loro modo di fare, non riescono a suscitare simpatia. Eppure, lo scrittore sembra suggerire che proprio in virtù di tali comportamenti, siano loro i soggetti più deboli, coloro che hanno bisogno di nascondersi dietro alle apparenze illudendosi, così, di essere invincibili.
E allora qual è il senso più profondo, più vero della nostra esistenza? Non è facile dare una risposta. “Quando sei marcio dentro, lo sei in qualunque posto ti trovi e qualunque lavoro tu faccia”. Favaro le sue risposte le ha trovate nella fede. In un Dio che sente vicino, un Dio che lo sollecita a essere felice e che continua, pazientemente, a esortarlo: “Impara ogni giorno a ripartire, pensa a dove hai sbagliato con serenità, ingrana la marcia e via!”.

Una blogger in cucina


Silvia Notarangelo

ROMA – “Una cucina alla portata di tutti, con ricette semplici e per lo più cucinate con ciò che mi trovavo a disposizione”. È così che Silvia Crucitti, apprezzata blogger palermitana, presenta la sua prima, gustosa, fatica letteraria.
al forno”, pubblicato da FOOD Editore, mantiene le premesse. Il volume, frutto dell’esperienza personale dell’autrice ma anche di una buona dose di suggerimenti provenienti dalla rete, è arricchito da aneddoti, consigli, curiosità e corredato da un invitante apparato fotografico.
Facilità, praticità e cottura al forno sono gli ingredienti base dei cento piatti proposti. Dall’antipasto al dolce, c’è davvero da sbizzarrirsi: stuzzichini, lasagne, arrosti di carne e di pesce, verdure, torte e biscotti. Nessuno resterà a stomaco vuoto.
Per desiderio dell’autrice, i piatti non sono suddivisi per “tipologia di alimenti” ma ordinati secondo le possibili “situazioni di consumo”.
Si parte da “tutti i giorni”, con ricette veloci destinate a saziare l’appetito anche quando il tempo a disposizione è troppo poco. Per iniziare bene la giornata o regalarsi una pausa diversa dal solito c’è “colazione & merenda”. Se, invece, si vogliono evitare brutte figure in occasioni un po’ speciali meglio consultare “il pranzo della domenica e delle feste” e seguire i giusti passi da fare per ottenere ottime lasagne “sicilian style”, involtini e torte insuperabili. Per gli amanti dell’aperitivo c’è anche l’alternativa: si chiama “fingerfood” e promette stuzzichini caldi e fragranti, possibilmente da abbinare al giusto vino.
Non resta altro che correre ai fornelli!

“Le nebbie di Vraibourg” il romanzo di esordio di Veronica Elisa Conti

Alessia Sità
ROMA – Durante il tragitto vide la città di sfuggita, ma quel poco bastò a deluderlo: era piccola, poco più di un paese e sembrava non offrire molte occasioni di vita mondana. Addio sogni di cene lussuose, serate all’Opera e nei locali di musica. La campagna era secca, sferzata dal vento, corteggiata dai boschi che infine la conquistavano. La carrozza si introdusse in un viale fiancheggiato da pini secolari. Etienne pensò che sembrava la strada del camposanto. Alla fine del viale si apriva un giardino con una fontana al centro. Al di là il castello e tutto intorno il bosco. Etienne scese dalla carrozza e guardò davanti a sé: il castello della Guyenne si stagliava contro il cielo scuro. Qualcuno lo osservava da dietro una tenda.” È questo lo scenario che si presenta al giovane Etienne Dorin non appena giunge nel piccolo paese normanno di Vraibourg.
Vincitore nel 2011 del Premio Luigi Malerba di Narrativa e Sceneggiatura, il romanzo di esordio di Veronica Elisa Conti – “Le nebbie di Vraiborug” edito da MUPci trasporta in una gelida Normandia dall’atmosfera gotica e misteriosa. Protagonista della storia è un giovanissimo ragazzo di appena diciotto anni, che dopo essere stato chiamato dal nobile Tancrède Des Essarts, per istruire l’enigmatico Dorian -‘volto bianco nell’oscurità’-  decide di trasferirsi nel freddo castello di Guyenne. Ad alimentare il senso di inquietudine che aleggia nei luoghi della piccola cittadina è anche l’atteggiamento ambiguo dei personaggi che la abitano. La tranquillità apparente di Etienne presto è sconvolta dall’incontro con l’indipendente e schietta Ophélie De Clary e la solare fanciulla parigina, Madeleine Muset. Ben presto, il giovane viene coinvolto, suo malgrado, nella ‘nebbia’ che avvolge l’anima e il passato dei vari personaggi che incontra sulla sua strada. Tutti a Vraibourg sembrano nascondere qualcosa ed essere a conoscenza di strane storie sulla famiglia Des Essarts; ma l’ipocrisia della società borghese è difficile da scalfire e questo Etienne lo sa bene. La ricerca della verità per il giovane istitutore diventa sempre più insidiosa. La realtà con la quale dovrà fare i conti è molto diversa da come sembra. Sangue, menzogne e rancore sono al centro di tutte le vicissitudine di Vraiborug.

