10 Libri per combattere il grande freddo

10LIBRI_freddoGiulia Siena
PARMA – Una nuova irruzione polare sta per sorprendere l’Italia e gli italiani: basta un normale inverno e siamo già in piena allerta meteo. Quello che una volta si chiamava inverno ora si chiama “big snow”, “eventi meteorologici estremi”, “storica mega nevicata”, “gelo polare” e così via. Sarà che ancora mi faccio sorprendere dei termini usati in un normale febbraio, ma questo allarmismo, questo accentuare a tutti i costi che si tratta di qualcosa di straordinario, comincia un po’ a stufarmi. Mi sembra normale, invece, che quando l’inverno è giusto, con la neve che arriva, il mare che infuria e il freddo che cresce ci sia maggiore tranquillità e si abbia più tempo. Così, per combattere il freddo e impiegare il tempo di una nevicata o di una forte pioggia nel migliore dei modi, viene in nostro soccorso la lettura. Ah, questa è anche la settimana di San Valentino, dimenticavo! Quindi, quali sono i 10 Libri per combattere il grande freddo? Semplicemente questi:

 

1. “La firma del puparo” di Roberto Riccardi, Edizioni e/o
Dopo “Undercover” e “Venga pure la fine” dall’11 febbraio torna il tenente Liguori, ma questa volta i riflettori si accendono su Nino Calabrò. Amico d’infanzia che Liguori ha arrestato per droga, Calabrò annuncia di voler collaborare con la giustizia: misteri, guerre di mafia e sicari tengono alta la tensione.

2. “Gli equivoci dell’amore” di Moreno Montanari, Mursia
Questa settimana non è solo fredda, è anche la settimana di San Valentino – ahimé – e l’amore non è cieco, ma veggente: scorge, riconosce e chiama a essere in tutta la sua pienezza la verità di ciò che è e di ciò che siamo.

3. “Quelli che però è lo stesso” di Silvia Dai Prà, Laterza
Una trentenne che mai avrebbe pensato di fare l’insegnante, un professionale della periferia romana, adolescenti sentimentali, giovani fascisti, adulti iracondi, professori sull’orlo dell’abisso: tre trimestri nello sfascio della scuola italiana, in un libro che diverte e commuove allo stesso tempo.

4. “Il rumore sottile della prosa” di Giorgio Manganelli, Adelphi
Tutto il libro può essere considerato come una protratta risposta all’interrogativo “perché scrivete?”. Da qui rampollano miriadi di altri interrogativi, fino ad alcuni di suprema e quasi irrespirabile difficoltà – come quel «che cosa dunque ‘non è’ un racconto?» che qui trova una magistrale risposta.

5. “Solo averti più vicino” di Erika Favaro, Piemme
Per le inguaribili romantiche, c’è una storia di passione finita ma di un amore profondo. “Può l’amore, quando è cresciuto forte, vero, appassire così?”

6. “La felicità è un viaggio filosofico” di Frédéric Lenoir, Bompiani
Il grande paradosso della felicità è che essa è allo stesso tempo indomabile e addomesticabile. Ha a che fare tanto col destino o la fortuna quanto con una componente razionale e volontaria. È questa una delle ragioni per cui non esiste una ‘ricetta’ della felicità valida per tutti.

7. “La notte… l’attesa” di Salvatore Adamo, Fazi 
Questo romanzo è uno uno snodarsi di vicende talvolta cupe talvolta esilaranti, dove incontriamo un’infinità di personaggi pittoreschi e il presente si intreccia ai ricordi dell’infanzia italiana, passando da un Belgio brumoso in cui la polvere di carbone sembra avere coperto ogni cosa a una Sicilia inondata di sole.

8. “Breve trattato sulle coincidenze” di Domenico Dara, Nutrimenti
Tuffatevi nella Calabria degli ultimi anni Sessanta, nella vita di un postino messaggero che allevia le sofferenze altrui attraverso la scrittura perché la vita è fatta di coincidenze, ma non del tutto naturali.

