Voland: Simone Innocenti in “Vani d’ombra”, tra buio e iniziazione

Giulia Siena
PARMA
– Michele Maestri ha dodici anni e attraverso il suo sguardo entra nel mondo. Michele Maestri è il protagonista di Vani d’ombra, il romanzo di Simone Innocenti in libreria dal 30 maggio pubblicato dalla casa editrice Voland.
Michele è curioso, vive in un paese e quest’estate di molti anni fa, per ammazzare la noia, posa gli occhi sul palazzo di fronte. Michele ha tredici anni e decide che dall’albero può catturare meglio i baci che Milena, la colf del notaio, elargisce ogni giorno a un uomo diverso. Da quella postazione vantaggiosa e attraverso il binocolo avuto in dono dai propri genitori entra tra le pieghe di quel vestito rosso fuoco e nei movimenti maliardi e acuti della donna.

Continua

Voland: Giorgia Tribuiani porta in libreria”Guasti”, accettazione della perdita

Giulia Siena
PARMA – “Io non credo che l’uomo sia un’opera d’arte, e vuole sapere perché? Perché l’arte è un prodotto dell’uomo, il segno tangibile della sua grandezza, certo, ma anche della sua fragilità. Arte è solitudine, il tentativo di fermare qualcosa di vero e la speranza che qualcuno si fermi a guardarlo. […]”

Tutto è fermo in quella grossa stanza in cui Giada entra tutte le mattine. E’ fermo fino all’arrivo dei visitatori; per questo non è molto diverso dalle grandi esposizione fotografiche in giro per il mondo, quelle in cui erano presenti entrambi: lui, il genio dello scatto che cattura il momento e lei, la sua compagna devota. Ora lui è inerme, egli stesso un’opera catturata nel gesto fasullo di premere il clic della propria reflex. Eppure è lui che ha scelto di devolvere il suo corpo, una volta cessato di vivere, all’arte. Continua

Voland: “Mi piace essere golosa”, Colette tra diario e racconto

colette_chronicalibriGiulia Siena
ROMAColette, la più emancipata e anticonformista artista francese del Novecento, si presenta in tutta la sua vivida spigliatezza. Mi piace essere golosa – titolo ripreso da una rubrica che la scrittrice tenne sulla rivista Paris Soir alla fine degli Trenta – è il volumetto tradotto da Angelo Molica Franco e pubblicato da Voland che raccoglie alcuni articoli che Colette scrisse per la neonata rivista Marie-Claire a cavallo del secondo conflitto mondiale. Quella che doveva essere una rubrica di cucina divenne ben presto un punto di incontro e confronto per le giovani donne dinamiche e acculturate dell’allora società borghese parigina. La rubrica si trasformò, così, in luogo di libertà poetica e narrativa per l’istrionica Colette che si abbandonò al racconto quasi personale; per scrivere si lasciò ispirare dalla buona tavola, da Parigi, dai gatti e dalle donne. La cucina, però, ebbe sempre un posto d’onore tra le pagine di quella nascente rivista:“Dal momento che ho una solida reputazione di golosa, molte lettrici mi immaginano sempre seduta a tavola, incorniciata tra paté e bottiglie, come il “Gourmand” di una celebre insegna. Troppo onore”. Infatti, la buona tavola fu per questa donna forte e sensuale, vivace e colta, un modo per festeggiare la vita e le sue bellezze.

 

 

“In cucina l’ispirazione non ha mai contato granché, e io resto fedele alla tradizione. Un buon piatto è, prima di tutto, questione di misura e classicità”.

10 Libri per combattere il Lunedì

LunedìROMA – Abbiamo assistito all’invasione sui social network delle lunghe liste di libri, musica e film. Noi, i 10 Libri, li avevamo ideati nascendo, per sopperire alla carenza di idee quando sorgeva la domanda: “E ora, cosa leggo?”. Abbiamo pensato a 10 Libri per combattere la noia, i 10 Libri per la Giornata Mondiale della Terra, i 10 Libri delle donne, i 10 Libri per una notte insonne, libri per bambini, ragazzi, lettori attenti, lettori svogliati, feste, festività, occasioni e regali. Abbiamo dato centinaia di consigli – sempre in liste da dieci – anche quando nessun social network si intrometteva tra le tue carte. Abbiamo pensato a tante occasioni per leggere e ci siamo lasciati sfuggire la più “banale”: quella per sopravvivere al lunedì leggendo. Oggi, per voi, i 10 Libri per combattere il Lunedì.