 

Con uno stile sobrio ed essenziale, Veronica Elisa conti ci regala una straordinaria storia senza tempo, in cui il mistero permea l’intreccio narrativo, basato sostanzialmente sulla continua dialettica fra verità, mistero e falsità.

 

Un viaggio nei sentieri occulti del potere


Silvia Notarangelo

ROMA – Un libro per varcare le soglie e visitare molti di quei luoghi avvolti dal mistero, complici leggende, credenze mitologiche, storie, talvolta, di pura fantasia. Stephen Klimczuk e Gerald Warner di Craigenmaddie nella loro “Guida ai luoghi più segreti del mondo” (Castelvecchi Editore) si propongono di far luce, in modo razionale e rigoroso, su quelli che definiscono i “santuari” del potere, sulla loro storia, sul perché, ad oggi, ci si continui ad interrogare sulla loro vera natura.
Con uno stile chiaro e asciutto, proprio come una tradizionale guida turistica, i due autori conducono il lettore attraverso i territori, gli ambienti, le stanze che, in modi diversi, sono stati o continuano ad essere luoghi esclusivi, sedi private di attività e gruppi più o meno ufficiali. Un autentico viaggio nell’incognito che spazia dalle residenze degli ordini cavallereschi a quelle delle società segrete universitarie, dai templi del potere economico-finanziario alle “isole del mistero”. Si può percorrere il Passetto di Borgo a Roma, avventurarsi nel terribile Castello di Wewelsburg in Germania, introdursi nei moderni rifugi destinati alla protezione e alla sicurezza, come l’inaccessibile Mount Weather in Virginia, immaginare il “backup del mondo intero”, la famosa galleria nell’isola di Spitzbergen che conserva i semi di tutte le piante terrestri.
L’obiettivo di questa intrigante guida è dichiarato: “scavare al di sotto degli strati della cattiva informazione e presentare i fatti reali”. Un’aspirazione legittima e pienamente raggiunta che, nonostante getti più di qualche dubbio sul valore acquisito da alcuni luoghi, nulla toglie al loro fascino e a quella particolare suggestione che li circonda.

Russia, rivolte e gioventù: quando la letteratura incontra l’attualità.

Marianna Abbate

ROMA – Negli ultimi mesi è tornata alla ribalta la tematica legata alla mancanza di libertà di espressione in Russia. Questo ad opera di un gruppo di attiviste-punk dal nome ribelle Pussy Riot. Le PR, a dispetto del nome provocatorio hanno ben poco a che vedere con la sessualità e molto con la libertà- alcune di loro si trovano in carcere in attesa di giudizio, e molti artisti internazionali si sono espressi in loro favore. In un paese che ama seppellire i propri segreti (vedi Politkovskaja), certi comportamenti non possono essere accettati. Quale sarà il destino delle ribelli non c’è dato sapere, ed è stupido pensare che la fama internazionale possa garantire loro un po’ di clemenza: anche la giornalista della Novaja Gazeta aveva raggiunto la fama internazionale per le sue indagini sulla guerra in Cecenia.

