Giorgia Sbuelz
ROMA – In un’Italia all’inseguimento della chimera del benessere, ecco spuntare l’uomo che sembra avercela fatta: ottimo impiego, bifamiliare nella prima periferia con tanto di barbecue e due posti auto, una moglie solida e ineccepibile che ha conosciuto a venticinque anni, una figlia e un pargolo in arrivo… cosa chiedere di più? Forse una crepa nel noioso intonaco bianco della propria vita stabile come una cattedrale? Forse un fulmine a ciel sereno, una variabile tanto trasgressiva, quanto banale, come un’amante? Ebbene sì.
E pensare che non l’aveva nemmeno cercata. Lui non era come i suoi colleghi che si iscrivevano appositamente ai social network in cerca di anestetizzanti evasioni pilotate a non contaminare i sentimenti e il matrimonio, lui si era ritrovato quella donna fra capo e collo, quasi senza possibilità di scelta.
Accade così, assecondando un’umana debolezza, che l’intera impalcatura delle certezze costruite cominci a vacillare, ed il sogno di una vita invidiabile possa frantumarsi per ogni mossa mal calcolata, proprio come in un duello: una partita a scacchi contro se stessi, contro i propri limiti, dove un errore di tattica è un affondo al proprio ego, sempre più inesistente, sospeso tra i piaceri della carne con l’illusione di risollevarsi dal piattume di una vita preconfezionata, ma che prima o poi, il Signor Bovary lo intuisce già, si finirà per rimpiangere.
Il Signor Bovary di Paolo Zardi è soprattutto un uomo, comune nel suo essere medio-borghese, comune nei suoi processi mentali, ingenuo e subdolo contemporaneamente, miseramente compatibile, come la sua drammatica – eppur tanto comune – amante: non bella, non ricca, non fortunata… tutti i cliché della mediocrità vengono sondati, con un linguaggio secco e causticamente ironico che trascina nel vortice di una storia che sembrerebbe ovvia, nella parabola erotica interpretata dai due amanti, i quali, nel rispetto del loro standard, non mancheranno nemmeno di interrogarsi sul senso dell’amore e della famiglia, ma solo dopo aver dato sfogo alle rispettive perverse fantasie consumandole allo sfinimento nelle stanze dei motel scelti di volta in volta.
Un repentino colpo di scena si abbatte come una scure sulle sorti del protagonista, la musica cambia, e ci si ritrova spediti dritti dritti nell’occhio di quel ciclone avvistato fin dal principio.
Riaffiorano i ricordi, ai quali l’uomo si aggancia come ad un’ancora, così da restituirsi un’identità smarrita nella marea dei turbinosi avvenimenti: “ L’odore del brodo all’asilo, la gonna grigia della sua maestra, la cucina spoglia del suo migliore amico, la sigla del dolce Remì, piccolo come sei, le foto di Carmen Russo su un vecchio numero di Panorama… Un sacchetto di foglie gialle che aveva raccolto per sua madre”. Un guizzo ancora e, balenante, la presa di coscienza: “Gli venne in mente anche il barometro a casa dei suoi nonni. Aveva la stessa forma di quello appeso accanto alla porta della cucina di casa Bovary. Madame Bovary era lui”.
Ottantamila battute in una manciata di capitoli, scanditi da una voce narrante la cui natura si svelerà solo nel finale, per questa avvincente storia di Intermezzi Editore, disponibile in formato eBook. Ottantamila battute che schizzano via spedite come un treno; un racconto lungo che è lo spazio adeguato per sfoderare le doti narrative di Paolo Zardi, capace come pochi di impigliare il lettore alle parole e alle considerazioni, riversate così in un formato ideale per un viaggio in apnea che ti cattura dalla prima riga e ti molla solo all’ultima parola dell’ultimo capitolo.
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