Luca Vaudagnotto
AOSTA – È vero che la maternità è l’inizio di tutte le cose, ma proprio tutte, oltre stereotipi e pregiudizi, oltre un’idea edulcorata e scontata: questo sembra essere l’obiettivo, se ce ne fosse uno, di Ilaria Bernardini, che con la sua raccolta di racconti L’inizio di tutte le cose, edita da Indiana Editore, ci conduce dentro una maternità diversa.
Questi nove racconti danno voce a donne in gravidanza, durante il parto o nei primi mesi di vita del loro bambino: accanto alle preoccupazioni e alle aspettative ordinarie, però, troviamo esperienze difficili, particolari, al limite della follia. Incontriamo donne sole, donne nevrotiche, donne che non riescono ad accettare il rifiuto del loro bambino e cercano strade alternative, donne che si fanno del male, donne che si perdono e non sanno più dove sono; donne alle prese con un forte erotismo, donne che sfidano i luoghi comuni del bene e del male, donne che odiano e che non hanno paura di apparire malvagie, che ne sono consapevoli e se ne prendono la responsabilità.
Le protagoniste sanno che la loro è un’esperienza unica, diversa da quella di ogni altra donna, e nonostante tutte le difficoltà, vanno sempre fino in fondo alle loro scelte, ai loro sentimenti, alle loro derive; e noi lettori sperimentiamo, in questo panorama di racconti variegati seppur a tema unico, la forza ancestrale, animale, irrazionale e incomprensibile di una donna che crea una vita nuova.
Solo un racconto non è incentrato sulla figura femminile: è una favola, dal sapore irreale, di come la presenza di un nuovo nato possa cambiare la percezione della gente, di tutta la gente; ma anche di come ogni bambino, esaurito il suo compito e lasciato un segno indelebile nelle coscienze, deve morire nel passaggio all’adultità.
La Bernardini ci accompagna con la sua scrittura esperta, asciutta ma non sterile, piana ma interessante, scorrevole e ricca di immagini e dettagli. È una voce narrante chiara e limpida, che, in mezzo ai giudizi degli altri e delle donne su loro stesse, si astiene e racconta, perché la storia di una vita, senza necessità di alcuna aggiunta, è sempre interessante di per sé.
“L’inizio di tutte le cose”: la dittatura dolce della maternità
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