Michael Dialley
AOSTA – “Durante l’ultima persecuzione che subirà la Santa Chiesa Romana, regnerà Pietro il Romano. Egli pascerà le pecore fra molte tribolazioni. Passate queste, la città dei sette colli sarà distrutta, e il Giudice tremendo giudicherà il popolo”: questo dovrebbe essere ciò che spetterà all’uomo e, in particolare, alla Chiesa cattolica a breve, dopo l’elezione del successore di Benedetto XVI. Nello specifico è il 112° motto in latino che chiude la profezia di Malachia, così come racconta il saggio “I segreti della profezia di San Malachia” di Jean-Luc Maxence, edito da Bompiani nel 2000: il lettore viene accompagnato nella comprensione di questa profezia, a lungo studiata e che, così come ogni questione legata in qualche modo al soprannaturale, crea ipotesi e congetture.
Sono motti che identificano ciascun papato, partendo dal 1143 fino all’ultimo, collocato genericamente tra il 2000 e il 2031/2032; tale profezia in realtà è stata resa pubblica solo nel 1595 e non si conosce la vera natura di questi oracoli, tant’è che nel saggio non si analizzano quelli che sono precedenti al 1595, proprio perché potrebbero essere stati scritti postumi ai pontificati.
È straordinario pensare a come qualcuno abbia potuto scrivere questi incisi, spesso di poche parole, che raccontano un intero papato, ma è ancora più stupefacente quanto, anche dopo 400 anni dalla pubblicazione della profezia, questi motti possano coincidere effettivamente con il pontefice al quale si riferiscono: ovviamente si tende a pensare al pontefice in quanto singolo, ma Maxence ci aiuta a comprendere quanto in realtà ci si riferisca al papato e, talvolta, al periodo che coincide con un determinato governo pontificio. È un viaggio attraverso i secoli, attraverso tutti i successori di Pietro che rende il lettore partecipe della vita del Vaticano, affascinante e misteriosa: l’autore cerca di contestualizzare i motti analizzando il papato e la personalità del pontefice in questione e ne emerge per ciascuno un ottimo ritratto, nonché un’analisi sintetica ma efficace delle varie fasi della storia della Chiesa cattolica nei secoli. Durante ogni conclave ecco rievocata la profezia; addirittura nei secoli precedenti (e sicuramente per l’elezione di Clemente VIII, negli anni di pubblicazione della profezia) si utilizzavano questi motti per condizionare il risultato dell’elezione, mentre poi dal Settecento si è guardato a questi come una linea guida da mantenere durante il pontificio regno.
Oggi, nel 2013, ecco che viene ancora tirata in ballo la profezia di questa figura misteriosa, vaga, di San Malachia (importante personalità del XII irlandese), proprio in occasione dell’imminente conclave che ha due aspetti piuttosto inconsueti e nuovi: il primo l’elezione di un nuovo pontefice in seguito alle dimissioni, e non alla morte, del precedente; il secondo legato alla profezia stessa, in quanto questo sarà l’ultimo papa della storia della Chiesa cattolica.
Può affascinare, o far sorridere: l’autore ne dà un’interpretazione il più possibile legata a fatti storici concreti; nulla è dato all’immaginazione e alla pura congettura; ognuno ne tragga ciò che crede, riconoscendo, però, l’aspetto suggestivo che questa profezia porta con sé da 418 anni.
“112 motti che portano alla fine del mondo”
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molto affascinante la profezia, anche se temo che come tutte le profezie c’è solo un misto di falso e suggestione. L’ultimo sarà Pietro il Romano, sapevate che Bertone, uno dei papabili si chiama Tarcisio PIETRO ed è nato a ROMANO canavese???