Eroina tra “Eroine”: Claude Cahun

Silvia Notarangelo
ROMAClaude Cahun è artista complessa ed eclettica, ma anche indomita contestatrice, pronta ad impegnarsi attivamente prima nel movimento surrealista, più tardi, nella Resistenza.
Sono la storia e il mito a suggerirle la scelta delle sue “Eroine”, una singolare raccolta di ritratti femminili pubblicata da :duepunti edizioni.
Fuori dagli schemi e capaci di ribaltare qualsiasi aspettativa, le donne che ci restituisce la Cahun sono estreme, impetuose, votate alla ribellione e incuranti del dolore. La libertà da ogni forma di condizionamento e di morale è, per loro, condizione imprescindibile. Così, il piegarsi ad amori assoluti e, spesso, controversi, le umiliazioni e le prevaricazioni subite, diventano strumenti per affermare se stesse e la propria forza.
Tra le protagoniste c’è Elena, una giovane sposa che sa di essere brutta ma prova a dimenticarlo. Non si tira mai indietro, persino quando si tratta di allenarsi con esercizi di seduzione per accontentare il suo Menelao. Tutto però ha un limite e, con il tempo, Elena decide di dire basta per vivere finalmente come desidera. Una Cenerentola sottomessa e gelosa del suo vestito da sguattera, si rassegna, invece, a sposare un principe che la vuole dominatrice, altezzosa e con tacchi a spillo. Ma è proprio dall’andare contro il proprio istinto, dal violentare la propria natura, che la principessa trae un’inaspettata felicità. Una felicità che sembra non conoscere Salomè, sprezzante verso la vita e verso tutti quelli artisti che si sforzano di riprodurla fedelmente. Non c’è nessuna differenza, per lei, tra l’arte e la vita, una vale l’altra. E niente, neppure la testa decapitata di Giovanni Battista, riesce a turbare la sua “carne insensibile”.
Vite immaginarie di donne forti e consapevoli, talvolta risolute, talvolta stravaganti, ma incredibilmente vere.

“La compagnia del corpo”, storia di ordinaria follia

Silvia Notarangelo
ROMA – Spiegare il perché di certi crimini è davvero difficile. L’indignazione e la pubblica condanna non bastano. L’unica, vera, speranza è riuscire a prevenirli. Non possono ripetersi episodi simili a quello denunciato da Giorgio Folco nel suo “La compagnia del corpo” (:duepunti Edizioni). Ispirato ad un fatto realmente accaduto, il libro racconta la storia di un terribile maltrattamento, consumato alla luce del giorno, che ha visto protagonisti due ragazzi come tanti.
Alice ha 21 anni, si è da poco trasferita in una villetta a Cortesforza, immaginaria periferia di Milano, dove vive insieme alla madre e a Lucy, una cagnetta bianca e nera.
Una pericolosa ossessione la tormenta da sempre: quella per la bilancia, una bilancia prima con i numeri neri e la lancetta rossa, poi elettronica e apparentemente più affidabile. Alice inizia ad ingrassare presto, a sei anni, complice qualche merendina di troppo ingerita, forse, all’insaputa di due genitori giovani e magri che la guardano “sentendola un’estranea”. Crescendo, le cose non cambiano, anzi. Il peso continua ad aumentare fino ad oltrepassare quota 100. E fin qui, nulla di così eccezionale. La svolta arriva un pomeriggio di giugno. Alice esce con il fidanzato, Diego, per raggiungere il capannone dove ha sede l’azienda del padre del ragazzo. Lucy è con loro. Al cancello, il dobermann di guardia riconosce il suo padrone ma non Lucy, che viene avvicinata con sospetto. Lasciata sola nel cortile, la cagnetta inizia ad abbaiare, è terrorizzata, cerca di richiamare l’attenzione. La scena che si consuma di lì a poco è raccapricciante: Diego, infastidito da quel continuo lamento, esce dall’ufficio, raggiunge Lucy, la lega e la colpisce ripetutamente con una sbarra di ferro. Il tutto prontamente ripreso dall’immancabile cellulare di Alice. È finita. Di Lucy non resta che una carcassa. “Dove buttiamo il corpo?” Questa sembra essere l’unica preoccupazione che attraversa le menti annebbiate di Alice e Diego. Vivono in un “forte stato di disagio”, si è detto a difesa dei due. Peccato che non ci sia traccia di quel presunto disagio nella lucidità e scaltrezza con le quali hanno scelto il luogo dove abbandonare la cagnetta. Doveva sembrare un incidente, ma per fortuna, almeno questa volta, un amico fidato, uno “del gruppo”, deve averli traditi.

