Un libro e gli scaffali. Sui vantaggi degli sconti promozionali, dal produttore al consumatore.

Alberto Gobetti
Tirano (SO) – Non esistono molti studi sul rapporto che intercorre fra reddito e consumo di libri. Fra i pochi disponibili a riguardo, ve ne segnalo uno in lingua inglese, facilmente scaricabile a questa pagina. Tale indagine, riguardante il mercato domestico norvegese, rileva una stretta dipendenza del consumo di libri dal reddito: più questo è elevato, vi si legge, maggiore è la propensione all’acquisto di questo particolare genere di bene d’intrattenimento. Dati provenienti dal mercato svizzero parrebbero confermare in toto quest’analisi: i 7,5 milioni di svizzeri acquistano 40 milioni di libri all’anno (dati 2007) corrispondenti ad un valore di mercato di un miliardo di franchi (830 milioni di euro). In Italia, ove la popolazione è di 8 volte superiore e il reddito medio è inferiore del 40%, si sono venduti nel 2011, 106 milioni di pezzi per un valore di 1.398. Il confronto fra spesa media procapite è eloquente: 110 euro per la Svizzera, 23 per il nostro paese. Notarsi, per altro, che il costo medio per pezzo del libro svizzero risulta assai maggiore che in Italia: 21 euro contro 13. Un pronunciamento referendario ha recentemente bocciato la legge federale che obbligava editori e importatori a fissare il prezzo di copertina. Tale legge, fortemente appoggiata dai librai indipendenti e osteggiata dalle grandi catene, si poneva l’obiettivo di calmierare i prezzi. In Italia, la norma entrata in vigore l’anno scorso ha cercato di regolamentare scontistica e offerte, fissando specifiche condizioni di tempo e di durata per le promozioni. I fautori del libero mercato vi hanno visto una distorsione delle regole della concorrenza, i librai l’hanno salutata come una misura opportuna contro chi ha opportunità finanziarie ed organizzative incommensurabilmente superiori alle loro (in primis, le grandi vetrine di vendita online, Amazon e Ibs su tutte).
La nuova legge è stata accolta con molte remore dai grandi editori. Fra i big, se Mondadori si è mostrata più ligia e rispettosa delle regole, Rizzoli (che comprende i marchi Rizzoli, Bompiani, Fabbri, Adelphi, Marsilio, Etas, Archinto, Sonzogno e Skira) ha adottato da subito un comportamento spregiudicato, che non è piaciuto all’Associazione Librai Italiani (ALI).
Che è accaduto? Eccolo spiegato in breve.
Molti di voi avranno acquistato l’ultimo Ken Follett, o Jeffery Deaver, o Paolo Coelho, approfittando dello sconto del 25% sul prezzo di copertina. E qualcuno di voi avrà trovato strano una promozione così forte già a partire dal primo giorno di uscita. La cagione di essa è spiegata dalle leggi che regolano il rapporto fra domanda e offerta di libri. Nello specifico, benché l’affermazione non goda di consensi unanimi, pare che la domanda di libri sia piuttosto sensibile alla variazione di prezzo. Uno studio danese risalente al 2000 citato nel documento norvegese sopra riportato stima un coefficiente di elasticità di circa 1,4. Ciò significa che a fronte di uno sconto del 10% il venduto incrementa del 14%. Pare anche che la domanda aggregata sia meno sensibile al prezzo di quanto non lo siano le vendite del singolo titolo. Il che vuol dire che pochi libri promozionati stimolano la domanda assi più di molti libri promozionati. Sulla base di queste constatazioni, la scontistica sulle novità di Rizzoli sembrerebbe destinata a dare un ritorno economico apprezzabile e a tradursi – addirittura – in un incremento del ricavo rispetto alla vendita a prezzo pieno. Ovviamente, tuttavia, l’effetto primario di una tale mossa afferisce alla dimensione dell’immagine, poiché va a stimolare la sottile sensazione di gratitudine che ogni cliente avverte a fronte dello sconto riconosciutogli.
A fronte di tanti vantaggi per compratori e venditori è importante capire perché l’ALI abbia così aspramente criticato la mossa di Rizzoli. Furono i librai sardi, la scorsa estate, a denunciare la campagna sconti intrapresa sul bestseller di Carofiglio “Il silenzio dell’onda”. Come ben spiega l’articolo reperibile a questa pagina il motivo della polemica riguarda il maldestro tentativo da parte di Rizzoli di accollarne il costo ai librai, senza prevedere in loro favore nessuna compensazione. A questo proposito è bene ricordare che su un libro da 19 euro (tale era il prezzo del testo incriminato) il libraio indipendente che goda condizioni di trattamento ordinarie da parte del grossista ha un margine di 5,47 euro lordi (pari al 28,8%), anche se coloro che trattano direttamente con l’editore possono incrementare questo margine di un 5/7% aggiuntivo. Al netto delle spese di porto-imballo e di trasporto (l’una imposta per coprire le spese di imballaggio, l’altra a compenso del vettore), il 29% pocanzi calcolato (o 34/36% come piace) cala fino al 26 (o 31/33). Nell’ipotesi di uno sconto del 25%, quindi, il margine del libraio si riduce a meno del 2% (0,32 centesimi, stando alla nostra simulazione). In pratica, una vendita a prezzo di costo: con massimo vantaggio per l’editore e sacrificio tutto a carico della parte più debole della catena commerciale (con buona pace delle dichiarazioni paradossali e mistificatorie del direttore commerciale di Rcs).
Alla denuncia non si è ovviato con misure compensatorie. I librai che si servono dai grossisti, ad esempio, sono oggi costretti ad acquistare i libri promozionati con sconti del 25% usufruendo di ribassi del costo di acquisto nell’ordine del 9%. Una ripartizione non proprio equa dei sacrifici…
In questo cozzar d’interessi parrebbe emergere un unico vantaggio certo, quello del consumatore finale di libri. Ma è così? Può darsi. Eppure, se si guardano i prezzi di copertina, qualche dubbio viene. La domanda dovrebbe essere: cosa giustifica un esborso di 25 euro per il nuovo Ken Follett? Fintanto che lo si acquista in promozione lo si paga 18,75 ma, terminata quella, il prezzo torna pieno. Mi si dirà che l’analogo americano in hardcover costa 36 dollari: ma è pur vero che nei paesi anglosassoni tale opera è uscita immediatamente anche in brossura, al prezzo di euro 15,90. E non è il costo industriale della copertina rigida ad incidere (in genere il costo s’aggira sull’euro a copia per tirature medie). E’ ovvio che la fissazione del valore commerciale di un bene sconta molte variabili e incorpora valutazioni complesse. Eppure resto convinto che gli alti sconti servano a distrarre l’attenzione dall’eccessivo costo dei beni promozionati.
Una mia opinione, naturalmente.