La nuova attualità della vecchia disobbedienza civile.

Giulio Gasperini
AOSTA – Il pamphlet di Henry David Thoreau è anagraficamente datato. Proclamato nel 1848 nella Sale delle assemblee di Concord, nel Massachusetts, e pubblicato l’anno successivo negli Stati Uniti per protesta contro la politica estera. Thoreau si rifiutò di pagare le tasse allo stato, finendo – per questo – in carcere, ma aprendo la strada a un atteggiamento che fu definito di Disobbedienza civile e che tanto alimenterà la dottrina e l’ideologia dei movimenti di non violenza, come quelli di Martin Luther King, Gandhi e don Milani. Oggi, a distanza di oltre un secolo e mezzo, Piano B edizioni è tornato a pubblicare il pamphlet, che si viene a costituire, in questo modo, come una lettura di nuovo attualissima e indispensabile per capire gli ansiosi e angoscianti cambiamenti di questi ultimi anni.
Thoreau sostiene, all’interno del suo agile saggio, che “dovremmo essere prima di tutto uomini, e poi sudditi. Non c’è da augurarsi che l’uomo nutra rispetto per la legge, ma che sia devoto a ciò che è giusto. Il solo obbligo che ho il diritto di arrogarmi è quello di fare sempre e comunque ciò che ritengo giusto”. In queste poche righe sta tutto il cuore del pensiero sociale e politico dello statunitense: non bisogna obbedire alle leggi per il fatto che sono leggi, bisogna obbedire alle leggi per il fatto che sono giuste. Altrimenti, il cittadino ha il diritto – e persino il dovere morale – di ribellarsi e contrastarle, con un’azione che non sia violenta ma comunque ferma e priva di esitazioni.
“La legge non ha mai reso gli uomini più giusti, neppure un po’”: per Thoreau il governo è inutile, nel momento in cui legifera e crea uno stato che è contrario all’essere umano in quanto costituente principale della società. Thoreau non è un anarchico, lui non teorizza l’abolizione dello stato ma pretende la costituzione di un governo migliore, che sappia valorizzare l’uomo, perché “se un uomo è libero nel pensiero, nella fantasia, nell’immaginazione, in modo tale che ciò che non è non gli appare mai come ciò che è, non è detto che governanti o stolti riformatori riescano a ostacolarlo”. Il cittadino ha un compito fondamentale, perché “lo Stato non si confronta mai, intenzionalmente, con il sentimento intellettuale o morale di un uomo, ma solo con il suo corpo, con i suoi sensi”. Ed è per questo che esiste, per Thoreau, un diritto alla rivoluzione, “ossia il diritto di rifiutare obbedienza o di opporsi al governo nel caso in cui la sua tirannia o la sua inefficienza siano gravi o intollerabili”.
La lettura di Thoreau, in questi anni estremamente delicati, nei quali spesso leggi vengono prese unilateralmente, senza la partecipazione o discussione parlamentare, o – addirittura – contravvenendo a decisioni referendarie popolari, permette di focalizzare di nuovo l’attenzione sulla forza e la possibilità del cittadino in quanto uomo, perché, come sostiene Thoreau stesso, abbandonando la paura che precede i cambiamenti e gli atti pratici e risolutivi, “qualsiasi uomo più giusto dei propri vicini costituisce già una maggioranza di uno”.

Informazioni su Giulio Gasperini

Laureato in italianistica (e come potrebbe altrimenti), perdutamente amante dei libri, vive circondato da copertine e costole d’ogni forma, dimensione e colore (perché pensa, a ragione, che faccian anche arredamento!). Compratore compulsivo, raffinato segugio di remainders e bancarelle da ipersconti (per perenne carenza di fondi e per passione vintage), adora perdersi soprattutto nei romanzi e nei libri di viaggio: gli orizzonti e i limes gli son sempre andati stretti. Sorvola sui dati anagrafici, ma ci tiene a sottolinare come provenga dall’angolo di mondo più delizioso e straordiario: la Toscana, ovviamente. Per adesso vive tra i 2722 dello Zerbion, i 3486 del Ruitor e i vigneti più alti d’Europa.
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