Giulio Gasperini
AOSTA – Una vicenda strettamente locale e localistica ha fatto desiderare a Teresa Charles, insegnate di francese in pensione e, per qualche anno, Assessore regionale all’istruzione in Valle d’Aosta, di scrivere una sorta di pamphlet, dedicato ai migranti. In particolare, una rivolta da parte dei cittadini di un piccolo centro in Valle d’Aosta, Donnas, che hanno cercato di opporsi in ogni modo all’apertura di un Centro di accoglienza straordinario di una ventina di persone in una casa nel borgo. Il razzismo, il terrore immotivato, il pregiudizio, la xenofobia che si sono manifestati in maniera persino drammatica in quella piccola società sono stati la causa prima della stesura de Il cantico dei migranti, edito da End Edizioni – Edizioni non deperibili.
Nel suo pamphlet, la Charles attraverso venticinque punti, porta avanti un ragionamento serio e coerente su cosa significhino le migrazioni, cosa sia l’accoglienza e quali siano le forme possibili di integrazione.
Per far questo, ricorre anche alla storia della sua regione, la Valle d’Aosta, dove nel Medioevo, come lei stessa sottolinea spesso, esistevano circa un centinaio di case di ospitalità, dove si dava ricovero ai pellegrini che passavano. A Donnas ne esistevano tre, in una delle quali si fornivano ai poveri “lectum, panem, vinum et ignem”. La Charles narra anche la storia di Sant’Orso, santo simbolo della regione, nei cui giorni di venerazione di tiene, oramai dall’anno Mille, la tradizionalissima Foire, che pare esser stato – anche lui – un migrante e, anche lui, rifiutato ed emarginato dalla popolazione valdostana, molti secoli fa…
Le osservazioni della Charles si articolano su vari livello, coinvolgendo e toccando varie dimensioni e significati relativi alla questione, mantenendo di base, comunque, uno sguardo umano e umanistico, conforme alla lezione di Papa Francesco, che sui migranti ha da sempre posto attenzione e creato dottrina, a cominciare dal suo primo viaggio, simbolicamente proprio a Lampedusa. La visione cristiana e religiosa del mondo è quella che supporta le considerazioni di Charles, in un continuo rimando, come nel racconto conclusivo, alle realtà e agli insegnamenti delle Sacre scritture, con un occhio di riguardo anche alla letteratura classica e a Virgilio, in particolare.
Enea, infatti, è la figura che, contrariamente a Odisseo, viaggia per coattazione, per costrizione e, invece di perdersi – quasi volontariamente – alla ricerca di nuove terre, è costretto a vagare senza pace per colpa di destini avversi e di casualità furenti, fino a quando non trova una terra e vive sulla sua pelle – e sul suo destino – il significato della violenza e dell’odio degli altri.
Venticinque punti chiari ed essenziali formano “Il cantico dei migranti”, estremamente puntuali e ben documentati, che vogliono offrire un altro punto di vista per una situazione che, oramai, ha perso i caratteri tipici dell’emergenza e si sta rivelando nella sua strutturalità sociale; che lo si accetti o meno.