Marilena Giulianetti
ROMA – Un diario steso nell’arco di un anno. Un uomo non più giovane. Un figlio piccolo che muove i primi passi con sguardo curioso di tutto ciò che lo circonda. E poi i vulcani, i ricordi di Firenze, la vita di campagna che dal passato torna prepotente a fare capolino sul presente. E’ un anno che scorre veloce quello raccontato da Sergio Nelli in Ricrescite, edito da Tunué. Veloce e lento, denso e rarefatto nello stesso tempo.
Sì, è la primavera. C’è un nocciolo tiepido che è germogliato. All’imbocco dell’autostrada Firenze – Mare, per lavori hanno tolto il passero di Botero. Dove lo metteranno? L’omuncolo comanda il piede, le dita. Mi chiedo perché ci sia sempre qualcosa che non va in questo corpo. La meta è un acquario caldo che spero lo distragga.
“Piccolo gioiello di genere indefinibile”, come scrive Antonio Moresco nella prefazione, l’autore svela una capacità introspettiva tanto incisiva quanto sottile scorrendo dal gesto più semplice alla curiosità più inquietante, alla memoria del particolare quasi andato perduto. Lo scorrere quotidiano ritrova la capacità di osservare e ricostruire la vita mattone su mattone, a volte con sofferenza altre con leggerezza.
Che le bestie morissero uccise mi sembrava naturale come cavare con le dita e con le unghie una rapa bianca dalla terra. Che il maiale urlasse il suo strazio era un segno di festa, la cui sontuosità era accresciuta dal senso di un sacrificio.
Le pagine di Ricrescite si aprono su mille fluttuanti rivoli narrativi e interpretativi che lasciano il lettore di volta in volta sbalordito, divertito, inquieto. Ma sempre conquistato dall’umanità fragile e sincera del protagonista, dal quale nessuno di noi può dirsi indenne.