 

1. Anch’io sono scrittura. L’autobiografia di Octavio Paz, SUR
Combatte il Lunedì perché ci permette di conoscere la vita e l’opera dell’autore in ordine cronologico, dall’infanzia fino agli ultimi giorni, passando per la formazione letteraria, la passione politica, l’amore per la poesia, i viaggi, i riconoscimenti, la malattia, i ricordi personali.
2. Shotgun Lovesongs di Nickolas Butler, Marsilio
Combatte il Lunedì perché è un vibrante inno alle cose che contano davvero nella vita, l’amore e la lealtà, il potere della musica e la bellezza della natura.

3. Causa di forza maggiore di Nothomb Amélie, Voland
Combatte il Lunedì perché quando irrompe l’imprevisto comincia una nuova vita, nel bene e nel male.

4. Mare d’inverno di Grazia Verasani, Giunti
Combatte il Lunedì perché è un romanzo ironico, amaro e vero sull’amicizia tra donne.

5. Taipei di Tao Lin, ISBN
Combatte il Lunedì perché seguire Paul, il protagonista, da Brooklyn fino in Taiwan attraverso social network, disastri e amori è un gran bel viaggio.

6. Gli eroi imperfetti di Stefano Sgambati, Minimum fax
Combatte il Lunedì perché questa è una storia oscura e sensuale, che mescola giallo, eros e romanzo di formazione, popolata da personaggi le cui vite si intrecciano illuminando in modo indimenticabile le paure, i desideri e le speranze che pulsano sotto l’apparente normalità di tutti noi.

7. Felici i felici di Yasmina Reza, Adelphi
Combatte il Lunedì perché la felicità – nell’a­more o nell’assenza di a­more, all’inter­no di una coppia o al di fuori di ogni legame – è un talento.

8. Mala Castra di Remo Teglia, Avagliano
Combatte il Lunedì perché è narrazione, racconto e amara cronaca di una umanità che cambia.

9. Il Malpensante di Gesualdo Bufalino, Bompiani
Combatte il Lunedì perché leggere aforismi, pensieri e umori e malumori è sempre un buon esercizio di distrazione.

10. 10 Modi per imparare a essere poveri ma felici di Andrea Pomella, Laurana
Combatte il Lunedì perché imparare a svincolarsi dalle logiche del danaro potrebbe essere la ricetta per il futuro.

 

 

