Daniela Distefano
CATANIA – Alessandra Beltrame (Treviso, 1964; vive tra Udine e Milano) è giornalista e ha lavorato per i più importanti gruppi editoriali. Il suo libro Io cammino da sola (Ediciclo Editore) è una scommessa con se stessa, si legge con il fiato allenato dello scandaglio interiore, si avverte un’esigenza dell’autrice di mettere per iscritto le proprie umane riflessioni e debolezze.
“Io mi considero una persona sola per destino. Non ho scelto di stare sola, è la mia natura. Una certa inclinazione, una predisposizione, forse. Poi la vita ha fatto il resto. Non ho mai sofferto di solitudine in senso fisico. Ho sofferto la mancanza di condivisione, intimità, unità intellettuale. Solo chi mi ha tanto amata, ma di un amore irragionevole e assoluto, ha scalfito per un po’ la mia solitudine”.
Centellinando le pagine ci immergiamo nella foresta delle verità sottintese però mai scontate: “Camminare aiuta a vivere. Ma non basta. Puoi camminare per giorni, per mesi, per sempre e non cambiare mai. Per camminare e insieme crescere, curarti, guarire, imparare, devi entrare con la mente nei tuoi passi, devi metterci i pensieri. Camminare con la testa. Pensare con i piedi. Camminare allora diventa un esercizio intellettuale, e il viaggio a piedi un’esperienza di formazione, una pratica che applichi alla difficile materia del vivere”.
Qual è il vantaggio immediato del viaggiare a piedi e con la mente operativa?
“Il giorno che ho cominciato a camminare ho scoperto che la vita non era fatta di orari prestabiliti, scrivanie e rigidità, ripetizioni di gesti, riti e noiose abitudini. La vita è altro: è scambio continuo, è chiedersi perché, è fluire di passi, umori, passioni e sguardi. E’ brividi e sorpresa. E’ scoperta. Abbandono”.
Quali sono invece le noie e i fastidi più vistosi?
“Più del freddo, in queste uscite soffro la fatica. Salire in fretta, rispettando i tempi, è un esercizio che mi sollecita e mette alla prova. Ma sto imparando a sopportarla. La accetto, mi sforzo di farcela. Sono viandante e me ne vanto”.
L’autrice ha scelto un percorso carico di significati e simboli per intraprendere questo cammino verso se stessa.
“Perché una donna che cammina da sola sulla Via Francigena si sente al sicuro più che altrove. Non ti senti strana se cammini qui. Come sulla via per Santiago. Come nei trekking in Nepal. Da qualche anno, sulla Via Francigena andare a piedi è diventata una piacevole consuetudine”.
Infine, viaggiare, camminare da soli può essere anche un’occasione per rivisitare il proprio passato.
“Nei gelsi accolgo il richiamo della mia terra, il panorama che mi è familiare, le radici da cui non puoi fuggire. Puoi andare lontano, migrare, farti pellegrina e viandante ma le radici sono sempre con te, le devi sentire, accettare, accogliere e, se puoi, ritornarci, ricongiungerti a loro. Perché tu sei anche quelle radici. Nel gelso di Acquapendente ho visto un quadro che ho a casa, un quadro che raffigura il paese perduto”.
Io cammino da sola è un libro multiuso, lo si associa al bisogno di trovare soluzioni che il destino non ci concede in certi frangenti della vita. La perdita dei genitori, il lavoro che non gratifica, un amore non giusto, ed ecco la voragine di incomprensioni, tristezze, amarezze. Poi capisci che a volte basta uno zaino, una strada davanti, e il futuro è già incamerato: si sta vivendo, finalmente. Non si viviseziona il tempo per buttarsi alle spalle un giorno inutile, si percorre un itinerario che ci riconcilia con noi stessi. Un testo coraggioso, divertente, umile, e pieno di gioiosa bellezza.
Ediciclo: “Io cammino da sola”, un viaggio verso sé stessi
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