E come tetto del mondo solo un cielo di poesia

No tiene techo mi casaGiulio Gasperini
AOSTA – Lucia Cupertino è un’antropologa culturale che padroneggia molte lingue. La sua raccolta poetica, Non ha tetto la mia casa/No tiene techo mi casa, è infatti una pubblicazione italo-spagnola, edita da Editorial Casa de Poesía, e dà voce a una doppia anima poetica, in cui la lingua diventa strumento, dimostrando come la potenza della poesia sia comune a ogni idioma: “Noche como un techo / notte come un tetto / esperanza para todos”.
Lucia Cupertino plasma un mondo poetico estremamente concreto, donandoci uno sguardo attento e puntuale su alcuni momenti di vita concreti e pulsanti, come un’inquadratura cinematografica che gradualmente si stringe su un dettaglio della scena: “Sul primo binario passando, un treno / imprime quel nero di fiati / o forse sveglia la donna sola a letto”. È uno sguardo che non si lascia sfuggire nulla e che riesce a cogliere una nota di poesia in ogni casualità: “Non piega il vento questi grattacieli / […] / s’impiglia ad un ramo una busta”.
Il mondo di Cupertino è un mondo di natura dalla potenza creatrice originaria, un mondo in cui le pareti di casa aderiscono a ogni orizzonte, così da diventare essenza liquida. Sicché non esistono muri, non esistono contenitori né contenuti, ma esiste una materia che si adatta come in una culla e di volta in volta cambia forma e dimensione. L’identità non è necessaria proprio perché l’identità è mutabile e al tempo stesso onnicomprensiva: “Disfarsi anche di questa sembianza, / entrare nel palpito d’attorno”. La dissoluzione nel tutto è approdo sperato, momento di estrema comunione universale, in cui tutto si congiunge e salda assieme: “io sosto / per tutto il respiro che ho in corpo / e scambiando un’eco per voce / raccolgo le storie del vento”.
Attraverso l’assorbimento nella natura, questa adesione profondamente intima e personale alle leggi che più alte governano l’uomo, c’è anche un recupero memoriale potente e puntuale, a dimostrazione di come le ragioni dell’umanità debbano esser cercate e indagate, persino anatomicamente sezionate, in altri passati e in altri tempi e luoghi magari più remoti: “Ricordo appena quando bambina premevo / contro gli occhi le mani nei giorni arruffati”. Alla base della poesia, alla radice dell’essenza e dell’esistenza individuale, esiste sempre un ritorno, un’appellarsi ai ricordi più sublimi che già per loro stessa natura hanno la sostanza di una poesia, di una purezza che non ha equivalenti né possibilità di ricrearsi se non attraverso la parola: “L’infanzia comincia quando meno te l’aspetti / e sono qui come dopo un’immersione / stanca ma coi polmoni pieni di mare / daccapo bambina daccapo sogno”.

Informazioni su Giulio Gasperini

Laureato in italianistica (e come potrebbe altrimenti), perdutamente amante dei libri, vive circondato da copertine e costole d’ogni forma, dimensione e colore (perché pensa, a ragione, che faccian anche arredamento!). Compratore compulsivo, raffinato segugio di remainders e bancarelle da ipersconti (per perenne carenza di fondi e per passione vintage), adora perdersi soprattutto nei romanzi e nei libri di viaggio: gli orizzonti e i limes gli son sempre andati stretti. Sorvola sui dati anagrafici, ma ci tiene a sottolinare come provenga dall’angolo di mondo più delizioso e straordiario: la Toscana, ovviamente. Per adesso vive tra i 2722 dello Zerbion, i 3486 del Ruitor e i vigneti più alti d’Europa.
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