Voland: “Guida alla Roma ribelle”, il viaggio tra le storie inattese

guidaromaribelle_chronicalibriGiulia Siena
ROMA
– Roma è un viaggio. Roma è un percorso nella storia, un’escursione nei fasti del passato e una piacevole passeggiata nella complessità presente. Roma contiene un po’ tutto quello che potrebbe riservarci il futuro e raccoglie le gioie e le difficoltà del quotidiano. Roma è italiana, Roma è multietnica. Roma è cattolica, papalina, liberale e laica. Roma è molto più di una città; è un mosaico di emozioni, lotte, opportunità, ingiustizie, speranze, sogni, vite, odori, ritardi, realtà e luoghi. I luoghi sono quello che di Roma rimane e rimarrà, lo scenario su cui, da secoli, si è mossa la storia. I luoghi, che oggi testimoniano le evoluzioni e i naturali cambiamenti che la capitale italiana ha subito negli anni, sono anche all’esterno delle canoniche rotte turistiche e vengono esplorati e descritti in “Guida alla Roma ribelle”. Scritto da Rosa e Viola Mordenti, Lorenzo Sansonetti e Giuliano Santoro, il libro pubblicato nella collana Finestre della Voland (nella stessa collana anche “Guida alla Parigi ribelle” e “Guida alla Barcellona ribelle”) vuole raccontare luoghi, personaggi ed eventi calanti nel proprio contesto storico. Questo ha permesso agli autori di rapportarsi “con la storia e le storie senza nostalgia né distacco, a contestualizzare il passato senza archiviarlo né trasformarlo in un feticcio, a pensare alla memoria facendola vivere nella città che abitiamo ai giorni nostri”.
“Guida alla Roma ribelle” da semplice libro diventa, così, un manuale, una guida e un compagno di viaggio per esplorare i rioni e i quartieri popolari della città, gli edifici, i palazzi e i monumenti, le piazze borghesi e quelle della rivolta. Si parte da Piazza del Popolo, la piazza che accolse l’abbraccio e il monito di Martin Lutero: “Ti saluto, Roma santa! Sì, veramente santa a motivo dei santi martiri del cui sangue grondi!”; la piazza ricordata da Jack Kerouac per il bellissimo dipinto di Caravaggio custodito a pochi passa da li, nella chiesa di Santa Maria del Popolo. Si cammina poi verso via dell’Oca di Elsa Morante, passando per via Margutta di Picasso e attraversando via Condotti e i fasti de Il Caffè Greco. Si costeggia il Lungotevere e si arriva a Campo de’ Fiori, “la piazza del libero pensiero”, il luogo simbolo della Roma libertaria; qui si incontrano personaggi come Cristina di Svezia, Giorgio Labò e Gianfranco Mattei. Continua il viaggio e si ricordano i duecentottantaquattro anni di cultura del Teatro Valle, l’antico “nasone” (fontana) del Pantheon e i drammi e il fascino del Ghetto. Si sale la scalinata del Campidoglio e si conosce Violet Albina Gibson, si passa alla dolce malinconia e ricchezza della Basilica di Massenzio per poi arrivare nel quartiere Monti. Si arriva alla casa natale di Guillaume Apollinaire, alle strade di Mario Monicelli e nella chiesa di Sigmund Freud, San Pietro in Vincoli. Saliamo verso Porta Pia, attraversiamo la fascinosa via Veneto di Kurt Cobain e arriviamo alla stazione Termini raccontata da Daounda Sanogo, un uomo qualsiasi. Ripartiamo dalla multietnica Piazza Vittorio, attraversiamo via Tasso per poi cambiare del tutto scenario. Oltrepassiamo il Tevere e siamo alle porte del Vaticano, nella contraddittoria via di Porta Castello, nell’ex Cinema Castello, negli anni sede del locale Muccassassina (anni ’90), centro stampa dell’Agenzia romana del Giubileo (2000) e attuale sede di una università “improntata alla conoscenza e alla diffusione della verità”. Attraversiamo i Borghi, via Cola di Rienzo e giungiamo a piazza Risorgimento, accorgendoci che è tutto qui, in questi metri percorsi, che si racchiude il fulcro della Roma controversa che affascina e intimorisce. Prima di continuare il nostro viaggio che ci porterà nuovamente oltre il fiume, tra Trastevere, Testaccio, Monte Sacro, San Lorenzo e poi fuori dai rioni fino a Pietralata, San Basilio, Centocelle e Ardeatino, ci fermiamo ad ammirare una Roma che continua a raccontare, una Roma ribelle che prima di partire con la fiumana di parole ha solo bisogno che qualcuno le chieda: Roma, perché ribelle? Allora partirà il viaggio, uno splendido itinerario tra ricordi, curiosità e storie inattese.

 

“Attraversare i luoghi, ascoltare le storie che li raccontano e individuare linee di confine, raccogliere le voci di chi vive in un posto o di chi lo narra: è stato un metodo di lavoro, un modo di costruire relazioni, analogie e differenze della Roma che non si è mai piegata alle logiche dei poteri”. 

 

“Requiem per D. Chisciotte”: Dennis McShade dalla parte del killer

Requiem per D. Chisciotte_Voland_recensione ChronicalibriGiorgia Sbuelz
ROMA“Requiem per D. Chisciotte” è un romanzo noir del 1967, di Dennis McShade, pseudonimo dell’autore portoghese Dinis Machado, edito per la prima volta in italiano da Voland, che ha come protagonista Peter Maynard, un assassino di professione.

 

Maynard utilizza una sua personale filosofia per portare a termine gli incarichi: non si accontenta di essere un mero sicario, segue scrupolosamente un personale “codice etico”, se così si può definire, rintracciando le ragioni che si celano dietro ogni richiesta di uccisione, quasi a renderla un atto giusto.

 

Maynard vuole conoscere sempre “chi” deve uccidere, per questo il compito che gli è stato affidato stavolta gli sembra inammissibile: eliminare il magnate della finanza Big Shelley senza permettersi obiezioni e col divieto di raccogliere qualsiasi tipo di informazione. Il Sindacato del crimine, che lo ha assoldato sotto ricatto, è stato chiaro in merito: nessuna domanda. Ma Maynard, conosciuto anche come il Califfo, non ci sta. Lui, che per raccogliere le idee nei momenti critici legge l’Ulisse di Joyce… come può uccidere un uomo di cui non conosce la storia, e che per giunta porta il nome di un grande poeta inglese? Sa che si metterà nei guai, non si possono contraddire gli ordini del Sindacato, tuttavia non vuole nemmeno sottostare ai diktat dei suoi mandanti. Il Califfo non vuole invischiarsi in alcuna organizzazione, il Califfo non vuole padroni, per questo i suoi nemici sono numerosi e spesso nascosti.

