Azzorre, tornare lì dove tutto accadde
Giulia Siena
PARMA – Cecilia Maria Giampaoli è una bambina quando, l’8 febbraio del 1989, un aereo partito da Bergamo e diretto a Punta Cana si schianta contro il versante di una montagna nelle Azzorre. 144 persone perdono la vita, tra questi suo padre.
Quasi trent’anni dopo Cecilia ripercorre quella rotta, arriva all’isola di Santa Maria per salire sul Pico Alto e guardare da vicino il luogo che le ha strappato la presenza e l’affetto di suo padre. Non cerca colpevoli, non cerca risposte, non cerca di elaborare il lutto, il suo è un viaggio “necessario” per rimettere insieme quello che è stato con quello che oggi è lei. Nasce così Azzorre, un diario che ha le sembianze di un romanzo, pubblicato da Neo Edizioni.
E’ il 2014 quando Cecilia decide di partire; dopo un’altra importante separazione da un altro uomo dopo suo padre, sente la necessità di riavvolgere il nastro e fare un percorso introspettivo. L’arrivo sulla piccola isola è un continuo viaggio di scoperta: le persone, i sapori e gli sguardi saranno piccoli tasselli per ricostruire quell’immagine così sfocata che lei ha dell’incidente. Quel giorno, di molti anni prima, lei era a scuola, stava imparando a scrivere quando, a migliaia di chilometri, tra i rami degli alberi di quel piccolo bosco sulla montagna, il corpo di suo padre perdeva vita. Ora lei è lì, fedele come a un pellegrinaggio, curiosa e ricettiva per tutto ciò che testimonia quel luogo.
Azzorre ci lascia scoprire – con una scrittura delicatissima e intensa – la storia di Cecilia e della sua famiglia in modo che non sia mai ostentata, urlata. Il racconto procede per immagini, ma questa non è assolutamente la storia melensa di un disastro aereo, questo non è il libro del ricordo. Azzorre è un’esigenza narrativa che prende le sembianze di un romanzo: tutti possono entrare nella storia, seguire Cecilia tra le strade deserte di Santa Maria, incontrare gli occhi curiosi o dispiaciuti dei portoghesi, sperare che i germogli sopravvivano al viaggio, osservare dalla torre di controllo. Noi non siamo Cecilia, ma lungo il racconto siamo con lei e siamo connessi al suo dolore; tutte le sofferenze si somigliano. Tutte le sofferenze sono rivelatrici.
“Il passato è passato ma il presente, prima di scivolare indietro anche lui, determina ogni futuro possibile”.