“Il tesoro di Sant’Ippazio”, l’esordio letterario di Alberto Colangiulo

Il_tesoro_di_San_523ac672d6634_150x230Alessia Sità
ROMA – Una Chiesa, un prete, una villa abbandonata e un tesoro segreto.

Sono questi gli ingredienti de “Il tesoro di Sant’Ippazio”, l’intrigante romanzo – a tinte noir – scritto da Alberto Colangiulo e pubblicato da Lupo Editore.
Nella prima metà anni degli anni ’80, la tranquillità di un piccolo paesino del Basso Salento viene stravolta da un terribile fatto di cronaca nera. La notte fra il 14 e il 15 agosto, durante la festa patronale, qualcuno attenta alla vita di Don Gino, parroco della piccola comunità salentina. Due arzilli quattordicenni – Fischio e Vasco – diventano loro malgrado testimoni oculari dell’orribile misfatto. Turbati dalla sconvolgente tragedia, gli abitanti del posto sembrano avere una certa reticenza nei confronti delle indagini condotte da Gerardi. Ad aiutare il giovane e razionale Maresciallo – che dovrà districarsi fra riti, superstizioni e antiche credenze – ci saranno due appuntati alquanto singolari: il taciturno Nardi e il gioviale Verzin. Pochi indizi: un leggendario tesoro di cui tutti parlano, ma che nessuno ha mai visto, e una chiesa aperta che però sarebbe dovuta restare chiusa per qualche giorno.  Risolvere l’intricato giallo non sarà facile.

Con uno stile semplice e scorrevole, Colangiulo riesce a creare la giusta atmosfera, un misto fra suspense e curiosità, che porta il lettore a restare col fiato sospeso fino all’ultima pagina.