 

Per alleviare la tensione a cui è sottoposto ascolta musica classica: Cajkovskij, Sibelius, Borodin… trangugia litri di latte per calmare la sua ulcera che si accende come una spia a sottolineare i passaggi della sua esistenza in cui frequentemente si perde, inseguendo le ombre della sua intensa attività cerebrale. Si ritrova sovente a fare a pugni con la propria coscienza, che rimane pur sempre la coscienza di un killer, ma non si presenta mai in disordine all’appuntamento con la sua vittima: sceglie con cura l’abito, si sistema la fondina sotto l’ascella e cambia la cravatta se è il caso.

Un professionista stimato, dunque, ma che spaventa per la sua troppa autonomia. Caricato su un’auto viene picchiato a sangue come avvertimento: non può permettersi di tergiversare indagando sulla vita di Big Shelley, gli ordini sono chiari. Ma chi si nasconde dietro il suo pestaggio? È davvero un monito del Sindacato? Quel che risulta chiaro è che nulla è come appare, anzi, può persino capitare che un assassino incaricato di uccidere un malavitoso, trovandosi faccia a faccia con lui, cominci a discutere di letteratura:

 

– Penso che il Don Chisciotte sia la vittoria dello spirito sulla materia. È l’elogio della pazzia – disse.

– E già – risposi. – Ma l’aspetto lirico della pazzia.

– È bello.

– È una delle opere più importanti scritte fino a oggi. Dentro ci sono i nostri mulini a vento, il mio, il suo quelli di tutti.”

 

Peter Maynard è infatti un chiaro riferimento dell’autore a Pierre Ménard, il protagonista del racconto di Borges, che aveva come ambizione quella di riscrivere il Don Chisciotte nel ventesimo secolo. A Maynard è dedicata un’intera trilogia che comprende La mano destra del diavolo e Mulher e Arma, tutti firmati da Machado come Dennis McShade. Lo pseudonimo era d’obbligo, così come l’ambientazione americana, per sfuggire alla forte censura perpetrata all’epoca in Portogallo. Eppure negli scenari cupi, fatti di bische e gangster incravattati, nelle claustrofobiche strade buie e nei pensieri dello stesso Califfo, è possibile percepire quell’atmosfera… è anche possibile simpatizzare per l’assassino, se l’assassino si presenta come un narcisista sovversivo che difende la propria libertà onorando i “contratti” meticolosamente.

Uno spietato filosofo il nostro Maynard, che abbellisce il cinismo della propria vita con la pura poesia. Machado offre in questo modo delle personali visioni, che diventano la sua suggestione narrativa, brillantemente rappresentata nei dialoghi tra i protagonisti:

 

“ – Raccontami, Maynard. A che cosa pensi?

Sorrisi con gli occhi chiusi.

– A Ravel.

Lei scosse la testa.

– Sei pazzo, Maynard. Dimmi.

– A Ravel, signorina. Sto riducendo tutto ciò che penso all’espressione più semplice. Ravel ha ragione. Ha fatto il Bolero con un’incessante ripetizione di note, cambia solo il movimento.

– E quindi?

– E quindi è come la vita. – Dissi e aprii gli occhi. – Le note sono sempre le stesse. Solo i movimenti cambiano. Il resto è un problema di orchestrazione.”

 

 

 

 