L’autore di San’kja, il libro edito da Voland, Zachar Prilepin è un trentaseienne della Russia contemporanea. Alla sua giovane età è già veterano della terribile guerra cecena e vincitore di tutti i maggiori premi letterari della Russia. I suoi libri sono tradotti in undici lingue, e questo- dopo Patologie, è il secondo romanzo pubblicato da Voland. E’ membro del Partito Nazionale Bolscevico di nostalgie protocomuniste e attualmente fuorilegge, che si oppone a Putin.

E ci racconta i nuovi rivoluzionari. facce giovani, già vecchie- di ragazzi dalle vite perdute alle origini. Il protagonista è San’kia- Aleksandr, vive ai confini della cività, in un paesaggio rurale e dimenticato e usa abitualmente il diminutivo prediletto dalla sua nonna. Suo padre è morto nel modo più comune possibile in Russia: d’alcol; sua madre lavora di notte come infermiera. La sua rabbia non è apatica, passiva- come quella dei nostri giovani infelici e arresi. La sua rabbia è sveglia e forte e grida: Rivoluzione!

E’ un romanzo interessante soprattutto per la forma: l’attenzione del lettore si alterna tra il giovane ragazzo bellicoso e infelice, e la massa manifestante- vero protagonista collettivo. Molti sono i riferimenti all’attualità, che potrebbero sfuggire al lettore straniero, ma che ci permettono di comprendere a fondo una realtà completamente diversa dalla nostra. Dove LIBERTA’ non è sempre una parola benvista- e mantiene ancora un sapore aspro e agognato.

 

 

La tragedia secondo Ismene

Matteo Dottorini
ROMA
– Che cos’è “La ribellione di Antigone”… di certo un libro, l’ultimo lavoro di Giancarla Dapporto, edito da Portaparole che ripercorre alcuni stralci della tragedia di Sofocle, ma è anche altro, molto altro.
E’ un testamento, che Antigone, figlia di Edipo, lascia ai posteri per mano della sorella minore Ismene. E’ Ismene infatti che la Dapporto, andando controcorrente rispetto alla tradizione, ingaggia come narratore di questa tragedia. Antigone, di ritorno dal lungo esilio durante il quale ha assistito il padre Edipo, è testimone dello scontro tra i fratelli maggiori che, per questioni dinastiche, si tolgono la vita l’un l’altro sotto le mura di Tebe. Lo zio Creonte, successore al trono, nega la sepoltura a Polinice, tra i due defunti il fratello reo di aver guidato un esercito straniero contro la città. Antigone, allora, dopo aver fatto appello alle leggi eterne degli dei e reclamato una degna sepoltura per il fratello traditore, vistasi negare la richiesta dall’irremovibile zio, si toglie la vita come sacrificio, mettendo fine all’intera dinastia reale.
“La ribellione di Antigone”, però, è anche un buon compendio del ciclo tebano. La giovane Ismene narra gli epici natali della sua famiglia, genìa divina, ma vittima della maledizione degli dei che porterà lei, la più giovane e meno coraggiosa tra i discendenti di Cadmo e Armonia, a rimanere l’unica sopravvissuta e, allo stesso tempo, testimone di un ciclo glorioso e ancor più tragico.
Ma “La ribellione di Antigone” è soprattutto il racconto dell’eterna lotta tra due passioni: in questo caso la tracotanza, la Hybris, del sovrano, e la Pietas di Antigone.
La Dapporto, attraverso Ismene, racconta e, nel farlo, mostra. Mostra delle immagini, un flusso di immagini usando uno stile asciutto, senza orpelli. I ragionamenti e il filo dei pensieri della voce narrante sono funzionali allo svolgimento, filologicamente ineccepibile, delle vicende. La prosa e i dialoghi, sempre essenziali, conservano il pathos della teatralità originaria.
Rimane intatta la dimensione religiosa, perduta in altri adattamenti moderni della tragedia. Gli dei,ossia le forze e le passioni che i greci riconoscevano e umanizzavano, tornano ad essere il motore della tragedia. La negazione del loro ascendente, individuabile nella tracotanza del sovrano, torna nell’opera della Dapporto il punto centrale degli eventi da cui scaturiscono la ribellione di Antigone, il suo suicidio e, nella catarsi finale, la resa di Creonte che, finalmente, apre gli occhi di fronte alla sua stoltezza. Elemento non da poco, che mette luce sulla profonda conoscenza e il grande rispetto per il pensiero greco da parte dell’autrice.
Giancarla Dapporto, con uno stile semplice e comprensibile a tutti, come lo stesso Sofocle, narra una storia epica e inossidabile, adattando il linguaggio della sua prosa agli archetipi che essa racconta, sempre attuali e che non necessitano di alcuna vera modernizzazione. Non è mai semplice riscrivere i classici, la tentazione di adattarli ai tempi per renderli commercialmente accattivanti e fruibili al largo pubblico, o quella di attualizzali, mettendoli in sintonia con la corrente sociologica sposata dall’autore di turno, presta spesso il fianco all’emergere di stereotipi dal sapore scolastico, quando non scade in stucchevoli adattamenti postmoderni. Il pericolo è sempre lo stesso: individuare un buono e un cattivo, pratica che, inesorabilmente, pone un velo sulla saggezza antica che, da ogni classico, letteralmente trabocca nelle nostre mani. Una saggezza smarrita eppure pronta all’uso, così preziosa e utile per la costruzione di una coscienza personale, sociale, civica e che, in questo frangente storico, andrebbe più che mai recuperata. La Dapporto, nel suo breve libro, mantiene pulsante questa saggezza e ha, tra l’altro, il merito di non trasformare Antigone in quel modello di proto-femminista , nichilista o ribelle, tanto caro a certi ambienti giornalistici, letterari e soprattutto politici novecenteschi.
E’ tutto questo che rende “La ribellione di Antigone” un romanzo di formazione, un testo da possedere, adatto a chiunque: a chi ama i tragici e a chi ha fruito anche dei loro svariati adattamenti,a chi ama le storie di eroine che non passano con la moda del momento, a chi mastica Calasso e a chi cerca un ottimo libro per far conoscere alcuni personaggi, per la prima volta, ai propri figli.

