“Clessidra”, Edizioni Clichy di Dani Shapiro: il memoir da cui non ti vuoi separare

Giorgia Sbuelz
ROMA – Un giorno t’imbatti in un memoir. Chiariamo cosa sia un memoir lasciando il compito alla stessa autrice, Dani Shapiro: “In inglese, il termine memoir viene in linea diretta dal termine francese per memoria, mémoire”, dichiara David Shields in Fame di realtà. “Eppure, nascosta sotto la parola memoir ce n’è un’altra molto meno affidabile. Dietro il latino memoria, c’è l’antico greco mérmeros, un derivato del persiano avestico mermara, a sua volta derivante dalla parola indoeuropea che indicava “ciò che pensiamo ma che non riusciamo ad afferrare”: mer-mer, “sognare a occhi aperti”, “essere in ambasce”, “arrovellarsi”.

Clessidra, il memoir di Dani Shapiro edito in Italia da Clichy è questo, non è un’autobiografia, dove la ricostruzione degli eventi avviene attraverso la selezione dei ricordi come realtà oggettiva e fattuale, qui si ha a che fare con una raccolta di emozioni che sono il filtro della riorganizzazione di tali ricordi.
L’autrice scivola avanti e indietro nel proprio tempo interiore scardinando le tappe della propria vita. Si cerca e si ritrova attraverso i diari che scriveva fin da ragazza. In questo modo raggruppa le varie parti di sé rivedendosi nelle diverse pelli che ha indossato: dalla giovane donna che mostrava al mondo di essere dura e frettolosa, fino alla cinquantaduenne odierna, saggia e consapevole, innamorata dello stesso uomo che ha sposato diciotto anni prima, lo scrittore M., a cui è dedicato il libro.

Il racconto s’innesta sulla vita matrimoniale di questi due brillanti professionisti, Dani Shapiro e suo marito, qui semplicemente chiamato M., i loro viaggi, i successi, le aspettative e i finalmente, finalmente mai raggiunti. Il picchio che a suon di rat- tat- tat perfora la struttura della casa nel Connecticut e s’insinua nei nervi delle menti già iperattive dei proprietari. Il pericolo scampato della morte del figlio e l’amore che li lega dal primo incontro. Dani annota in delicati elenchi gli oggetti collezionati nel tempo che testimoniano la loro storia: l’orologio, le camicie, le maioliche dal viaggio di nozze, le lettere perse e ritrovate, le foto. Abbondano le descrizioni di cose trattate come vive, perché viva è la sensazione che accendono, le cose che convalidano le esistenze, come le madeleine della Recherche proustiana. Così si risale nei ricordi, ci si scava dentro, ma con tenerezza. Gli oggetti si accatastano strato dopo strato, così pure il tempo che li ha posseduti. Si adagiano l’uno sopra l’altro, lievi come fogli di carta velina, eppure così robusti da essere afferrati all’occorrenza dalla protagonista e adoperati come filo logico (se esiste) dell’unione matrimoniale.

Nei salti temporali si riscontra un ordine che solo una mente toccata dalla grazia dell’esperienza può conferire. Nell’esercizio empatico operato su ogni persona, cosa o increspatura si riconosce la genuinità dell’opera e l’attaccamento dell’autrice diviene il proprio. I cani vecchi che russano, i genitori malati o perduti, i ricevimenti, gli ex mariti e un figlio che cresce.
La vita, semplicemente.
Granelli di sabbia che fluiscono veloci verso la strozzatura del cono della clessidra. Dai cinquanta agli ottanta, come riporta l’autrice da un’affermazione di Grace Paley, gli anni scorrono come secondi, non come minuti. Scorrono e basta. Per fortuna, purtroppo.

“Non mi interessano più le storie ma quello che c’è sotto le storie: il cuore morbido e pulsante della verità”.
Con questa affermazione Clessidra diviene il libro da cui difficilmente ci si vuole separare, perché rivolto alla parte più autentica del lettore, che è fatto di anni come di giorni, e poi di minuti, secondi.

 

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