“Fratelli”, se le strade possono dividersi

fratelli
Silvia Notarangelo

ROMAElisabeth e Uli sono fratello e sorella. Sono cresciuti insieme in un paesino della Germania Orientale, si sono sostenuti a vicenda, hanno condiviso momenti difficili e creduto negli stessi ideali. La vita li ha messi di fronte alla Guerra, alla divisione del loro Paese in due mondi incompatibili, dove, inevitabilmente, si deve scegliere da che parte stare.
Fratelli”, il romanzo di Brigitte Reimann (Voland), racconta la loro storia. Una storia appassionata, poetica, a tratti malinconica, che corre sul filo sottile dei sentimenti.
Il rapporto tra i due protagonisti è fatto di complicità, battibecchi, gelosie e tensioni che la Reimann riesce sapientemente a ricostruire. Intensa e incalzante, la narrazione procede sovrapponendo presente e passato.
È Elisabeth, in prima persona, ad abbandonarsi ai ricordi, quando lei e Uli giocavano a Hänsel e Gretel, quando le strade erano attraversate dai carri armati, quando per la prima volta aveva varcato le soglie del kombinat per dedicarsi alla sua vera passione, la pittura.
Il presente, invece, ci porta al 1960, alla Pasqua di quell’anno. Come sempre, fratello e sorella si ritrovano nella loro vecchia casa per trascorrere insieme le feste.
L’atmosfera è allegra, forse troppo. E, infatti, proprio come “un’ombra che il pomeriggio d’estate oscura il sole”, ecco che su Elisabeth piomba un’inaspettata confessione. Uli ha deciso: si trasferirà a Ovest, ad Amburgo. Per lei è un colpo durissimo. Quella che, almeno superficialmente, potrebbe sembrare una reazione prettamente emotiva, in realtà nasconde tanto altro. A poco a poco, tra i due, si apre una voragine. Lo scontro è duro, serrato. Allo sconcerto e alle emozioni dell’una si oppongono le lucide e rassegnate argomentazioni dell’altro.
Elisabeth è un’idealista, una “piccola sognatrice incallita”, ma anche una giovane donna combattiva, pronta a difendere le sue idee e quelle del socialismo. Uli non crede più a niente, è arrabbiato e deluso, nella sua vita vuole costruire navi ma si sente “a pezzi, prigioniero dietro una grata di stupidità e burocrazia”.
Così si va avanti tra accuse, forti e concitate, e momenti di tenerezza che sembrano poter rimettere tutto in discussione. Il contrasto non si esaurisce nel semplice tentativo di Elisabeth di ridestare nel fratello i vecchi ideali condivisi, ma finisce per scavare in profondità, nell’intimo dei due personaggi, riuscendo a portare alla luce dubbi e insicurezze sepolti sotto un apparente equilibrio.
L’interrogativo finale può essere solo uno: meglio andarsene con la dolorosa consapevolezza di avere “la coscienza sporca” o restare sperando di “armare di nuovo la barca e veleggiare in mare aperto”?

Dalla carta a facebook, il racconto di Amélie Nothomb diventa corale

amelièROMA – Amélie Nothomb è tra gli scrittori contemporanei più amati e prolifici: dal 1992 ha pubblicato più di venti romanzi tradotti in 45 paesi diversi. I suoi libri, editi in Italia da Voland, riscuotono sempre un grandissimo successo; l’ultimo di questi successi è “Barbalù”, il romanzo che diventerà presto un film diretto da Daniel Auteuil. Come si addice allora, a ogni star 2.0, anche Amélie Nothomb entra in rete e regala ai suoi tanti fan italiani la possibilità di scrivere insieme un grande racconto. Dal 27 maggio al 7 giugno 2013, infatti, partendo dall’incipit di un racconto dell’autrice franco-belga inedito in Italia, gli utenti di Facebook avranno l’opportunità di far proseguire la narrazione in base alla loro creatività, con una sorta di scrittura collettiva. L’iniziativa, ideata e lanciata da GoodBook.it  in collaborazione con la scrittrice franco-belga e l’editrice Voland, ha delle semplici regole: ogni frase aggiunta dovrà avere un senso logico e una lunghezza massima di cinque righe. Al termine di questo divertente esperimento, Amélie leggerà il “racconto collettivo” e il risultato, insieme al racconto inedito scritto dall’autrice (download in pdf), verrà pubblicato su Facebook.

“Oh…” stupore e follia nel nuovo libro di Djian

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Luigi Scarcelli
Parma
“Il demonio si impossessa di un corpo ventiquattr’ore su ventiquattro o vi penetra solo a momenti?”La storia, problematica e controversa, di una donna di cinquant’anni é trattata da Philippe Djian nel libro “Oh…” nuova uscita della casa editrice Voland.

 

Michéle, questo il nome della protagonista, è una produttrice cinematografica di successo, con una vita molto complessa: il suo passato è terribilmente segnato dalla figura del padre, il cosiddetto “mostro d’Aquitania”, in carcere da trent’anni per aver fatto una strage a danno di innocenti bambini.  Per questo vive una giovinezza tremendamente difficile, una identità pesante da portare, ed è aiutata solo dalla madre, la controversa Irène e da Richard, fidanzato che sarebbe diventato suo marito. Nel presente Michele si è in parte riscattata, è infatti una donna di successo, rispettata  ma ancora al centro di una famiglia problematica: ormai separata da Richard, madre di un figlio,Vincent, immaturo e scontroso, convinto di costruire una vita con l’opportunista Josie, neomamma di Edouard. Unica vera confidente è Anna, sua amica e socia lavorativa alla quale però nasconde di avere una relazione con il marito Robert.

