Quando l’uomo è libero nel suo diverso abitare

Giulio Gasperini
AOSTA – L’abitazione rientra nella definizione dell’essere umano. Nel senso che, per certi versi, ne contribuisce a definire i limiti, i contorni. Ogni popolazione del mondo ha un diverso modo di abitare, una diversa idea della casa: nessuna di queste è più vera né più legittima. L’insegnamento dell’antropologia è questo, da sempre; ma adesso Andrea Staid, nel suo volume Abitare illegale. Etnografia del vivere ai margini in Occidente, edito da Le Milieu Edizioni, sposta lo sguardo su un aspetto del vivere umano che spesso passa in secondo piano: l’abitazione e la casa.
L’abitare ha da sempre condizionato la storia del genere umano. Il tentativo di cercare un luogo è sottinteso al bisogno di “esserci”, tra una divisione – come sostiene Remotti – tra un’esigenza di intimità e una spinta all’aprirsi al mondo intero, che sta fuori. L’etimologia del verbo abitare, come ben sottolinea Staid nel primo capitolo del suo pamphlet, si riferisce all’“aver consuetudine in un luogo”; ovvero, a frequentarlo così tanto e così compiutamente da conoscerlo bene, in tutti i suoi aspetti.
Staid decide, in questo suo ultimo lavoro, di viaggiare attraverso varie esperienze, presentandole al lettore dove un attento lavoro di documentazione e di conoscenza, basata principalmente su interviste effettuate a persone che quei tipi di “abitare” li hanno veramente sperimentati. Si parte, così – dopo una panoramico storico-antropologica sui vari modi di abitare e, in particolare, sul vivere ai margini nel nostro “ricco” Occidente – dall’abitare dei ROM e Sinti, popolazioni che, per definizione, conoscono e praticano delle modalità di abitare che noi reputiamo strane ed estremamente radicali. Poi Staid racconta varie esperienze di occupazione, che si stanno facendo sempre più numerose e radicali anche ai giorni nostri, in epoca di grave crisi anche immobiliare: le esperienze passate in rassegna sono tra le più varie, dal quartiere Ticinese di Milano alle esperienze di Barcellona e della Germania. In Germania Staid studia anche l’esperienza della Wagenplatz (realtà autorganizzate molto particolari e interessanti), allargando poi l’analisi agli ecovillaggi (soprattutto italiani) e alle comuni. Il penultimo capitolo è dedicato a chi decide di autocostruirsi la casa, secondo varie modalità, per finire l’indagine, nell’ultimo capitolo, con gli slums e le baraccopoli urbane che sempre più spesso stanno cambiando il volto delle nostre città, dalle più grandi alle più piccole.
Il volume, costruito seguendo una tecnica oramai abituale per Staid nella ricerca etnografica, ovvero quella dell’intervista diretta e non filtrata ai testimoni e protagonisti, è arricchito da moltissime foto scattate dallo stesso antropologo nei suoi numerosi viaggi: si caratterizza, così, come prezioso punto di partenza per chi volesse finalmente soffermarsi sul concetto di casa, iniziando a ragionare su cosa significhi per ognuno e, soprattutto, che valore abbia per gli altri.

Informazioni su Giulio Gasperini

Laureato in italianistica (e come potrebbe altrimenti), perdutamente amante dei libri, vive circondato da copertine e costole d’ogni forma, dimensione e colore (perché pensa, a ragione, che faccian anche arredamento!). Compratore compulsivo, raffinato segugio di remainders e bancarelle da ipersconti (per perenne carenza di fondi e per passione vintage), adora perdersi soprattutto nei romanzi e nei libri di viaggio: gli orizzonti e i limes gli son sempre andati stretti. Sorvola sui dati anagrafici, ma ci tiene a sottolinare come provenga dall’angolo di mondo più delizioso e straordiario: la Toscana, ovviamente. Per adesso vive tra i 2722 dello Zerbion, i 3486 del Ruitor e i vigneti più alti d’Europa.
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