ChronicaLibri ha intervistato Francesco Rago, autore di “Dolce come il piombo”

 

Alessia Sità

ROMA Qualche mese fa ho letto e recensito il romanzo di Francesco Rago, “Dolce come il piombo” pubblicato da Edizioni Montag nella collana Le Fenici. La storia di tre ragazzi di provincia che lottano, con ostinazione, per farsi spazio in un mondo che troppo spesso ha delle regole crudeli, mi ha veramente tenuta sospesa fino all’ultima pagina, spingendomi a riflettere molto sull’ineluttabilità del destino. La vicenda di Lepre, Fuoco e Saetta e la scrittura di Francesco Rago mi hanno decisamente conquistata. Oggi ChronicaLibri vi propone l’intervista all’autore.

“Dolce come il piombo”, se non sbaglio è una sinestesia? Qual è il significato profondo di questo titolo?
A un certo punto del libro c’è una frase: “Lucia continuava a vivere nei suoi pensieri, alcuni dolci come il miele, altri pesanti da digerire, come il piombo”. Il romanzo è costruito sulla linea sottile che scorre fra la dolcezza dell’amicizia e della gioventù, e l’amarezza della separazione e della perdita, fino al punto in cui le due cose si mischiano fra loro e non si distinguono più.
Cosa ha ispirato la storia di Ivan, Fabrizio e Carlo?
Avevo voglia di raccontare l’amicizia, quella vera, e per farlo mi sono ispirato a una provincia e a un’epoca in cui forse c’era più spazio per sognare.
Quanto di Francesco Rago c’è nella storia di Lepre, Fuoco e Saetta? Qual è il personaggio a cui ti sei legato di più?
Nella storia di Lepre, Fuoco e Saetta direi che ci sia poco e niente del mio vissuto, nel senso che i personaggi appartengono a un periodo storico e a un microcosmo che non sono i miei. Durante la scrittura mi sono legato in egual misura a ciascuno di loro, nella mia visione è un po’ come se tutti e tre fossero un unico personaggio, una sorta di tre di uno.
Il tuo libro oscilla fra dolcezza e amarezza. Dalla spensieratezza infantile alla consapevolezza della maturità adulta. Possiamo dire che il tuo romanzo è una lucida riflessione sullo scorrere del tempo e sull’ineluttabilità del destino?
Credo che quelle cui fai riferimento siano senz’altro tematiche centrali. Nel corso della vicenda i protagonisti crescono e si evolvono, e a un certo punto si crea una distanza fra ciò che diventano e ciò che invece avrebbero dovuto e potuto essere. Ma com’è possibile stabilire e misurare questa distanza? Non è possibile, ed è in questa sorta di buco nero che si concentra la loro storia.
Mi ha colpito molto la tua straordinaria capacità introspettiva. Nel tuo libro, descrivi accuratamente personaggi e particolari di ogni tipo con estrema precisione. Ogni dettaglio è funzionale al racconto e permette al lettore di affezionarsi ai protagonisti. Quanto conta l’intreccio narrativo in un libro?
