Una Fiaba per ASROO: “La gatta Alice e l’artefatto magico” vince la prima edizione del Concorso Letterario Nazionale “IL DONO”

GIORGIA SBUELZ
La gatta Alice e l’artefatto magico
– Alice era una gattina buffa: era bianca e nera con i baffi lunghi arricciati sotto il naso rosa, aveva zampe muscolose e corte, mentre la pancia era tonda e sempre gonfia. Alice mangiava tutto ciò che riusciva a scovare, non era schizzinosa, anche mosche e cimici potevano andar bene se il suo stomaco prendeva a borbottare. Dagli umani non amava ricevere carezze, ma solo croccantini e avanzi di pasto.

Alice rincorreva farfalle e topi di campagna, spesso s’intrufolava nei giardini a ripulir le scodelle che gli umani lasciavano per il cane. Un giorno s’infilò sotto un recinto di siepi ed entrò nel cortile di una casa dal tetto arancione: seduto su una strana sedia c’era un ragazzino pallido che fissava le nuvole.

Alice non gradiva coccole o moine, preferiva qualche resto del pranzo che gli umani gettano via, e se il prezzo da pagare era strusciarsi sugli stinchi di quel ragazzino, l’avrebbe fatto, perché era già mezzogiorno e aveva saltato la colazione. Trotterellando si avvicinò alla sagoma del bambino, si stiracchiò e si contrasse come una fisarmonica, creando una gobbetta col dorso. Drizzò la coda e cominciò a strofinarsi sulle gambe di lui con il muso. Una volta, due volte… niente. Quello non sembrava essersi accorto di nulla. Fece ancora un paio di tentativi di aggancio, poi sbottò:
“Ehi, tu! Ma dove sei con la testa? Sono qui da un pezzo e non mi hai degnato di uno sguardo!”

Il ragazzo sussultò. Poi fissò il felino e disse:
“Mi scuso davvero signora gatta, ero sovrappensiero e non ti ho vista arrivare. Io mi chiamo Saverio. Qual è il tuo nome?”
“Mi chiamo Alice e sono molto affamata. Non ti eri accorto di me?”

Saverio sorrise:
“Perdonami Alice se non sono stato ospitale. Ora rientro in casa e ti porto qualcosa da mangiare!”

Saverio azionò un dispositivo nel bracciolo, poi lentamente avanzò verso l’ingresso della veranda, scivolando sulle rotelle della sua sedia. Alice lo fissò reclinando il capo da un lato:
“Che razza di aggeggio era mai quello?”

Mentre Saverio osservava Alice spazzolare la ciotola con del tonno, la gatta pensava alla gentilezza di quell’umano. Decise di ripresentarsi il giorno seguente, e poi quello ancora, divenne così l’ospite abituale della casa di Saverio. Una volta, per sdebitarsi, catturò una lucertola e la depositò ai piedi del ragazzo.
“No Alice! Perché l’hai fatto? Lasciala andare, lasciala arrampicarsi sui muri… lasciala correre via!” la rimproverò Saverio.
“Non capisco, volevo solo farti un dono! Tu sei un umano generoso, come posso sdebitarmi allora?” chiese la gattina.
“Non devi sdebitarti, non ce n’è bisogno, basti tu!” Saverio abbozzò un sorriso, poi tornò a scrutare le nuvole.

“L’unica cosa che mi piacerebbe ricevere non è che un sogno. Sai, ho letto di un artefatto magico in un libro. E’ nascosto dentro una nuvola e chi ne viene in possesso ha la facoltà di veder avverato qualsiasi desiderio… io ne avrei uno, ma va bene così!”. Con un sospiro Saverio sistemò il plaid che gli copriva le gambe, poi si riposizionò altezzoso sulla sua sedia.

Alice non gli rispose, né gli fece smancerie, come al suo solito. Si sbrigò a lucidare la ciotola e corse via.

I giorni seguenti non fece visita a Saverio, cosa che rattristò molto il ragazzo e con sua sorpresa rattristò anche la gatta.

Alice era andata a parlare con i piccioni, che avevano parlato con le cornacchie, che avevano parlato con i falchi, che avevano parlato con le aquile che dissero di conoscere la storia di questo artefatto e di sapere che era stato costruito da un loro nobile parente volatile… nientepopodimeno che la mitica Fenice in tutto il suo piumaggio rosso e oro. Ma come poteva una gattina salire su una nuvola? Facile, a cavallo di un grifone! Sarebbe saltata di nebula in nebula e non si sarebbe arresa finché non avesse trovato quell’artefatto magico.

Il tempo trascorreva, i grifoni si davano il cambio per scortare la ricerca di Alice. Lei portava loro quello che riusciva ad arrabattare come cibarie. La pancia non era più gonfia, i baffi le si erano sfoltiti, il naso le si era screpolato per il vento e le costole sporgevano da sotto il manto infeltrito.

Finalmente, in un giorno di pioggia, capitò proprio nella nuvola giusta e il signor Fulmine, sorpreso dal suo coraggio, le rilasciò quanto andava cercando.

Dapprincipio Saverio non riconobbe la gatta, sciupata e smagrita sembrava un cencio. Non gli fu possibile contenere la gioia e stese le braccia verso di lei: Alice si catapultò sul suo petto e prese a fare le fusa come un ossesso, quindi aprì la bocca e gli depositò in mano un piccolo monile d’oro.
“Saverio è per te! Viene direttamente dal Paese delle nuvole, ora puoi realizzare il tuo desiderio!”

Saverio trattenne a stento le lacrime. Poi aggiunse:
“Sciocca gattina! Io ho desiderato solo che tu tornassi a farmi compagnia!”

Alice si distese sulle cosce del ragazzo e si lasciò carezzare la testa.

L’estate successiva, nel giardino della casa dal tetto arancione, Alice catturava le lucertole.

Saverio, con molta pazienza, le liberava una ad una, poi le depositava nelle crepe dei muri, standosene ritto sulle proprie gambe. Al polso portava un bracciale di cuoio da cui oscillava un monile luccicante: un ciondolo dorato a forma di gatto.

 

“La gatta Alice e l’artefatto magico” di Giorgia Sbuelz
Primo posto nella categoria adulti del concorso nazionale Il Dono – ASROO

 

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