9. “Una fra tante” di Emma, Emilia Ferretti Viola, Ortica Editrice
La vita in un bordello l’ha resa una prostituta. Non aveva più nulla in comune con le altre, non era più donna come loro, ma era soltanto una femmina.

10. “La fine dell’amore. Graphic short stories” di Ilaria Bernardini, HOP!
Tredici disegnatori interpretano i racconti di Ilaria Bernardini, raccolti nel volume La fine dell’amore (ISBN, 2006). Nascono, così, tredici storie illustrate che fermano l’incanto dell’indecifrabilità e della complessità dell’amore nelle sue molteplici forme. Amore, ma anche follia, morte e dolore si alternano senza sosta in un libro davvero caleidoscopico.

 

 

Ortica Editrice, libri necessari per scoprire se stessi

ROMA – Libri piccoli, sottili e maneggevoli ma che affrontano tematiche imponenti. Perché “il torto dell’uomo è di essersi fatto schiavo di troppe chimere: religioni, pregiudizi, utopie, doveri, abitudini d’ogni sorta. Doveri terreni che hanno allontanato l’uomo dalla Natura”. E seguendo questo istinto, quello di fare libri che partano dalla vera natura dell’uomo, nella primavera 2010 Ezio e Igor hanno fondato l’Ortica Editrice.


 Qual è la proposta editoriale della Ortica Editrice? Ciò che ci ha spinto ad aprire una casa editrice, strano a dirsi, ha poco a che vedere con l’editoria in senso stretto. La “nostra causa” dunque più che partorire una proposta editoriale, sta generando dei figli che possono andare più o meno d’accordo tra loro.
La diffusione e la condivisione dei saperi e delle esperienze, dei libri che sentiamo familiari dunque (di cui anche noi siamo figli). Libri che riteniamo oggi gli unici oggetti amici, necessari per scoprire se stessi e per riflettere su ciò che ci circonda.

Ci viene spesso rimproverato di essere romantici, utopici, di dimenticare che l’uomo è un essere egoista vòlto a perseguire da sempre interessi personali, che bisogna adattarsi a questo mondo, che è l’unico possibile.
Ebbene, crediamo nella forza generatrice dell’Utopia!
Se siete soddisfatti del vecchio mondo, cercate di conservarvelo; è molto decrepito e non resisterà a lungo… Ma, se non potete sopportare di vivere in un’eterna contraddizione fra le idee e la vita, di pensare in un modo e di agire in un altro, allora abbandonate queste strade medievali imbiancate a nuovo, uscitene a vostro rischio e pericolo (Herzen).
Ecco crediamo che oggi e qui sia compito di ciascun individuo (che abbia sangue nelle vene) cercare di rendere questo nostro mondo non escludente, un luogo dove tutti gli esseri viventi possano formare un tutt’uno e vivere in armonia.
Riteniamo il libro uno strumento importante per far nascere dei dubbi nell’animo di ciascuno, essenziale per abbattere le nostre false certezze e ricominciare.


“L’Ortica editrice persegue con i fatti quella solidarietà così lontana dall’attuale competizione fratricida. E’ animata da idee che sole possono dar moto alle vicende umane. E’ animata dallo spirito di cooperazione, dall’amicizia, dalla fratellanza, dall’armonia possibile fra tutti gli esseri viventi.” Questo il vostro scopo, ma che ruolo possono avere i vostri libri e  hanno i libri nella società odierna?
I libri, soprattutto oggi, sono strumenti necessari per capire e capirsi, per un progresso introspettivo vòlto a raggiungere del “nostro equilibrio”. Sono occasioni per migliorare le qualità del singolo e dunque dell’Umanità stessa.
La lettura di un libro ci da dunque l’opportunità di metterci in gioco davanti a noi stessi, un atto di coraggio, un primo passo per mettersi in discussione.
Chi conosce gli altri è sapiente, chi conosce se stesso è illuminato”.

