Giulio Gasperini
AOSTA – Nessuna scrittura è più intima di un diario. E un diario può essere anche di colori, linee, disegni: pensieri grafici e cromatici. Come quello che Frida Kahlo ha tenuto per gli ultimi dieci, irruenti anni della sua vita. In queste pagine, oggi riproposte da Electa con il titolo “Il diario di Frida Kahlo. Autoritratto intimo” (Electa, 2014) in occasione della mostra in scena a Roma alle Scuderie del Quirinale, Frida ha scomposto e squadernato la sua più complessa interiorità, senza remore né vergogne. Confrontarsi, penetrare nel diario dell’artista messicana non è un’operazione di mero voyeurismo ma un’immersione profonda nella complessità di un’artista che ha trasformato la propria stessa vita in un’opera d’arte, declinando nelle potenzialità immense di pittura e scrittura ogni singolo momento della sua esistenza.
Le tavole a colori e la traduzione del diario ci accolgono in un mondo affascinante e unico, come non ne esistono forse altri esempi. I suoi stessi quasi, i dipinti così tanto amati, affondano le radici violentemente nella sua esperienza personale, nel suo percorso di dolore (fisico, in primis), nella sua esperienza di donna e di artista, di moglie e di madre in potenza, di figlia e di ribelle a un ordine prestabilito. Ma Frida non è solamente un orizzonte di dolore e di sofferenza. Frida è anche profondo humor, ironia, arguzia, spirito dissacrante persino nei confronti di sé stessa. Come nei suoi quadri, l’attenzione è posta tutta sul sé, sulla sua essenza di donna, di messicana, di creatura che sta al centro e contempla tutto quello che attorno accade, riflettendo su di sé di volta in volta il disagio, il dolore, la compostezza, il sogno, la veglia, la sofferenza, la gioia di una potenza creatrice inesauribile. Uno sguardo violante e violento, una teorizzazione in itinere dell’essere creatura umana e nel saper tradurre la realtà personale in un’esplosione artistica senza quasi ritegno, dominata solo da sé stessa e significante solo in sé stessa.
Frida Kahlo è stata perforante non soltanto sulla tela ma anche sulla pagina scritta. I suoi appunti, le sue pagine di diario, le sue lettere sono viranti messaggi, che mai si censurano e mai si limitano nella perfezione della sua indagine interiore. Brevi frammenti, appunti, considerazioni, messaggi consegnati al tempo: il diario di Frida è un percorso unico, un organico procedere attraverso la sua vita stessa, dai primi anni dell’infanzia e dal rapporto col padre e coi genitori, agli altri membri della sua famiglia, alla sua storia d’amore, tormentata ma intensa, con Diego Rivera, agli incontri – tanti, esclusivi – che hanno costellato la sua carriera, da Tina Modotti a Trockij, da André Breton alla sua moglie, ai tanti dottori che l’hanno curata e osservata. Perdersi nelle pagine del diario è un’esperienza diversa dal confrontarsi coi suoi quadri. Il diario è magma incandescente, è sostanza che lotta e combatte per codificarsi in una forma che non è mai scontata né agevole, al primo confronto. Perché la forza di Frida è totale, completa, annichilente ma creativa: “Yo soy la desintegración…”.
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