In un romanzo come il mio, che abbraccia un arco di tempo di quasi trent’anni, mantenere un coerente intreccio narrativo è fondamentale, altrimenti c’è il rischio che la storia si sfaldi e il lettore si smarrisca in corso d’opera. La difficoltà in questo caso era di gestire tre protagonisti contemporaneamente, cercando di mantenere ritmo e interesse nelle vicende di ognuno. Penso che venga spontaneo affezionarsi a Lepre, Fuoco e Saetta perché sono caratterizzati da una forte umanità.
Cosa rappresenta per te la scrittura?
Mi rivedo molto in questa affermazione di Salgari: “Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli”. Per me la scrittura rappresenta anche e soprattutto un viaggio mentale, un momento di evasione, di libertà.
Attualmente stai lavorando a qualche progetto particolare?
Ho concluso un nuovo romanzo, per certi aspetti molto diverso dai miei lavori precedenti. Ora sono in attesa di trovargli una sua collocazione editoriale.
Da scrittore quali sono le 3 parole che preferisci?
Non mi pare di avere delle parole preferite, ma queste mi piacciono: zazzera, limaccioso, anfitrione.

 

In viaggio con… Pino Bruno

 

Bentrovati all’appuntamento di “In viaggio con…”: la nuova rubrica di audiointerviste, che anima il nostro Canale Youtube.

Antonio Carnevale e Massimiliano Augieri, due navigati e affascinanti speaker radiofonici, intervistano per noi gli autori delle più importanti novità editoriali.

Questa settimana è ospite Pino Bruno con il suo “Dolce Stil Web. Le parole al tempo di Internet”.

Per ascoltare l’intervista cliccate su questo link:

Intervista a Pino Bruno su CHRONICAtube

Oppure accedete direttamente al Canale Youtube, dal video a destra. BUON ASCOLTO!

Pino Bruno – Dolce Stil Web. Le parole al tempo di Internet

Il web è il Nuovo Mondo di oggi, virtuale sì ma non più di tanto. Da oltre dieci anni le persone si incontrano in Rete e, come i primi mercanti che attraversavano mari e deserti, hanno cominciato a dialogare in una strana lingua. Uno slang che è un misto di inglese, spagnolo, informatica, neologismi, goliardia, strane faccine fatte di punteggiatura e icone animate. Con il tempo quell’idioma è diventato di uso comune ed è entrato a far parte del nostro vocabolario. Chattare, uploadare, downloadare, rippare, scaricare, blobbare, craccare. Siamo ormai abituati a frasi come: “Ti mando una mail con l’allegato. Lo zippo perché è ingombrante”. I giornali ci informano che il digital divide preoccupa i governi di tutto il mondo e che la polizia è sempre a caccia di cyberpedofili e responsabili di phishing. D’accordo, ma se volete che la gente si preoccupi, fate in modo che almeno capisca di cosa parlate! Questo libro è la bussola indispensabile a tutti i navigatori del web, a chi vuole capire e soprattutto non farsi ingannare da sedicenti guru, falsi profeti e imbonitori tecnologici. (Sperling&Kupfer, 2010, €16.00)

In viaggio con…Renato Nicolini

Bentrovati all’appuntamento di “In viaggio con…”: la nuova rubrica di audiointerviste, che anima il nostro Canale Youtube.