      Giuseppe Parini, Carlo Cafiero ed Errico Malatesta: scrittori che hanno ancora un appeal?
Allora perché leggere ancora Omero? E poi Parini, Cafiero e Malatesta sono meno noti, purtroppo, di quanto si possa credere. Non sono dei classici nel senso stretto del termine, ma lo sono per le idee e il sentire che comunicano. Molti a scuola studiano il Parini nelle pagine scelte di qualche antologia per ripetere la lezione a pappagallo, senza alcuna libertà, né interesse.
L’interesse per un libro e per un Autore è senza tempo ed immune alle mode:
Le parole di tutti gli uomini che parlano di vita, debbono suonare vane a coloro che non si trovano nello stesso ordine di pensieri. Solo chi vuole può ispirare se stesso, ed allora il discorso sarà vibrante, dolce ed universale come l’agitarsi del vento (Emerson).

Stupisce (infatti sono rimasta felicemente sorpresa) di trovare tra le vostre ultime pubblicazioni anche “Ritratto in piedi” di Gianna Manzini, un libro straordinario, un modo di raccontare che purtroppo oggi non esiste più. Come mai la scelta di ripubblicare opere di questo spessore? 
     Questo è un esempio di come un classico possa scomparire in silenzio nell’oblio: basta non pubblicarlo più. È un libro scritto col cuore, intenso e allo stesso tempo scomodo. È un libro importante che abbiamo voluto riproporre per la tenerezza che ci ha suscitato.

     Sempre meno libri venduti, sempre più case editrici: come vive l’Ortica Editrice questa continua “lotta”?
P ermettici una riflessione di carattere personale. Ci sono momenti nella storia di ogni individuo, questo è stato il nostro caso, ove si sceglie di essere liberi. Difficilmente questa scelta può avere un qualsiasi tornaconto di alcun tipo, tantomeno di carattere economico; il più delle volte si è “sconfitti economicamente” ma non lo si è nell’animo.
In merito alla sempre minor vendita dei libri il discorso andrebbe ampliato, nel senso che il problema vero che avvertiamo è che stanno scomparendo sempre più i lettori (e non occorre neanche far uso dei pompieri stile Fahrenheit 451), e questo ci preoccupa non poco.
Stanno poi scomparendo i librai, le piccole librerie indipendenti e i piccoli editori, non per carenza di idee, ma perché è il mercato che detta leggeLe grandi sorelle non permettono alle sorellastre più piccine di tenere il passo, e, per ovvie ragioni, tendono a promuovere opere di facile consumo. Ci sono comunque in giro molte “piccole” case editrici che hanno in catalogo delle splendide opere magari non sono distribuite, ma l’appassionato in qualche modo riesce sempre a metter le mani sul sospirato titolo.
Da parte nostra, e fuori dalla logica concorrenziale, auspichiamo sempre collaborazioni con altre case editrici (ne abbiamo già diverse). Se un’altra casa editrice ci dovesse “soffiare” un titolo non sarebbe un dramma, ovvio un po’ rosicheremo (come si dice a Roma), perché l’importante è comunque far circolare quell’autore, quell’opera, quell’idea; non importa chi è lo strumento di divulgazione, l’importante è divulgare.
Per tornare alla scarsa vendita di libri ed al numero sempre più esiguo di lettori il ragionamento andrebbe dunque, a nostro parere, articolato su una riflessione che tenga in considerazione la società tout court e il modo insensato del vivere quotidiano: sembra che non ci sia più tempo per riflettere, per sospirare dietro una parola, per nulla… c’è solo frenesia, in tutto: produci, consuma, crepa!
Non ci concediamo più il tempo di una passeggiata, di una lettura socialmente inutile, si corre e basta. 

“Cecilia. Comunità anarchica sperimentale”: storia di vita sociale.

