Giulia Siena
PARMA – Il tiranno, il volume che raccoglie due racconti inediti di Heinrich Mann – fratello del più celebre Thomas – si apre e si chiude con due scene fortemente evocative, dove i gesti accompagnano la parola e ne fanno azione, movimento, commedia. Il teatro, infatti, entra nelle parole dell’autore tedesco e la pagina si fa “luogo letterario in cui è possibile condurre un’affilata critica sociale” come spiega la curatrice del volume, Claudia Ciardi. Il tiranno, il racconto da cui prende il nome questo volume, pubblicato per la prima volta nel 1908 come novella dà subito l’idea della prosa di Mann, mentre la Scena è un abbozzo di commedia del 1924; insieme danno vita a Il tiranno, libro pubblicato da qualche settimana in Italia dalle sempre sorprendenti Edizioni Via del Vento.
Heinrich Mann (1871-1950), celebre per il suo “L’angelo azzurro” interpretato al cinema da un’esordiente Marlene Dietricht, in questi scritti si fa osservatore del suo tempo e mette in scena – è proprio il caso di dirlo – personaggi irrequieti e fragili, passioni travolgenti e impulsività mai placate. L’uomo, ne Il tiranno, è soggiogato dalla propria smania di potere, un potere che lo vuole avido e spietato, carnefice silente di figure lontane. Di fronte a lui una donna passionale e sfrontata; tra loro un dialogo serrato, il racconto, la confessione di un destino-non destino che diventa maschera per celare le proprie prepotenze. Il potere, però, è un’arma a doppio taglio, soprattutto quando è l’unico modo per firmare la propria esistenza.
La Scena è – nuovamente – un dialogo, una scena nella scena che mette di fronte uomo e donna, due personaggi dalle movenze imponenti e dalle parole importanti.
In queste pagine Mann ricalca i temi del suo tempo: l’uomo catturato dalla trappola dell’apparenza, l’amore che non trova compimento, la disperazione per ciò che poteva essere e non è.
Belle sorprese nelle pagine di Via del Vento.