Carlo Levi, esilio e letteratura
Giulia Siena
PARMA – Saggio, romanzo, poema in prosa o libro di memorie? Attorno a Cristo si è fermato a Eboli, seconda opera di Carlo Levi dopo Paura della libertà, la critica si è spesso interrogata; in quale genere è possibile incasellare questo scritto? Ciò che rimane – a distanza di anni – è una certezza: Cristo si è fermato a Eboli è uno scritto talmente ricco di riferimenti sociologici, letterari, etnologici e memorialistici che rappresenta un unicum del Novecento italiano.
Partiamo dall’inizio. Carlo Levi nasce nel novembre del 1902 a Torino e presto comincia diverse collaborazioni con riviste a forte schieramento politico (tra cui “La Rivoluzione Liberale” di Pietro Gobetti). Giovane dinamico e curioso, Levi coltiva la sua passione per la pittura esponendo in diverse città italiane; in questo periodo conosce e frequenta Leone Ginzburg, i fratelli Rosselli e Adriano Olivetti. L’antifascismo sarà la sua costante. Nel 1934 viene arrestato a causa della sua attività politica con il movimento Giustizia e Libertà e nel 1935 confinato in Lucania, prima a Grassano, poi a Galliano. Da questa esperienza, anni dopo (1945 pubblicato da Einaudi), nascerà Cristo si è fermato a Eboli. L’opera viene scritta tra il dicembre 1943 e il luglio 1944, durante l’occupazione tedesca a Firenze. La narrazione di Levi ripercorre il legame che si va istaurando tra il confinato e i contadini del luogo: rispetto, ammirazione e comprensione; contadini – “cristiani”, persone – che sono spesso dimenticati dal mondo fuori; contadini lucani che si sentono considerati non come uomini, ma come “bestie”. Una condizione, raccontata nei minimi dettagli, che Levi definisce anteriore alla storia, quasi preistorica, come se Cristo qui non fosse disceso, qui- tra vicoli di pietra e case-grotta, tutto è fermo a prima che Cristo nascesse. Progredendo nelle pagine, però, ci accorgiamo che questa povertà “refrattaria” ha qualcosa di eroico, inflessibile, ribelle. Dall’altra parte i signori che con la loro apparente superiorità rappresentano la netta separazione di due mondi. E poi la natura rigogliosa, ancestrale, necessaria: in queste pagine di Carlo Levi c’è qualcosa di innovativo e originale per la letteratura italiana. Cronaca e romanzo si intrecciano e traspare forte – a distanza di decenni – l’ammirazione e la dolcezza con il quale l’autore si approccia a questo nuovo mondo misero e ricchissimo, diabolico e innocente, magico e fortemente realistico. In questa estate agli sgoccioli, leggere (o rileggere) Cristo si è fermato a Eboli, è un piccolo regalo alla nostra voglia di stupirci.
Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione, la Storia… Nessuno degli arditi uomini di occidente ha portato quaggiù il suo senso del tempo che si muove […]