Giulia Siena
PARMA – Un albo illustrato, un fumetto, una biografia, una graphic novel: sono tante le definizioni che si possono dare di Annie. Il vento in tasca (Sinnos), eppure quella scritta da Roberta Balestrucci Fancellu e illustrata da Luogo Comune è semplicemente la storia di un sogno realizzato. Annie Kopchovsky, nata in Lettonia nel 1870 ed emigrata con la sua famiglia negli Stati Uniti, aveva un sogno: fare il giro del mondo. Quel desiderio era nato dalla lettura delle pagine di Jules Verne.
Nel negozio di stoffe dei suoi genitori un giorno, però, entrò un ragazzo che girava sempre in bicicletta, Max. Max avrebbe voluto leggere Il giro del mondo in ottanta giorni – consigliatogli da Annie – ma non sapeva leggere; e lei non sapeva andare in bicicletta. Entrambi avrebbero imparato qualcosa da quella conoscenza che, negli anni, li avrebbe portati al matrimonio e a diventare genitori di tre bambini. Il sogno di Annie, nonostante i tanti impegni di mamma, non si era mai sopito; all’improvviso si presentò l’occasione tanto attesa negli anni: salì in sella alla sua bici e cominciò a macinare chilometri. Annie era diventata in pochi giorni un’eroina nazionale, la testimonial di una famosa acqua minerale e, soprattutto, una donna che spingeva sui pedali per portare a termine la propria scommessa.
Attraversò stati, città, conobbe gente, solcò i mari, incontrò volti sconosciuti e mani stanche, vide colori inattesi e dormì in luoghi pochi sicuri. Annie si era messa in discussione e non aveva mai smesso di raccogliere il vento per farlo assaporare, al ritorno, alla propria famiglia.
Annie. Il vento in tasca è una bellissima storia di emancipazione, cambiamento e rispetto. Annie si mette in discussione, non cede al senso di colpa, asseconda il proprio sogno e fa di tutto per realizzarlo.
Annie. Il vento in tasca è la storia della donna che nel 1864 partì dagli Stati Uniti per girare il mondo in sella a una bici. Nonostante i pericoli. Nonostante le paure. Nonostante i rischi e ciò che pensava la gente. Nonostante ciò che pensava la famiglia rimasta a casa.