Giulio Gasperini
AOSTA – Possibile spiegare un fenomeno come la mafia attraverso il codice dell’ironia (o, meglio ancora, del grottesco)? Sì, possibilissimo, e Gianpiero Caldarella, giornalista e autore di satira, ce lo dimostra chiaramente in Frammenti di un discorso antimafioso, edito da Navarra Editore: un testo che dovrebbe entrare in ogni scuola e in ogni ufficio pubblico. Partendo, dichiaratamente, dai “Frammenti di un discorso amoroso” di Roland Barthes, il testo di Caldarella consiste in 55 voci, ordinate alfabeticamente, che analizzano, in maniera chirurgica, tutto l’universo dell’organizzazione mafiosa.
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“Il segreto del prete a cavallo”, una lotta contro la mafia e per una Chiesa nuova
PARMA – L’Appennino calabro con il suo fascino e mistero fa da sfondo a Il segreto del prete a cavallo (Falco Editore), il romanzo di Natale Vulcano che chiude una trilogia che ha visto l’autore impegnarsi per lanciare un monito e un messaggio ai giovani. Il segreto del prete a cavallo, infatti, è la storia di un giovane prete che si batte per una Chiesa nuova in una terra difficile, martoriata dall’omertà e dalle organizzazioni mafiose. Il libro è dedicato ai preti coraggiosi che, come don Peppe Diana e don Pino Puglisi, hanno lottato e continuano a lottare contro ogni forma di mafia.
Don Andrea, fin da quando entrò nella parrocchia di San Domenico fece parlare di se: arrivò come un viandante sul suo cavallo mentre negli occhi aveva un rimpianto. Don Andrea era un prete diverso, scelse di indossare la tonaca rifiutando la carriera che da rampollo della dinastia Lusetti lo attendeva. La sua scelta fu dettata da qualche ferita che negli anni diventò rimpianto e nostalgia di un amore mai vissuto e di un amore sottratto. Tra i banchi di San Domenico e le strade del paese, Andrea dimostrò subito di essere un ottimo ascoltatore, un prete socievole, disponibile e pieno di coraggio. Nelle sue parole, poi, era vivida la voglia di riformare quella Chiesa che nei secoli aveva posto solo dei divieni e di dare, così, forza e sostegno a tutte quelle nuove generazioni che dalla fede scappavano. L’incontro con Lara, con la sua bellezza e il suo mondo saranno per don Andrea un’altra prova, un nuovo monito di fronte alla sua comunità.
Il segreto del prete a cavallo tocca tanti temi e tutti delicatissimi che Natale Vulcano intreccia con cura in un tessuto narrativo ricco di spunti e riflessioni. La lotta di don Andrea è una lotta per una Chiesa più moderna in un mondo che corre troppo velocemente, anche quando le organizzazioni criminali cercano di fermarlo o farlo deragliare.
“La forza della mafia sta fuori dalla mafia: sta in chi collabora e in chi fa finta di niente”. Don Luigi Ciotti
“Il Vurricatore” e i mestieri della mafia.
Giulio Gasperini
AOSTA – Sovente – molto sovente – la realtà sa offrire materiale narrativo più perfetto che se partorito della fantasia stessa. Basta soltanto cambiare qualche nome, fare chiarezza su alcuni snodi, analizzare un po’ più profondamente gli sguardi e i pensieri. Nulla più. E “Il Vurricatore” di I.M.D., sovrintendente della Polizia di Stato, ne è un esempio abbacinante. Il protagonista del romanzo, edito da Edizioni Leima nel 2013 nella collana “Le stanze”, è in realtà Gaspare Pulizzi, un mafioso legato alla famiglia di Carini. Un personaggio storico, pertanto, che non tutti possono ovviamente conoscere ma la cui parabola all’interno della scalata mafiosa è indicativa ed esplicativa di come la mafia si organizzi e funzioni alimentando sé stessa e mai scoraggiandosi.
Il racconto di I.M.D. è sorprendente per la chiarezza, per la fluidità della narrazione. Pare quasi un rapporto di servizio, purgato dei termini del burocratese spinto, ma ugualmente chiaro e lineare, dove ogni parola ha il suo spazio, dove niente è superfluo né estraneo. La semplicità delle azioni descritte, la modestia nell’utilizzo degli aggettivi, la snellezza delle descrizioni, la maestria di pochi dati per giustificarci un sentimento, un pensiero, una reazione: tutto concorre a far deporre l’attenzione del lettore sulle pratiche del fenomeno mafioso, analizzato e descritto con grande precisione e puntualità, fin nei più assurdi rituali d’iniziazione e nella gestione degli affari direttamente sul territorio. Tante vite si muovono in questo che potremmo definire faction novel, ovvero un romanzo di fatti e fiction. Tanti personaggi lo popolano, tante coscienze lo animano: la mafia è un fenomeno corale, che si regge su singole potenti e carismatiche identità ma che coinvolge e avvolge larghe fasce di popolazione, tra chi si dedica all’omertà e chi all’opposto decide la lotta, la resistenza fiera. E nel romanzo c’è spazio anche per la Polizia, per le forze dell’ordine, di cui vengono messi in luce i successi ma anche gli insuccessi, i buchi nell’acqua, le vane difese, i falliti piani. Perché “Il Vurricatore” è una storia “normale”, un racconto che non ha nulla di stra-ordinario, ma che ci trascina in un luogo che potrebbe essere il nostro, in un intenso scambio di favori e privilegi nel quale ciascuno può cogliere un aspetto della sua vita vera. È un “romanzo” che ci fa quanto meno socchiudere gli occhi: proprio perché la mafia è un fenomeno banale; che si basa, ovvero, su semplici legami, su ovvi rapporti. Ed è forse questa la sua più sorprendente caratteristica, quella che le consente di rinnovarsi ogni volta, dopo ogni apparente insuccesso. E sono anche i legami contro cui è più difficile, in nome della legalità, combattere.