Antonio Carnevale e Massimiliano Augieri, due navigati e affascinanti speaker radiofonici, intervistano per noi gli autori delle più importanti novità editoriali.

Questa settimana è ospite Renato Nicolini con il suo “Estate Romana 1976-1985: un effimero lungo nove anni”.

Per ascoltare l’intervista cliccate su questo link:

Intervista a Renato Nicolini su CHRONICAtube

Oppure accedete direttamente al Canale Youtube, dal video a destra. BUON ASCOLTO!

Renato Nicolini – Estate Romana 1976-1985: un effimero lungo nove anni

Indimenticato Assessore alla Cultura di Roma negli anni che vanno dal 1977 al 1985, nella prima giunta comunista guidata da Argan, architetto e uomo di teatro, Nicolini è un intellettuale noto per il suo impegno politico e soprattutto per aver dato vita a un nuovo modello culturale per la capitale durante i tormentati anni di piombo. Con la sua opera totalmente originale, Nicolini compie il miracolo: coinvolgere la massa in grandi eventi, far partecipare importanti nomi internazionali a spettacoli collettivi, inaugurare l’epoca dei reading, delle notti animate in cui l’elemento dello stupore e dell’emozione diventa preponderante: in una parola, abbattere le barriere tra cultura popolare e cultura d’élite. Anni memorabili raccontati anni dopo in questo libro, scritto di getto nel 1991, che torna oggi in libreria con una lunga introduzione dell’autore e con la prefazione di Jack Lang, già Ministro della Cultura francese. (Città del S0le Edizioni, 2011, €15.00)

 

“Lo specchio del mio segreto” il nuovo romanzo di Samar Yazbek, autrice del best seller “Il profumo della cannella”

 

Alessia Sità

ROMA “Ma perché andarci? Non si domanda perché Said Nasser l’ha abbandonata per anni? Cosa vuole da lui, dopo tutto quello che è successo? Forse chiedergli perché le ha fatto questo. Forse lo ama ancora. Il cuore di Leila ha smesso di battere. E lei ha capito, nelle notti del suo lungo vagare dentro la prigione, che non avrebbe più ricominciato. Perché ha aspettato tutti questi anni per andare da lui? Vuole sapere per quale motivo si strugge al pensiero di vederlo: è voglia di morire o voglia di tornare a vivere?”
Samar Yazbek, autrice del best seller “Il profumo della cannella”- censurato in Siria dall’Unione degli scrittori arabi – torna in libreria con nuovo seducente romanzo: “Lo specchio del mio segreto” pubblicato da Castelvecchi Editore. Fra passione, erotismo, odio e vecchi rancori, si dipana la conturbante storia di Leila e Said. Lei, giovane e affascinante attrice a Damasco, appartenente alla setta degli Alawiti. Lui, soldato sunnita temuto ed esasperatamente fedele al suo Presidente, “(…) diventato la cosa più importante che aveva nella vita, più dell’idea del matrimonio o delle scappatelle con le donne, che erano ormai di dominio pubblico”. Purtroppo, l’eccessiva o forse anche ossessiva devozione al Regime, trasformano e induriscono il cuore del ragazzo, che decide di mettere a tacere i suoi sentimenti per la bella Leila al-Sawi nel nome della politica e del suo totale asservimento. E, infatti, quando la Ragion di Stato irrompe nelle loro vite, Said decide di abbandonare la sua amata alle più atroci torture e violenze del Regime e della prigionia. Nonostante l’agonia subita durante gli anni del carcere, lo sfinimento del corpo e la mutilazione dello spirito, Leila non ripudierà le proprie origini e le proprie credenze. La fede religiosa e l’idea della reincarnazione, le daranno la forza per continuare ad andare avanti, mettendo alla prova il suo amore. Attraverso una serie di flashback, Samar Yazbek ricostruisce lentamente la travagliata relazione fra i due disperati amanti. In ogni pagina rivivono storie, voci e profumi del passato. Con un stile a tratti fiabesco, la scrittrice siriana ci regala un romanzo fatto di donne, passione e sentimenti. “Lo specchio del mio segreto” ci trascina in una terra lontana, facendoci scoprire la bellezza, la storia passata e la sofferenza di un Paese che brama ancora troppa libertà.