NPE: “Edward Mani di Forbice. Qualche anno dopo”, il ritorno del capolavoro di Tim Burton in una graphic novel

Giorgia Sbuelz
ROMA“Mia nonna era solita raccontarmi storie sulla neve”. La nonna in questione è Kim, indimenticabile protagonista femminile della pellicola Edward Mani di Forbice, capolavoro di Tim Burton datato 1990.
“Prima del suo arrivo non aveva mai nevicato. Da allora accade ogni anno”: l’arrivo è quello di Edward, naturalmente, colui che associamo al volto giovanile e sfregiato di Johnny Depp.

Con questa premessa si apre la storia narrata da Meg, nipote di Kim, che è in tutto e per tutto somigliante alla nonna. Le prime didascalie e le prime vignette della graphic novel Edward Mani di Forbice – Qualche anno dopo pubblicata da NPE Nicola Pesce Editore, hanno il compito di riaccendere i ricordi di chi ha apprezzato la pellicola e di rievocare quell’atmosfera gotica e agrodolce. Al tempo lasciammo un Edward confinato nel suo castello, additato da tutti come assassino e creduto morto grazie all’intervento di lei, quella ragazza che amava il mostro, e che dal mostro era riamata.
In questo sequel ci troviamo appunto qualche anno dopo, pure qualcuno in più, dalla separazione forzata dei due. Kim è morta, lasciando una figlia che non le ha mai creduto, ma che a sua volta ha avuto una figlia che ha voglia di credere. Soprattutto all’esistenza e alle buone intenzioni del ragazzo, perché così era Edward: un buono, frainteso a causa degli artigli affilati che si ritrova al posto delle mani.
L’ espediente degli autori, Kate Leth e Tim Burton stesso, su tavole di Drew Rausch, è quella di introdurre un nuovo Edward, chiamato Eli, che però ha un difetto di fabbrica: non distingue il bene dal male.
Eli era rimasto in un ripostiglio del castello. Il suo inventore non aveva completato il progetto, ma la solitudine di Edward lo spinge al tentativo estremo: rianimare una creaturina oscura dai comportamenti confusi. Eli cerca qualcosa, qualcosa da piazzare nel suo petto dove ha una serratura al posto del cuore, ma per farlo si spinge in città e semina il panico arrivando a rapire un bambino.
Dicevamo, gli anni sono passati, ma la storia si ripete: Edward viene accusato del rapimento e tutta la città insorge contro di lui. Chi gli presta soccorso, a costo di mettersi contro tutta la famiglia, è proprio Meg. Déja vu burtoniano. Non aspettatevi, però, il rapporto romantico e tormentato che ci fu tra Kim e Edward. Kim è Kim e Meg è Meg. Un’amica, o una sorella minore perché Edward non invecchia e non possiamo percepire la ragazza come sua nipote.

Insomma, in Edward Mani di Forbice – Qualche anno dopo le cose stanno diversamente, anche il proposito della ragazza è differente: l’attrazione che sente per Edward è dettata dal suo bisogno di recuperare la propria trama familiare occultata. La storia è delicata, come fu quella del film. I disegni sono moderni, i tratti spigolosi e gli occhi grandi e tondi determinano uno stile ibrido, anche perché i disegnatori coinvolti sono tre. Le tavole sono a colori, il ritmo vivace, i momenti amarcord pochi. E’ Edward, ma anche un po’ Peter Pan, e questa è una nuova avventura.
La poetica malinconia, che rapì il cuore dei telespettatori nel film più ispirato di Tim Burton, è presente a sprazzi. Ma il tempo indietreggia e si ridesta la nostalgia di quella favola quando leggiamo:
“Nonna è venuta a mancare quando avevo dodici anni. Da allora non ha più nevicato”.

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