Arriva in Italia "Terraa, come farcela su un pianeta più ostile"


Silvia Notarangelo
Roma – Nel suo nuovo libro, Terraa, come farcela su un pianeta più ostile”, pubblicato da Edizioni Ambiente, Bill McKibben, attraverso un’analisi lucida, approfondita, sostenuta da ricerche ed esperienze personali, giunge ad un’amara constatazione: i cambiamenti che la terra ha subìto negli ultimi quarant’anni sono stati tanto radicali da trasformarla in un pianetacosìdiverso da richiedere l’adozione di un altro nome, Terraa.

Il mondo, oggi, presenta condizioni di vita sempre più ostili e soffre per i numerosi sos troppo spesso inascoltati. Il riscaldamento globale, il rapido scioglimento dei ghiacciai, la desertificazione e l’innalzamento della temperatura degli oceani sono fenomeni che determinano conseguenze, innescano meccanismi difficili da rallentare, la cui responsabilità è da attribuire soprattutto all’azione dell’uomo, alla sua pericolosa incapacità di agire pensando al futuro.

Si può ancora fare qualcosa? La risposta di McKibben è affermativa, a patto di fissare alcuni punti fermi. Rendersi conto, in primo luogo, che la crescita non è tutto, non è quella parola magica con la quale l’uomo si è illuso di riuscire a risolvere qualunque tipo di problema. Il sistema terra ormai “ha raggiunto il proprio limite” ed è, quindi, arrivato il momento di cambiare mentalità, passando da una concezione del mondo in cui “si cresce a balzi da gigante” ad una in cui ciò che conta davvero sono “la resistenza, la stabilità, la durevolezza”.
L’autore fornisce, poi, un altro importante suggerimento: adottare uno stile di vita diverso, più rispettoso di quanto la natura offre spontaneamente. La nuova terraa ha risorse limitate rispetto al “vecchio” pianeta, le parole d’ordine, dunque, devono essere riduzione dei consumi, nuove forme di agricoltura, costituzione di piccole comunità in grado non solo di rinsaldare i rapporti relazionali, ma anche di favorire un’economia locale.
Nonostante le considerazioni di McKibben possano, talvolta, risultare scomode, non si può non vedere in questo lavoro un utile strumento per “imparare a vivere in un nuovo pianeta” con la consapevolezza degli errori commessi ma anche con la speranza che tanto si può e si deve fare perché “non è ancora troppo tardi”.