ROMA – Continuiamo la nostra esclusiva con il terzo capitolo del nuovissimo romanzo di Irene Vella, Il Rintocco. In questo capitolo la protagonista affronta coraggiosamente le sue paure, lasciandosi andare ai ricordi e alle emozioni ancora tutte da vivere.
Nuvole
“Allacciate le cinture di sicurezza, l’aereo è pronto al decollo”.
Ad Emma non piaceva volare, anzi a dirla tutta, aveva paura, non sopportava che la sua vita fosse nelle mani di un estraneo, il pilota, anche solo per poco tempo.
Questo aveva sentenziato la terapeuta consultata per aiutarla a superare la sua fobia, ma l’unica cosa che era riuscita ad ottenere, era un nome per il suo problema si trattava di “mania del controllo”, ma di certo il fatto di saperlo non l’aveva portata a superarlo.
Ogni volta che sentiva il rumore del motore girare al massimo, e l’aereo prendere velocità per poi staccarsi dal suolo, tratteneva il fiato per diversi minuti, si attaccava al braccio di suo padre e chiudeva gli occhi, convinta che lui, e lui soltanto, sarebbe riuscita a portarla in salvo.
Se avesse dovuto scegliere a chi affidare la sua vita, quello era suo padre, e per quei minuti fino a quando l’aereo non avesse raggiunto le nuvole e non fosse terminato l’obbligo delle cinture di sicurezza , la metteva nelle sue mani.
Solo in quel preciso istante, sperando di non trovare vuoti d’aria, riusciva a tenere a bada il suo respiro affannoso, osservando il tappeto di nuvole dal finestrino, aveva sedici anni, ma la bambina che era in lei le suggeriva praterie infinite di zucchero filato, o immensi batuffoli di cotone idrofilo rosa.
Le nuvole erano come i visi delle hostess, le uniche due “cose”che riuscivano a darle un po’ di serenità, le scrutava nei minimi particolari, per verificare se i sorrisi fossero sinceri, oppure tradissero preoccupazione, che ne so, un guasto improvviso del motore, un dirottamento ( così tanto per essere ottimisti).
All’improvviso suo padre se ne uscì con questa domanda a bruciapelo:
“Che cosa ti manca di più della mamma?”
E. “Posso rispondere tutto? Tutto quello che sono riuscita a conservare nei miei ricordi. Ma forse quello che mi manca di più è l’amore e la gioia per la vita che trasmetteva in ogni suo piccolo gesto. Tu sai che io sono profondamente convinta che sia ancora là? Da qualche parte. Ce l’hanno portata via, ne sono certa.”
A. “ Forse le risposte non ce le avremo mai, magari ad un certo punto subentrerà la rassegnazione di averla persa.”
E. “Mai, io non mi rassegnerò mai. Tu userai quest’estate per rimettere a posto la villa, io la userò per ritrovarla. Lo giuro, fosse l’ultima cosa che faccio, io ritroverò la mia mamma.”
E sul “mia” le si incrinò la voce, mentre sul viso cominciarono a scendere lacrime così velocemente che né le sue mani, né quelle di suo padre riuscirono ad asciugare, dando vita ad un pianto liberatorio.
Solo la voce del capitano che annunciava la manovra di atterraggio riportò entrambi alla realtà, Emma spostò le mani dal viso e lasciò che gli occhi si riempissero di quello spettacolo: Venezia, ne era certa, quella era la laguna, si vedeva anche piazza San Marco, e lungo la terra si vedeva il Brenta, gli argini, forse sarebbe riuscita a vedere anche casa sua? Non fece in tempo a formulare questa domanda che suo padre le indicò un tetto, un giardino, le sembrò addirittura di vedere la magnolia secolare, il cuore rallentò i battiti, fino a fermarsi: sua madre era lì.
La vedeva, la sentiva, e adesso ne era certa: l’avrebbe ritrovata.
Suo padre temeva la determinazione di sua figlia, l’aveva ereditata da Lucrezia sapeva che non si sarebbe fermata davanti a nulla, avrebbe chiesto aiuto a chiunque, pur di trovare delle risposte alle loro innumerevoli domande.
E se fosse morta? Se l’avessero uccisa? Se avessero seppellito il suo corpo nel giardino? Cosa sarebbe accaduto ad Emma? Avrebbe accettato la realtà?
Quante volte aveva scacciato quest’ipotesi dalla sua mente, preferiva immaginarla lontana, magari anche felice, o prigioniera nelle mani di qualcuno, ma ancora viva.
Mentre scendevano le scalette dell’aereo Emma cominciò a tremare, era l’emozione di respirare i suoi odori, era come se percepisse l’abbraccio di sua madre, impalpabile, ma reale, ma di questo non poteva certo parlare con suo padre, l’avrebbe presa per pazza.
Come avrebbe potuto affrontare l’argomento? “ciao babbo, tutto bene? L’allenamento tutto ok? Sai stanotte mi è venuta a trovare in sogno mamma, mi ha detto delle cose, forse so dove cercarla?”
L’avrebbero etichettato come stress post traumatico, manifestatosi in ritardo e magari l’avrebbero anche imbottita di medicinali per dimenticare, ma ormai erano due anni che almeno una volta alla settimana aveva lo stesso incubo ricorrente.
Vedeva sua mamma in quello che poteva sembrare un lungo corridoio, con una luce fioca, all’apparenza simile ad un sotterraneo, con gli stessi abiti di quando era
scomparsa, poi all’improvviso una donna anziana alle sue spalle, con il volto coperto, e lei che cominciava una corsa senza fine, lungo quel percorso sempre più stretto,
all’improvviso un muro che si trasformava in una porta di vetro trasparente senza entrate né uscite e sua madre che ripeteva: “Sono qui, sono vicina, Emma non smettere di credere in quello che non vedi con gli occhi”.
Si svegliava sempre nello stesso punto, con la stessa ansia, e la consapevolezza che sua madre fosse trattenuta contro la sua volontà.
Una volta aveva provato ad accennare le sue sensazioni e le sue convinzioni al padre, che non credeva a niente che non si potesse toccare con mano, o spiegare con la logica, dopo che lui le aveva risposto: “ è solo un sogno, almeno tu sei fortunata che li ricordi, pensa a me non capita mai, forse ho un sonno troppo profondo. Non cercare risposte a domande che non esistono.” aveva deciso di non condividere più con lui questa parte di se.
Non appena toccarono il suolo si scambiarono dei sorrisi d’intesa, Andrea strinse forte la mano di Emma come a darsi la spinta ed il coraggio di affrontare insieme quello che li stava aspettando.
E le emozioni erano appena iniziate, infatti appena varcato il gate d’uscita una voce conosciuta pronunciò i loro nomi, erano Francesco con sua moglie Tatiana, coppia di amici storici, nonché soci della prestigiosa scuola di tennis cui Andrea a suo tempo aveva lasciato in gestione.
Finisce con questoterzo capitolo l’esclusiva di Chronicalibri che ha permesso a tutti di noi di conoscere in anteprima Il Rintocco, in nuovo libro di Irene Vella. S le avventure di Emma vi hanno affascinati, presto la troverete in libreria.