Giulio Gasperini
AOSTA – Julie Andrews, nel magnifico The sound of music, insegnava alle sue ragazze e ai suoi ragazzi a pensare alle loro cose preferite, nei momenti tristi o di sconforto. Quella canzone, My favorite things, è patrimonio mondiale e collettivo, oramai, e mi è tornata prepotente a suonare in testa quando ho sfogliato le pagine de Il libro delle cose belle di Hervé Eparvier, con le illustrazioni di Soledad Bravi, e edito in Italia da Edizioni Clichy con la traduzione di Maria Pia Secciani.
Questo testo coloratissimo è un catalogo sentimentale, un viaggio attraverso le piccole cose belle che rinfrancano l’animo, che aiutano a combattere la tristezza, che riconfortano da un dolore: ognuno ha le sue, personali e private. Ed è per questo che, nel libro di Eparvier e Bravi, le persone sono tante, indistintamente, di ogni parte del mondo e di ogni età: perché la tristezza appartiene a tutti, così come i rimedi per combatterla e annichilirla.
Si chiude, il libro, con un magnifico arcobaleno, che riprende tutti i colori degli sfondi delle illustrazioni, perché dopo la pioggia arriva sempre il sereno, ma è il viaggio attraverso la tempesta che qualifica la persona e la migliora, la potenzia, la fa crescere; na sorta di pellegrinaggio, insomma, dove si coltiva la speranza, quell’Ultima dea (come direbbe Foscolo) che anima l’essere umano e ogni sua azione. Basta canticchiare, basta concentrarsi sul benessere personale, basta attenzionare sé stessi ed esperire l’armonia e la pace: con un occhio a quell’arcobaleno che è certezza e garanzia.