"Dentro la setta": un fumetto per raccontare la drammatica esperienza delle sette

Stefano Billi
ROMA Se è vero che i fumetti hanno tradizionalmente il ruolo di fornire svago e ristoro al lettore, lasciando dunque ai libri l’arduo compito dell’erudizione, talvolta essi riescono a trasmettere messaggi profondi ed assolutamente seri.

Prova di ciò è “Dentro la setta”, sconvolgente pubblicazione di Louis Alloing e Pierre Henri (edito Coniglio Editore) che racconta una vera esperienza legata alla partecipazione in una setta.
La trama dell’opera fa riferimento all’ingresso di Marion, giovane pubblicitaria protagonista della vicenda, in questa “comunità”; questo personaggio narra, tra le pagine, tutto il periodo trascorso come adepta di questo pseudo-movimento, orientato – a suo dire – allo sfruttamento di coloro che vi si affilano, piuttosto che alla progressione culturale ed individuale dei suoi membri.
In maniera scorrevole ed immediata le tavole raffigurano la drammaticità degli individui che fanno parte delle sette: sottoposti a lavori degradanti e a ritmi di vita disumani, essi sono costretti a subire vere e proprie angherie, che poi spesso sfociano in coercizioni psicologiche.
La tecnica grafica del fumetto è particolare: la scelta dei colori, dove la preminenza è affidata ad un blu quanto mai spento e affievolito, riecheggia l’inquietudine della condizione di Marion, che nel periodo in cui era un’adepta, lamentava una mancanza assoluta di libertà.
In considerazione di ciò vale la pena citare le parole della stessa Marion la quale afferma: “Il fatto che io fossi uscita dalla setta non significava che la setta fosse uscita da me“; così infatti la protagonista descrive le difficoltà provate non appena era riuscita a sottrarsi dalla “comunità”.
Lo stile linguistico è semplice e immediato, certamente proteso a veicolare un messaggio d’allarme e di cautela; per questo nel testo non si ravvisa l’utilizzo di espressioni di particolare complessità o di figure stilistiche elaborate.
Questo fumetto merita di essere letto per la funzione sociale che svolge, e per il valido tentativo di mettere in luce quella che per gli autori è la terribile realtà delle congregazioni para-religiose, che troppo spesso rischiano di tramutarsi, come desunto dall’opera di Louis Alloing e Pierre Henri, in campi di concentramento per lo spirito e l’animo di coloro che subiscono la iattura di farne parte.