E il futuro? è proprio da qui che inizia il romanzo: Michéle è stata appena vittima di uno stupro in casa sua e dovrà capire chi è stato il suo violentatore, del quale non sa nulla e neanche immagina l’identità. Intanto la sua vita procede tra alti e soprattutto bassi: il rapporto con Vincent, la relazione clandestina e ormai priva di passione con Robert, l’invidia per la nuova fidanzata del suo ex marito Richard andranno di pari passo con la ricerca del violentatore e l’entrata in scena di Patrick, misterioso vicino di casa.

Il libro si legge tutto d’un fiato: è suddiviso in soli due capitoli,di cui il primo è la quasi totalità del romanzo mentre il secondo è l’epilogo, e le vicende della vita quotidiana di Michèle si accompagnano al ritmo quasi da thriller della ricerca dello stupratore.

Molto interessante è il modo in cui viene delineata la psicologia della protagonista: il suo minimizzare lo stupro, non volerlo denunciare per “quieto vivere”, il rapporto problematico con la madre e il marito da cui è separata ma del quale non sopporta dover conoscere la nuova bella e giovane fidanzata, il tutto sottolineato dalla narrazione in prima persona della protagonista. Philippe Djian scrive la storia di una donna, una donna la cui vita è attraversata dal lato oscuro e macabro che si manifesta negli uomini  (il padre, Robert, il misterioso stupratore) che ne entrano a far parte.

“Atti mancati” il romanzo d’esordio di Matteo Marchesini

Alessia Sità
ROMA “Stavolta so di non poter più reagire. Non trovo in me stizza, né paura, soltanto una grande stanchezza”

Nella vita di ognuno di noi c’è sempre un atto mancato che ci tormenta. Freud li definiva come un errore di azione, ovvero l’incapacità di fare realmente ciò che si desidera. Quante volte aspettiamo immobili in attesa che il destino faccia il proprio corso, senza contribuire in qualche modo al suo compimento? L’ultimo romanzo di Matteo Marchesini, “Atti mancati” edito da Voland e candidato alle selezioni del premio Strega, racconta una profonda storia d’amore e d’amicizia segnata da ‘alcune’ occasioni perdute e da inconsolabili rimpianti.
La vita di Marco, giornalista del Corriere di Bologna, viene stravolta quando durante la cerimonia di assegnazione del Bolognino d’oro al critico Bernardo Pagi – un docente universitario che in passato rappresentò per lui un modello da seguire – rivede la sua ex fidanzata Lucia. L’inaspettato ritorno della ragazza a Bologna, catapulta l’intellettuale trentenne in un vortice di ricordi, seppelliti sotto la corteccia di asetticità creata nel tempo. Tra Bassa e Appennini, osterie, cliniche, paesi,  campagne e  vecchie conoscenze, Lucia spinge Marco a rianalizzare le zone più oscure del loro passato, della loro storia e del loro legame con Ernesto, l’inseparabile amico di sempre. “Atti mancati” è un continuo avvicendarsi di un passato felice e un presente doloroso, in cui gli errori e i vecchi fantasmi, prendono gradualmente forma fra la paura di crescere, sconvolgenti scoperte e un romanzo mai finito. Il desiderio di raccontare, narrare, scrivere, sembra improvvisamente essere l’unica speranza per poter mettere ordine nel caos generato dalla vita. Si ha costantemente la sensazione di sfiorare una qualche presunta verità, che purtroppo perde quasi di valore nel dolore di una logorante malattia e nel dramma della consapevolezza di non poter più rivivere quel passato spensierato e quell’amor perduto. Per Marco è arrivato il momento di affrontare la realtà e di terminare il suo romanzo, che per troppo tempo ha lasciato in sospeso.
“Atti mancati” è una toccante storia di vita, che commuove e spinge a riflettere su quanto sia fondamentale agire senza aspettare che le cose accadano per caso (“Ho solo scritto, scritto per dovere, aspettando che succedesse qualcosa”).
Con uno stile brillante ed elegante, Matteo Marchesini ci regala un bellissimo romanzo di formazione, guidandoci nel cuore di una splendida Bologna, in cui ogni angolo, ogni piccolo dettaglio della città diventa funzionale al racconto e alla storia dei suoi personaggi.