Giulia Siena
PARMA – “Ogni volta che le parole “arte” e “artistico” vengono applicate al mio lavoro fotografico, provo una sensazione sgradevole. […] Penso di essere una fotografa, nient’altro. Se le mie fotografie risultano diverse da ciò che solitamente viene fatto in questo campo, è esattamente perché cerco di produrre non arte ma fotografie oneste, senza distorsioni o manipolazioni”. L’arte di Tina Modotti è la sua vita stessa, fatta di ricerca, curiosità, amore, impegno politico, silenzio. Questa vita – attraverso le sue lettere – viene raccontata in Irrecuperabile ribelle, il libro tradotto e curato da Francesco Cappellini pubblicato da Via del Vento Edizioni. Tina Modotti nasce a Udine nel 1896, poi si sposta in Austria e da lì verso gli Stati Uniti, a San Francisco. Qui la sua curiosità sarà stimolata fino a raggiungere nuovi traguardi: conosce il fotografo Edward Weston e la sua vita non sarà più la stessa. E’ a lui che Tina scrive. Tina sarà musa e sarà attrice.
Nel 1923, però, la sua vita cambia nuovamente: insieme raggiungono il Messico in pieno “rinascimento” e tra le strade di Città del Messico la Modotti scatterà le sue prime foto. Dei sei anni di lavoro, dal 1924 al 1929, ci restano poco più che duecento scatti, occultati negli anni fino a sparire. Con l’arrivo degli anni Trenta, poi, giunge l’impegno politico della Modotti nel partito comunista. La fotografia passa ai margini; intanto, però, le immagini elaborate da Tina negli anni saranno esempio di sperimentalismo: Modotti pone sotto il suo obiettivo la quotidianità, la normalità e l’essenzialità. La sua ricerca, la sperimentazione, l’apprendimento della tecnica fotografica dallo stesso Weston, lo sguardo e la curiosità fanno della Modotti una grande interprete dell’arte fotografica per troppi anni dimenticata.
“Irrecuperabile ribelle”, Tina Modotti: scatti e parole di un’artista dimenticata
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