Storie di eco avvocati e delle loro battaglie legali in “Toghe verdi”

Silvia Notarangelo
ROMA – L’idea è sempre più diffusa. “Tutto va male”. Sì, è vero, tante cose vanno male, ma, per fortuna, c’è ancora chi non si arrende di fronte ad insopportabili prevaricazioni e invece di scegliere la via del silenzio intraprende quella più difficile, e talvolta più dolorosa, della ricerca di giustizia. La giornalista Stefania Divertito racconta, con lucidità e, a tratti, con il giusto sdegno, come si muovono e quali risultati stanno ottenendo alcune battaglie civili che vedono protagonisti l’ambiente e il suo degrado. “Toghe verdi”, appena pubblicato da Edizioni Ambiente, si apre con la controversa questione Tav che, simbolo di progresso e di innovazione per tanti, si è trasformata per gli abitanti della valle del Mugello in un’autentica sciagura. I lavori per l’adeguamento della linea ferroviaria hanno letteralmente stravolto la valle provocando la scomparsa dell’acqua da fiumi, torrenti e acquedotti. E non stiamo parlando di un fenomeno reversibile. L’acqua non c’è e non tornerà più.
Anche l’orografia della Capitale si è recentemente modificata grazie alla comparsa di un “ottavo colle”: si chiama Malagrotta ed è la discarica della città, una discarica che per anni ha esercitato senza le dovute autorizzazioni e che ora, sembra, forse, arrivata al suo ultimo atto. Ciò che colpisce di più, però, non è tanto la discarica in sé, seppur con le sue indiscutibili criticità, quanto quelle “attività collaterali” svolte in modo più o meno consapevole: l’illecito smaltimento di percolato, le acque industriali riversate nel Fosso di Santa Maria Nuova. La gravità di tali azioni è tale da far parlare di “reato permanente”.
E visto che casi simili non conoscono, purtroppo, distinzioni di latitudine, ecco che al nord quanto al sud, le battaglie legali si stanno moltiplicando e, finalmente, i primi risultati cominciano ad arrivare. Uno su tutti: nella cittadina calabrese di Praia gli operai della fabbrica Marlane hanno ottenuto il rinvio a giudizio di quattordici persone, tra amministratori ed ex dirigenti, accusate di omicidio colposo e disastro ambientale. Certo, il processo è ancora in corso e l’esito finale tutt’altro che scontato, ma almeno qualcosa inizia a muoversi.
Per questioni così delicate occorre, però, che l’interesse e l’attenzione dei media siano sempre mantenuti vigili. Eppure, frequentemente, si preferisce soprassedere, magari per superficialità, più spesso per paura di scontrarsi con interessi troppo grandi. Informare è un dovere ma anche un diritto. E sapere che ci sono cittadini, avvocati, giornalisti, associazioni, che insieme si battono per avere giustizia è motivo di speranza per tutti coloro che non hanno ancora smesso di indignarsi e di lottare.

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