Un paio di tacchi alti- un giallo per le serate d’autunno

Marianna Abbate
ROMA – E’ autunno, piove e fa finalmente freddo. Ci vuole proprio una tazza di té con del bourbon, castagne arrosto, un plaid e… un bel giallo. Quindi, eccomi qui a consigliarvi un giallo d’autore; un classico del genere: “Un paio di tacchi alti” di Timothy Fuller pubblicato da Polillo Editore.

Se avete amato Aghata Christie non potete perdervi questo romanzo, carico di sottintesi e indizi.

La trama è presto detta: si indaga su un omicidio avvenuto durante la riunione di ex studenti dell’università di Harvard. Ma quello che ci interessa è l’atmosfera: quell’aria che sa di mistero e cannella che avvolge i protagonisti di tutti i gialli d’autore.

Il libro è stato pubblicato per la prima volta nel 1941, ed è innegabile che sia proprio la sua età a renderlo ancora più affascinante.

L’autore ci accompagna sui passi di Jupiter, un detective dilettante che si dimostra estremamente sveglio e abile- e anche un pochino nerd. La riunione degli studenti viene scossa dall’evento inaspettato, che li porterà a guardarsi con sospetto e scoprire vecchi rancori. Un unico indizio: un’impronta di scarpe con tacco accanto al cadavere. In più bisogna affrettarsi a risolvere il caso per scagionare l’amico innocente che sta per sposarsi!

Condite tutto con cappellini, cappotti cammello, una luce soffusa e un finale a sorpresa e avrete tra le mani un giallo come si deve.

Un altro punto a favore di questo romanzo è l’edizione, piccola e maneggevole, ma nel contempo rispettosa della nostra vista.

Polillo Editore da tempo si dedica alla ricerca e pubblicazione di gialli d’autore, dedicandosi in modo particolare ai classici del mistery inediti in Italia. Una serie di piccoli gioielli per gli amanti del genere. Il cofanetto con i primi 100 romanzi è una bellissima idea regalo per Natale.

 

 

Un libro e gli scaffali. ChronicaLibri entra in libreria.

AOSTA Alberto è un libraio; uno di quelli che ama esserlo e che dedica testa e cuore al mestiere. Un libraio come non ce ne sono quasi più; e dei quali ce ne sarebbe un infinito bisogno. Non sto parlando per piaggeria o per scontata evidenza, ma perché è tutto vero. Albero ha una libreria, a Tirano, a pochi metri da quella stazione ferroviaria da dove partono i trenini rossi rossi che raggiungono St. Moritz, in Svizzera, percorrendo un dislivello di 1.824 metri in 145 chilometri. Alberto ha una libreria che si chiama “Il mosaico” e sa come le librerie funzionano. Una rivista che si occupa di editoria e cultura non poteva continuare a ignorare questi luoghi: ed ecco allora che, da oggi, comincia una collaborazione preziosa e, speriamo, spregiudicata. ChronicaLibri, grazie alla guida di Alberto, penetrerà nei meccanismi delle librerie per capire questi luoghi, che stanno diventando sempre più rari e boicottati, e per continuare a sostenere le ragioni della loro importanza.


