PARMA
Giulia Siena – “Allora è grano, semi di cereali, vento che muove i passi, e canta: sotto i piedi ci sono le grandi pianure, le pietre bianche di strade bianche di strade che portano al mare…” Fabio Pusterla “Corpo stellare”(2010)
Fare il pane non è solamente un gesto pratico per portare in tavola un alimento buono, salutare e della tradizione. Fare il pane significa portare avanti un rito e raccontarne la storia; significa fare una scelta: studiare gli ingredienti, dosare le quantità, attendere il tempo necessario, gustarne gli aromi e assaporarne il risultato. Fare il pane è un’addizione, quindi, di tanti gesti e Chiara Spadaro – antropologa, giornalista e scrittrice – ne narra i passaggi e gli aspetti positivi di cui tener conto.
Il pane fatto a mano (Altreconomia) raccoglie 33 ricette e storie di pane buono, bio e solidale. Dallo studio dei grani – quelli antichi (che non hanno mai subito pratiche moderne di miglioramento genetico) – alla scelta delle farine, del lievito e pasta madre, fino ad arrivare alle forme e alle consistenze, questo è un vero e proprio viaggio nell’impasto più antico del mondo. Un gesto, quello della panificazione, che accompagna l’uomo da millenni e lo ancora al territorio perché, come scrive Nicolas Supiot e riporta la Spadaro,“faccio il pane che sono”. Il pane è il contadino-panificatore che dà forma ai suoi frutti, è la massaia che sfama la sua prole, è il fornaio belga con la passione per i grani antichi; il pane è ovunque: sfornato nei quartieri di periferia, nei forni collettivi o in carcere.
Quello raccontato da Chiara Spadaro è il percorso della panificazione, il cammino dell’uomo verso la propria alimentazione fondamentale. Le ricette, infine, declinano il pane in focacce, panini, pagnotte, pinze e pan dolce.
“Pane, pitte e taralli si infornavano e sfornavano a ritmo incalzante, in un’atmosfera arroventata e tesa, ma anche gioiosa, che coinvolgeva un po’ tutti, grandi e bambini, indaffarati tra madia e forno”. Teresa Gravina Canadé, “Una calabrese in cucina” (1994)