Hans Blumenberg e la sua "Teoria dell’inconcettualità"

Silvia Notarangelo
ROMA – La collana Terrain vague della :duepunti Edizioni si è recentemente arricchita dell’opera postuma di Hans Blumenberg, “Teoria dell’inconcettualità”, destinata a rappresentare il testamento spirituale del noto filosofo tedesco. Il testo, nato da inedite carte d’archivio raccolte da Anselm Haverkamp, sebbene ancora allo stadio di progetto, delinea, tuttavia, i fondamenti della prassi metaforologica, già espressi non solo all’interno di una serie di lavori preparatori, ma anche nel corso di una lezione accademica tenuta dal filosofo nel 1975.
Il saggio parte dalla definizione di concetto in quanto insieme di contrassegni mediante i quali è possibile selezionare quali rappresentazioni appartengano o meno ad un oggetto.

Esso possiede, quindi, un proprio campo di applicazione e si configura come il risultato di quella necessità, tipicamente umana, di operare con una certa “distanza spaziale e temporale”, nasce, in altre parole, dall’esigenza di dover rappresentare non tanto il presente, quanto “l’assente, il distante, il passato o il futuro”. Pur essendo un prodotto della ragione, il concetto non coincide con essa, dal momento che non riesce a realizzare tutto ciò che la ragione richiede. Tale lacuna viene colmata, secondo Blumenberg, dalle metafore, le quali, pur essendo già insite nel concetto, sono chiamate a supplire alla sua inadeguatezza, alla sue carenze, ai suoi limiti. La loro capacità di produrre qualcosa in più rispetto alla mera descrizione di uno stato di fatto, fa sì che riescano a coniugare “l’abito linguistico primario del riferimento alla realtà con quello secondario del riferimento alla possibilità”.

La metaforologia non può, dunque, limitarsi a considerare la metafora come un semplice ausilio alla costruzione di concetti ma deve inserirla all’interno di una più complessa teoria dell’inconcettualità, che il filosofo si augura riesca a ricostruire quegli orizzonti dai quali sono scaturiti gli “atteggiamenti e le costruzioni concettuali”.

Gennaio ricco di Novità Editoriali

Giulia Siena
Roma – Tantissime le novità editoriali del nuovo anno; infatti, il 2011 si presenta come una stagione ricca di romanzi, guide, saggi e letture per bambini. ChronicaLibri ha scelto le ultime pubblicazioni di alcune interessanti case editrici.
 Aliberti (Roma) pubblica il libro-inchiesta “Umberto Magno. La vera storia dell’imperatore della Padania” di Leonardo Facco. Falzea (Reggio Calabria – Bologna) porta in libreria “In fondo ai suoi occhi” di Roberto Bonfanti e “Stai come vuoi. Manuale di equilibrio emotivo” di Claudio Maffei.
La casa editrice Zero91 (Milano) ci segnala tra le novità di questo gennaio 2011″Quasi innocenti” di Marin Ledun. Astraea (Bologna) inserisce “Lingerie. Piccola guida all’abbigliamento della seduzione” di Francesca Tripodi nella collana “Pink Book”.

Fanucci (Roma) presenta “I figli di Abramo” il nuovo thriller targato Robert Littell, “La città sostituta” dalla visione magica di Philip K. Dick e per i ragazzi “Radiance” una nuova e commovente storia di Alyson Noel. Da Pendragon (Bologna) è in libreria da qualche settimana il romanzo “Il rotolo di tela” di Alba Piolanti e le nuovissime guide “Roma senza vie di mezzo” di Achille Corea e “Milano senza vie di mezzo” di Paolo Melissi. :duepunti edizioni (Palermo) pubblica”L’invenzione della cultura eterosessuale” di Louis-Georges Tin. Le letture tutte dedicate ai bambini sono: “Quel ramo del lago di Como… La storia dei Promessi Sposi” di Ermanno Detti e le illustrazioni di A. Ferrara pubblicato dalle Nuove Edizioni Romane (Roma); la “La casa sull’altura” – in libreria dal 26 gennaio – di Nino De Vita con illustrazioni di S. Massi edito da Orecchio Acerbo (Roma) e l’ultimo libro di Emanuela Nava e Desideria Guicciardini pubblicato dalla Lapis (Roma),”Il mio ciuccio per te”.