Festival delle Letterature migranti: a Palermo dal 12 al 16 ottobre

festival-letterature-migrantiPALERMO – Seconda edizione per il Festival delle Letterature migranti che torna a Palermo da domani, mercoledì 12 ottobre e continuerà fino domenica 16 ottobre. Centinaia di ospiti, incontri e spettacoli in decine di luoghi della città: palazzi storici, teatri, università, scuole. Il Festival, promosso dal Comune di Palermo insieme all’Università e a tante istituzioni pubbliche e private, si deve ai sogni e al lavoro di tante persone – scrittori, volontari, docenti, studenti – per contribuire alla pace e alla convivenza. Continua

Viaggio “Dove lo Stato non c’è”.

Dove lo Stato non c'èGiulio Gasperini
AOSTA – All’inizio degli anni Novanta, il direttore de “Il Mattino”, uno dei più antichi e nobili quotidiani d’Italia, chiese allo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun un viaggio nel Sud Italia. Una sorta di passeggiata sociale: raccogliere storie, aspetti della vita di quelle regioni e tramutarle in racconti, in narrazioni che travalicassero i rigidi confini del giornalismo e della cronaca. Nacquero una serie di brevissimi reportages narrativi, raccolti poi da Einaudi nel volume “Dove lo Stato non c’è” (1991).
Queste testimonianze sono tanti ricchi frammenti di umanità, tante incursioni preziose in una realtà feroce e cruda, assurda persino, a volte, da immaginare. L’indagine di Ben Jelloun è naturale esattamente come la vita che scorre perché queste pagine semplici ma tristi confermano come la violenza, il degrado, l’abbandono morale e civile, siano oramai parte integrante e costitutiva di una particolare realtà. O, quantomeno, precipizi concreti, attentatori sempre in agguato in attesa di un passo falso, di un’esitazione, di un errore senza possibilità di espiazione.
Tahar Ben Jelloun, però, cerca di evidenziare anche le persone coraggiose che non sono ancora completamente assoggettate al cinismo e all’indolenza, né all’omertà; persone, uomini e donne, padri e madri, che lottano, che resistono; persone che cercano di sopravvivere in una realtà più grande di qualsiasi altro pensiero. E poi ci sono anche gli avvocati che cercando di nobilitare una giustizia ampiamente compromessa, in azione e fama. Ci sono le madri, pronte a soffrire sole e in silenzio per ristabilire la dignità del loro dolore, il valore della loro perdita.
A tutte queste situazioni è comune un aspetto: la totale assenza dello Stato, con la lettera maiuscola. L’Istituzione statale, che dovrebbe presiedere e controllare, proteggere e rassicurare, da questi racconti è totalmente assente; decisamente latitante, se non addirittura in fuga programmata. Lascia il campo libero ad altro poteri che non tardano a palesarsi e a riempire i vuoti, scontornando i limiti tra bonus e malus, senza nessuna remora né timore.
Di tempo, da quei reportage, ne è passato; ma nulla è mutato. Leggere questo testo ci squaderna situazioni che puntualmente ritroviamo nelle cronache dei quotidiani. Il tempo passa ma non muta se non mutano le condizioni per cui questo Stato parallelo si è affermato e ancorato a strutture clientelari e terroristiche.
E qual è, allora, la soluzione? Cosa ci potrebbe salvare dalla rovina che pare inevitabile? Semplicemente, la parola. Perché “ci sono delle parole, apparentemente insignificanti, che uccidono”. E, in unione, la poesia. Perché “la nostra arma segreta è la poesia, bisogna continuare a opporre loro la forza magnifica delle parole. Le parole possono essere crudeli e vendicative. Quelle dei poeti sono terribili… Non avete l’aria troppo convinta! Peggio per voi!”.

“Il Vurricatore” e i mestieri della mafia.

il vurricatoreGiulio Gasperini
AOSTA – Sovente – molto sovente – la realtà sa offrire materiale narrativo più perfetto che se partorito della fantasia stessa. Basta soltanto cambiare qualche nome, fare chiarezza su alcuni snodi, analizzare un po’ più profondamente gli sguardi e i pensieri. Nulla più. E “Il Vurricatore” di I.M.D., sovrintendente della Polizia di Stato, ne è un esempio abbacinante. Il protagonista del romanzo, edito da Edizioni Leima nel 2013 nella collana “Le stanze”, è in realtà Gaspare Pulizzi, un mafioso legato alla famiglia di Carini. Un personaggio storico, pertanto, che non tutti possono ovviamente conoscere ma la cui parabola all’interno della scalata mafiosa è indicativa ed esplicativa di come la mafia si organizzi e funzioni alimentando sé stessa e mai scoraggiandosi.
Il racconto di I.M.D. è sorprendente per la chiarezza, per la fluidità della narrazione. Pare quasi un rapporto di servizio, purgato dei termini del burocratese spinto, ma ugualmente chiaro e lineare, dove ogni parola ha il suo spazio, dove niente è superfluo né estraneo. La semplicità delle azioni descritte, la modestia nell’utilizzo degli aggettivi, la snellezza delle descrizioni, la maestria di pochi dati per giustificarci un sentimento, un pensiero, una reazione: tutto concorre a far deporre l’attenzione del lettore sulle pratiche del fenomeno mafioso, analizzato e descritto con grande precisione e puntualità, fin nei più assurdi rituali d’iniziazione e nella gestione degli affari direttamente sul territorio. Tante vite si muovono in questo che potremmo definire faction novel, ovvero un romanzo di fatti e fiction. Tanti personaggi lo popolano, tante coscienze lo animano: la mafia è un fenomeno corale, che si regge su singole potenti e carismatiche identità ma che coinvolge e avvolge larghe fasce di popolazione, tra chi si dedica all’omertà e chi all’opposto decide la lotta, la resistenza fiera. E nel romanzo c’è spazio anche per la Polizia, per le forze dell’ordine, di cui vengono messi in luce i successi ma anche gli insuccessi, i buchi nell’acqua, le vane difese, i falliti piani. Perché “Il Vurricatore” è una storia “normale”, un racconto che non ha nulla di stra-ordinario, ma che ci trascina in un luogo che potrebbe essere il nostro, in un intenso scambio di favori e privilegi nel quale ciascuno può cogliere un aspetto della sua vita vera. È un “romanzo” che ci fa quanto meno socchiudere gli occhi: proprio perché la mafia è un fenomeno banale; che si basa, ovvero, su semplici legami, su ovvi rapporti. Ed è forse questa la sua più sorprendente caratteristica, quella che le consente di rinnovarsi ogni volta, dopo ogni apparente insuccesso. E sono anche i legami contro cui è più difficile, in nome della legalità, combattere.