Il giardino: luogo di fiori, scrittori e filosofie

Filosofia in giardinoGiulio Gasperini
AOSTA – Jane Austen, Colette, Nikos Kazantzakis, Emily Dickinson e Voltaire: cos’hanno in comune tra loro oltre a essere stati alcuni tra gli scrittori più rappresentativi di diverse culture? La passione per il giardino, come magistralmente narra Damon Young in Filosofia in giardino, edito in Italia da Iacobelli Editore. Con una prosa estremamente brillante e così fluida da parere una narrazione, lo studioso Young ci tratteggia il ritratto di undici scrittori e scrittrici che hanno trovato nel giardino il loro luogo d’elezione, secondo varie declinazioni di esistenza.
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Colette: la stella del vespro che illumina ogni cosa

La stella del vesproLuca Vaudagnotto
AOSTA – “Occorre vedere, non inventare”. Con questa citazione precedente il frontespizio si apre La stella del vespro, uno degli ultimi lavori di Colette, tradotto per la prima volta in italiano da Angelo Molica Franco e pubblicato per i tipi di Del Vecchio Editore in un’elegante e raffinata veste grafica, rosa con una punta di nero, reminescenze della migliore Chanel e della sua città-simbolo, Parigi.
Ed è proprio lo sguardo, la capacità di osservare i dettagli, la grande lezione di Colette: la sfumatura particolare di azzurro che tingeva le pareti dell’appartamento di Hélène Picard, la piega della fronte del giornalista che la intervista, l’usura e la consunzione del bracciolo della sedia su cui la scrittrice lavorava e le trame che ne fuoriescono o ancora il guazzabuglio di capelli ribelli in testa a una sua amica. Continua

Voland: “Mi piace essere golosa”, Colette tra diario e racconto

colette_chronicalibriGiulia Siena
ROMAColette, la più emancipata e anticonformista artista francese del Novecento, si presenta in tutta la sua vivida spigliatezza. Mi piace essere golosa – titolo ripreso da una rubrica che la scrittrice tenne sulla rivista Paris Soir alla fine degli Trenta – è il volumetto tradotto da Angelo Molica Franco e pubblicato da Voland che raccoglie alcuni articoli che Colette scrisse per la neonata rivista Marie-Claire a cavallo del secondo conflitto mondiale. Quella che doveva essere una rubrica di cucina divenne ben presto un punto di incontro e confronto per le giovani donne dinamiche e acculturate dell’allora società borghese parigina. La rubrica si trasformò, così, in luogo di libertà poetica e narrativa per l’istrionica Colette che si abbandonò al racconto quasi personale; per scrivere si lasciò ispirare dalla buona tavola, da Parigi, dai gatti e dalle donne. La cucina, però, ebbe sempre un posto d’onore tra le pagine di quella nascente rivista:“Dal momento che ho una solida reputazione di golosa, molte lettrici mi immaginano sempre seduta a tavola, incorniciata tra paté e bottiglie, come il “Gourmand” di una celebre insegna. Troppo onore”. Infatti, la buona tavola fu per questa donna forte e sensuale, vivace e colta, un modo per festeggiare la vita e le sue bellezze.

 

 

“In cucina l’ispirazione non ha mai contato granché, e io resto fedele alla tradizione. Un buon piatto è, prima di tutto, questione di misura e classicità”.