I codici neri di Alfred Hitchcock di Antonello Altamura: nella mente del killer

Robin Edizion, tra cinema e psicanalisi

Giorgia Sbuelz
ROMA
– Alzi la mano chi non ha pensato, almeno una volta in vita sua, di essere sbirciato in segreto.
O nel momento in cui vorremmo arrenderci al getto d’acqua di una doccia, quando ci sentiamo più vulnerabili, privi di indumenti e protezioni, alzi la mano chi non ha mai immaginato un’ombra minacciosa proiettarsi sulla tenda.
Non vedo mani. E questo vuol dire solo una cosa, che quel buontempone di un regista, un tale Alfred Hitchcock, non è stato definito genio a caso. Nell’opera di Antonello Altamura, I codici neri di Alfred Hitchcock (Robin Edizioni) l’autore, che è anche psicologo e psicoterapeuta, esamina gli enigmi nascosti nella filmografia del regista inglese, individuando alcuni codici caratterizzanti che ne costituiscono il fil rouge dell’intera produzione.

Tali codici vanno dall’impiego di assassini seriali, passano per i rapporti disfunzionali dei protagonisti verso i genitori, fino alla presenza degli uccelli, a cui è dedicata un’intera pellicola.
Altamura ci fa planare nell’universo hitchcockiano diviso fra tensione erotica, pregna di voyeurismo e perversione, e una fredda bellezza issata a ideale assoluto da perseguire fino alla mania.
Molto si è detto e scritto riguardo al rapporto del regista con le sue bellissime attrici, o con il sesso femminile in generale: accusato di misoginia per le sue donne vittime nei film, ma anche per aver descritto madri manipolatrici e mostruose almeno quanto i mostri che avevano generato.
Egli stesso aveva con la propria madre un rapporto preponderante: visse in simbiosi con lei, una donna cattolica che lo fece studiare dai gesuiti, ben 27 anni, fino a che sua moglie Alma si sostituì interamente alla figura genitoriale. Brillantissima sceneggiatrice e regista, Alma era forse l’unica persona a conoscerlo sul serio. Il maestro della suspense in pubblico amava disquisire di cibi raffinati e strangolamenti, creando diversivi per preservare la sua natura. Aveva in realtà un animo insondabile corroso dalla ricerca artistica e dalle manie di perfezione.
Perfezione che incarna nei volti algidi e nordici delle sue interpreti: “Sono le vittime ideali, sembrano fiocchi di neve dai quali traspare un’ombra insanguinata” dirà di loro. Ma le sue “bionde” non saranno mai svampite dalla sensualità scontata, le sue protagoniste sono donne forti dall’apparente fragilità.
“Niente maschilismo, ma un distacco deferente nell’osservarle, dovuto a una profonda riverenza connessa a una convinzione di una fondamentale superiorità del sesso femminile”. Era inoltre così attaccato alle sue star, da accusare un grave colpo quando Ingrid Bergman si trasferì in Italia per seguire Rossellini, e Grace Kelly passò da principessa di Hollywood a principessa di Monaco.
Il saggio di Altamura ci guida nei contenuti fisici e mentali delle opere di Hitchcock, veri labirinti talvolta accessibili altre volte no, che passano attraverso la decodificazione del codice. Labirinti interiori che all’occasione si estroflettono nella composizione di un’immagine, ricca di una geometria totalmente nuova; una fusione di thriller e glamour, che estrania e disorienta nell’incapacità di distinguere il falso dal vero.


I codici neri di Alfred Hitchcock è una lettura che fornirà “l’elemento in più” al cinefilo, saziandolo con deliziosi retroscena e raccapriccianti aneddoti tratti dalla cronaca nera a cui il maestro si ispirava, ma può essere anche una guida per il neofita del repertorio hitchcockiano (se mai ne esistesse uno).
Personalmente ho scelto di rivedere alcune pellicole alla luce dei nuovi mezzi acquisiti, per ricavarne un accostamento differente. La caccia ai codici è dunque aperta: “Signore e signori, buonasera”.

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