Alessia Sità

ROMA – “Il nostro proposito non è stato l’esperimentazione utopistica di un ideale, ma lo studio sperimentale – e per quanto fosse possibile rigorosamente scientifico – delle attitudini umane”. Così Cardias parlava riferendosi al vero motivo che lo spinse a prendere parte alla singolare esperienza vissuta nella colonia Cecilia.

Era il 20 febbraio del 1890, quando un gruppo di pionieri salpava da Genova diretto in Brasile, per dar vita ad una colonia socialista sperimentale. Giovanni Rossi, noto anche con lo pseudonimo di “Cardias” racconta minuziosamente il tentativo di convivenza e connivenza comunitaria in “Cecilia. Comunità anarchica sperimentale”, opuscolo pubblicato da Ortica Editrice nella collana Le erbacce, nel maggio 2011.


Fra non poche difficoltà, legate alla scarsità di conoscenze in campo agricolo e alla mancanza delle strutture necessarie, si dipana la storia di questo gruppo di socialisti che decide di intraprendere uno stile di vita libero da vincoli legislativi, privo di organizzazione sociale, ma sostanzialmente basato sul rispetto reciproco. Nel suo puntuale racconto, Cardias si sofferma anche sull’analisi dell’amore libero, riportando l’esperienza diretta dell’unico episodio accaduto all’interno della colonia, e sull’emancipazione economica e affettiva della donna. Dopo poco più di tre anni, però, l’esperimento della Cecilia si conclude miseramente per diverse ragioni: il Governo brasiliano, il Clero e la terribile epidemia, causata dalle scarse condizioni igieniche, che costrinse la maggior parte delle persone a rientrare in Italia.
In questo libretto, Giovanni Rossi offre uno straordinario documento storico-sociale che invita a riflettere attentamente sull’essere umano e sulle sue capacità di riuscire a vivere civilmente, anche al di sopra delle regole che governano la società.


"S.C.U.M Manifesto per l’eliminazione del maschio", perché ogni uomo, nel profondo, sa di essere un indegno pezzo di merda

Giulia Siena
ROMA “In questa società la vita, nel migliore dei casi, è una noia sconfinata e nulla riguarda le donne: dunque, alle donne responsabili, civilmente impegnate e in cerca di emozioni sconvolgenti, non resta che rovesciare il governo, eliminare il sistema monetario, istruire l’automazione globale e distruggere il sesso maschile”. “S.C.U.M Manifesto” apparve nel 1967 nelle strade americane venduto  a 25 centesimi alle donne e 50 agli uomini da Valerie Solanas, la femminista che lo scrisse e lo autoprodusse. Oggi che il femminismo è quasi solo un ricordo, oggi che le donne fanno di tutto per apparire “accessori” del maschio,  “S.C.U.M Manifesto per l’eliminazione del maschio” viene pubblicato dalla Ortica Editrice quasi a ricordare cos’era il più sfrenato femminismo. 

Scum è sporco, è feccia. Scum sono le donne Figlie di papà che permettono al maschio di credersi utile, indispensabile, superiore e forte; invece il maschio è una nullità, vive per somigliare alla donna. Scum è il Manifesto femminista di una donna tradita dal proprio padre durante l’infanzia: gli abusi subiti ne hanno fatto una donna forte ma allo stesso tempo rabbiosa. Una donna che è stata nomade, prostituta, studiosa, eterosessuale, bisessuale e lesbica. Una donna che ha osservato la società americana del dopoguerra per descriverne – estremizzando – le crepe e le pecche. Così è nato il trattato sull’eliminazione del maschio, quasi come un appello alle femmine a schierarsi dalla parte delle donne determinate a eliminare dalla società il male rappresentato dal maschio. Un essere, secondo la Solanas, “incapace di comunicazione, di trasporto, di identificazione con altri”, un essere che acquisisce un proprio ruolo solo attraverso i figli e le guerre. Ma Scum non è sommossa isterica, “SCUM braccherà la sua preda freddamente, nell’ombra, e poi, con calma, la ucciderà” perché “ogni uomo, nel profondo, sa di essere un indegno pezzo di merda”.