“Habiba la Magica”, la fantasia non ha nessun colore di pelle

habiba la magicaGiulia Siena
ROMA
“Faccio la quarta elementare, ho dieci in italiano e nove in storia, e… Allungò la mano e afferrò la sua sciarpa, sullo schienale della poltrona. Accarezzò il giallorosso: …e sono romanista, ecco chi sono! Sono una Lupetta della Migica! […] Sono Magica anch’io, si disse. Ho una scopa magica, ieri notte ho volato. Come ho potuto dimenticarlo?” A parlare è Habiba, la protagonista di Habiba la Magica, il libro di Chiara Ingrao pubblicato da Coccole Books.

 

Habiba è una bambina come tante, nonostante zia Aminata continua a sostenere che Habiba, guardandosi allo specchio, non sa chi è. Che esagerata questa zia così legata a mamma-Africa da continuare a pensare che oggi Habiba non sappia nulla delle sue radici! Habiba, invece, lo sa benissimo: sa di essere arrivata in Italia nel grembo della madre dopo un burrascoso viaggio in nave, di aver perso in quella stessa notte l’uomo da cui aveva preso la bocca e il sorriso; sa, anche, che lei è uguale agli altri, a tutti i suoi amici di scuola, nonostante abbiano tutti lineamenti e nomi forse un po’ troppo bizzarri per chi la pensa come zia Aminata. Ma Habiba ora ha altro a cui pensare. Da quando ha ricevuto in dono dalla vecchia Filomena una scopa – piccola, praticamente minuscola – ogni notte è una nuova avventura e quasi una sfida per debellare le proprie paure. Che strana la magia! Per fortuna Habiba a queste cose ci crede, ci crede veramente. Inizia, così, una vita parallela che mentre di giorno la porta ad ascoltare le varie maestre a scuola, la notte, dopo i giochi in cortile e le cene con la mamma, affronta un volo incantato che la porta a sorvolare la magnifica Città Eterna, tra monumenti, palazzi e grandezze del passato. Ma l’avventura di Habiba è solo all’inizio.

 

Chiara Ingrao costruisce una storia fatta di più storie: in questo libro si intrecciano tra loro i fatti attualissimi delle seconde generazioni (Habiba vive nella periferia di Roma, in un condominio pieno di cinesi, indiani, egiziani, ma parla romano e non ha mai visto l’Africa); la passione per il calcio; i legami tra bambini e quelli tra adulti e bambini (l’amicizia tra Silvia e Habiba e il rapporto tra Habiba e Nagib); il tutto tenuto insieme dalla magia che alle volte prende il sopravvento per stupire e far sognare.

 

Dai nove anni.

“Il cielo non ha muri”, così come l’amicizia tra Helena e Adrian

Agustin-Fernandez-Paz-il-cielo-non-ha-muriGiulia Siena
ROMA
“Da quel momento tutto peggiorò. A Helena quel muro compariva davanti ovunque guardasse. E non era solo quello. La ragazzina aveva la sensazione che altri muri venissero innalzati intorno a lei, barriere invisibili che la ingabbiavano e la isolavano dentro un mondo che diventava ogni giorno più opprimente”. Un mondo che per Helena e Adrian, due amici in un paesino tranquillo dove c’era sempre il sole, cambiò velocemente.

Una mattina come tante si accorsero che la gente per strada non era più felice come i giorni precedenti; si accorsero che dal forno non arrivava più quel buon odore di pane appena sfornato; videro che la maestra Violeta piangeva in silenzio. Tutto cambiò. La grande quercia del paese non riusciva più tenere i desideri di Helena e Adrian, per questo, in quel momento, i due bambini decisero che la loro amicizia non sarebbe mai cambiata, nonostante quello che sarebbe successo. Successe che furono divisi: le loro case divennero più lontane e ad allontanarli arrivò del filo spinato e poi un muro. Helena non doveva più frequentare quel bambino dagli occhi scuri e dalla pelle color del sole e lui, come altri, dovette cambiare scuola. Ma la loro amicizia era più forte delle differenze dettate dai grandi, la loro amicizia non aveva muri, proprio come il cielo. Perché il cielo è di tutti.
Comincia in modo sommesso e come tante questa storia narrata con delicatezza e forza da Agustìn Fernàndez Paz, ma “Il cielo non ha muri” (Il Battello a Vapore dai 7 anni – Piemme) non è un racconto come tanti. Lo scrittore galiziano, coadiuvato dai disegni di Desideria Guicciardini, fa conoscere una storia fatta di amicizia, cambiamenti, barriere e speranza attraverso delle parole belle e ricche di significato. Così come Vivian Lamarque scrive nella prefazione del libro, “la storia inizia dunque con i muri buoni del paese di Helena, costruiti pietra su pietra dagli abitanti per le loro famiglie”, poi i muri cambiano; il nuovo muro, grande al centro del paese, invece che proteggere allontana. Muri come questo sono ovunque, ma spesso non si vedono; solo la forza dell’amicizia può abbattere.