Alberto Gobetti
TIRANO – In molte provincie e nelle zone d’Italia meno servite dalla grande distribuzione (e meno use, aggiungerei, ai fasti del commercio elettronico), la fornitura dei testi scolastici è ancora appannaggio delle librerie e delle cartolerie di paese.
Il margine di guadagno per unità di prodotto è, in generale, modesto: in media si aggira sul 13%, con una varianza che va da un massimo del 24% per quei cartolibrari che preferiscono fornirsi direttamente presso le case editrici, ad un 10% per coloro i quali usano servirsi dal grossista o dagli intermediari – il tutto, naturalmente, al lordo delle spese di trasporto e di porto imballo. Ciò che rende appetibile un tal genere di commercio è il forte giro di magazzino. Infatti, sebbene il lavoro di prenotazione si svolga sull’arco dei tre mesi precedenti all’inizio della scuola, il ritiro e la consegna dei testi si conclude nel giro di due, tre, massimo quattro settimane. Posso portare l’esempio della mia libreria: a stagione oramai conclusa, l’80% degli ordini è stato evaso nel periodo 26 agosto-21 settembre. Per avere un’idea di quanto questo incida sull’economia dell’esercizio, si consideri che un tal business rappresenta il 20% del fatturato annuo. Detto in altri termini, un quinto dei ricavi si realizza grazie alla fatica di tre settimane.
Per affrontare al meglio una tal mole di lavoro serve una pianificazione ed una organizzazione piuttosto accurata delle sue fasi. Soprattutto, serve ordine, precisione e… una buona dose di pazienza. Alle prime esigenze può sopperire l’uso d’un programma di prenotazioni efficiente, che magari sia capace di lavorare gli ordini misti, cioè formati sia libri nuovi sia da libri usati (un business più limitato in volume, ma assai più interessante in margine); è altresì indispensabile una gestione ordinata dei depositi in magazzino: l’attenzione aiuta ad evitare errori nella formazione dei plichi e la perdita di volumi.
Ma molta concentrazione è richiesta anche durante la recezione delle prenotazioni da parte del cliente. I problemi maggiori nascono dal fatto che, in larga massima, non sono gli studenti, bensì le loro mamme (assai più di rado i loro papà) ad effettuare gli ordini. Sbagliereste credendo ch’io stia parlando dei frequentatori della scuola dell’obbligo! Ancora in quinta superiore, e talvolta perfino in università, la maggioranza dei ragazzi delegano a terzi l’acquisto dei libri (ma assai meno della cartoleria). Coll’aberrante risultato di vedere i “delegati” prenotare libri già in possesso dei loro figlioli, e figlioli – quando costretti dai loro genitori ad arrangiarsi nella gestione delle prenotazioni – dimenticarsi letteralmente di effettuarle o, una volta effettuate, di trascurare la necessaria fase del ritiro dei volumi.
Tuttavia i fastidi maggiori per il libraio provengono da altrove.
1.- Dagli stessi istituti, in primo luogo. Sì, perché, almeno nella mia zona, le segreterie gareggiano nello sbagliare l’elenco dei testi d’adozione obbligatoria. Volete alcuni esempi? I bimbi di seconda elementare si sono trovati senza sussidiari, perché il codice identificativo diramato riguardava il formato ebook, non quello cartaceo (e nessuno se ne è accorto, se non dopo l’inizio della scuola, quando i ritardi nelle consegne da parte del grossista hanno iniziato ad insospettirmi); in 2.a ragioneria i ragazzi si sono visti indicare come d’acquisto obbligatorio un testo di geografia che già avevano comperato l’anno prima; in 2.a alberghiera il codice del testo di storia rimandava ad un’edizione errata (anche in questo caso la scoperta è stata fatta a scuola iniziata). Ma il parossismo s’è raggiunto in 3.a ragioneria, ove, una volta scoperto dall’insegnante che l’antologia italiana adottata non comprendeva due fascicoletti indispensabili, l’istituto ha tardivamente deciso di procedere di motuproprio all’acquisto dei medesimi. Con buona pace di quei librai che, accogliendo dagli studenti più solerti le integrazioni d’ordine, si trovano in magazzino fascicoletti che non possono più rendere al grossista e che, probabilmente, non riusciranno mai più a vendere.
2.- Dai fornitori, dunque. Qui il discorso si fa delicato e complesso. Basti per il momento dire che il sistema distributivo dei testi scolastici italiani è fra i più dissennati ed irrazionali che si possano immaginare.
Cercherò di spiegarmi.
[seguirà la seconda parte]

“Come godersi la vita e lavorare meglio”: una piccola guida per ritrovare la serenità.

Alessia Sità

ROMA – Vivere e lavorare senza avere preoccupazioni è il sogno di tutti, ma realizzarlo non è semplice. Ogni giorno ci lasciamo turbare da mille pensieri e da problemi di ogni tipo. Il risultato: tanta ansia e scarse capacità di analizzare lucidamente la fonte del nostro turbamento.  “Come godersi la vita e lavorare meglio” di Dale Carnegie, pubblicato da Bompiani, nella Collana i grandi Tascabili, ci offre ottimi spunti di riflessione, per capire quali sono gli errori più frequenti commessi nel valutare il nostro approccio alla vita e alla gente.
Partendo dal presupposto che per stare bene con se stessi non è necessario imitare gli altri, l’autore ci invita a non perdere di vista quello che noi siamo realmente. Mettersi alla prova è fondamentale per sapere cosa siamo in grado di fare. Imparare ad accettare le critiche – senza però lasciarsi travolgere eccessivamente dalla negatività che proviene da esse – è la strada giusta da perseguire, per poter affrontare serenamente la vita di tutti i giorni.  Ricordare essenzialmente le cose belle che ci riguardano, ci permetterà di limitare ansie e paure varie. “Circa il novanta per cento delle cose della vita va bene, e solo il dieci per cento ci va di traverso. Se vogliamo esser felici, pensiamo soltanto al novanta per cento che va bene e ignoriamo il dieci per cento che va di traverso.” Cercare di fare del nostro meglio ci permetterà di evitare rimpianti o rammarichi. Il segreto per lavorare bene è: farlo con entusiasmo sempre e comunque, evitando per quanto sia possibile l’ipertensione. Trattare e comunicare con la gente nel modo più opportuno, ci consentirà di non incorrere in stupidi errori o fraintendimenti, che spesso e volentieri sono alla base delle nostre preoccupazioni. “Come godersi la vita e lavorare meglio” è una piccola guida su come imparare a fare leva sui nostri punti di forza, esternando le nostre migliori capacità per arrivare al successo. Relativizzare, decentrare e controllare. Sono questi i dettami da seguire per conquistare la serenità di cui abbiamo bisogno per vivere bene.