Per aspera ad astra: nuova collana in casa Hop Edizioni. Si comincia con “Madonna”

Giulia Siena
PARMA – Novità in casa Hop! La casa editrice pavese dà avvio a Per aspera ad astra, la forza delle donne, la collana di picture book dedicata ad eroine che hanno cambiato il corso della storia attraverso la propria arte. Madonna, Maria Callas, Virginia Woolf, Frida Kalho, Audrey Hepburn e Coco Chanel sono le prime protagoniste di questo progetto editoriale che vuole celebrare il genio e la determinazione, la tenacia e il talento. I libri – in uscita da maggio 2017 a febbraio 2018 – sono biografie artistiche disegnate da importanti illustratori; in queste pagine colorate le immagini e le parole trovano il proprio equilibrio.

In libreria da qualche settimana, la prima picture book è dedicata a MADONNA ed è illustrata da Sylvia K., l’artista che nelle proprie linee e nei tratti si è lasciata influenzare dalla pop art, dai cartoni animati americani, dal surrealismo e dal neorealismo francese.  Continua

“Grazia Deledda. Il luoghi gli amori le opere”, una biografia che regala un’immagine nuova dell’autrice sarda

Giulia Siena
PARMAGrazia Deledda. Il luoghi gli amori le opere (Avagliano) si apre su una biblioteca di famiglia a Calcutta. A sfogliare le pagine di quei libri provenienti da tutto il mondo è Amitav Ghosh, scrittore indiano che da bambino si imbatte in un libro della Premio Nobel Grazia Deledda. Da qui Rossana Dedola – attraverso l’analisi di  86 tra lettere e cartoline inedite ritrovate presso biblioteche europee – comincia l’escursione nella vita e nelle opere dell’autrice nuorese.  “La bambina nuova” nasce in una famiglia di possidenti terrieri il 27 settembre del 1871 e viene battezzata, secondo il rito tradizionale sardo, con il nome di Grazia Maria Cosima Damiana. La piccola processione aperta dai bambini con il cero porta Grazia, la nuova arrivata, tra le strade di Nuoro verso la Chiesa. Qui si celebra “l’iniziazione” della bambina ai riti di questa terra, una gestualità che di cristiano conserva solo la purificazione dell’anima. Le parole di augurio, le movenze e le gerarchie saranno parte integrante dei ricordi e degli scritti della giovane Grazia. Continua

L’assenza del mito e la rassegnazione

Post. 13 storie post '89 che non sapevano di diventare un mitoMichael Dialley
AOSTA – Il mito è un idolo che le persone hanno come punto di riferimento e che utilizzano come modello da seguire nelle azioni quotidiane e come modello di vita. Avere un mito da seguire è stato fondamentale fin dalla nascita dell’uomo, ma lo è stato soprattutto per le generazioni degli ultimi anni.
Con “Post. 13 storie dopo l’89 che non sapevano di diventare mito”, edito da Lupo editore (2013), il curatore Paolo Paticchio pone l’accento sulla mancanza di veri miti negli anni ’90 da seguire per le generazioni attuali e, se alcuni sono stati miti, non sapevano che lo sarebbero mai diventati.
Ecco presentate quindi 13 storie, da altrettanti autori, che fanno conoscere al lettore 13 personalità, le quali hanno vissuto per creare qualcosa, combattere i mali della società, fornire ideali e perseguire scelte di vita.
Al centro si pone il problema del mettersi in gioco da parte delle persone: i veri miti degli anni ’60, ’70 e ’80 si mettevano in discussione, facevano scelte forti, controcorrente e soprattutto le urlavano al mondo esterno; i problemi erano chiari e le persone non avevano paura di mostrarsi e mostrare soprattutto il proprio disappunto.
Questo è ciò che i 13 autori-collaboratori del libro auspicano per le nuove generazioni: mettersi in gioco e non aver paura di esprimere le proprie idee; anzi, è dall’espressione dei propri pensieri che si può partire per migliorare la società, per risolvere situazioni e problemi che altrimenti continuano ad intaccare il nostro Paese.
È necessario porre domande e mettere in tavola le proprie carte, anche nel semplice quotidiano perché ciò che devono capire i giovani è che si parte dal piccolo per creare una vera “rivoluzione” che abbia i risultati cercati e concreti.
Ogni individuo può dare il suo contributo per migliorare la società e forse mai come ora abbiamo bisogno di esempi da seguire e di idee da sostenere.
Ciò che ci si deve chiedere, forse, è il motivo per cui dopo il 1989 le persone hanno iniziato a non avere più dei miti da seguire e come mai grandi e piccoli personaggi, come quelli presentati nel libro, non sono stati ascoltati e seguiti a sufficienza. Forse la sfiducia verso ogni cosa ha portato a questo risultato, o forse con il progresso e la tecnologia tutti sono incentrati su loro stessi, diventando più egoisti e non pensando al prossimo, all’altro, che ci sta accanto.

“Casanova” e la teoria del non promettere promesse

Giulio Gasperini
ROMA –
Denigrato e ingiustamente svilito da una critica attenta alla falsa morale Giacomo Casanova fu personaggio allietante il secolo XVIII, quando ancora l’Italia dettava una linea culturale e non destava gli scherni e la sfiducia degli altri paesi. Roberto Gervaso, leggera penna biografica, ne tratteggia con una straordinaria limpidezza narrativa la vita, nel volume “Casanova” (Rizzoli, 1974), sottotitolandolo “storia di un filosofo del piacere e dell’avventura”.
Casanova prevedibilmente si nutrì all’aria pura di Venezia. Illuminò il suo essere con le antiche prospettive delle rotte commerciali, degli orizzonti lontani, delle terre remote che la Serenissima possedeva e dalle quali traeva la sua ricchezza e quel prestigio che parve intramontabile. Venezia era una città che viveva più sul suo passato che sul suo futuro, ma “la gioia di vivere era nell’aria e tutti la respiravano”. Il suo carnevale era la concretazione più evidente di questa forza edonistica e l’amore veniva cantato persino dai gondolieri, un vero e proprio esercito che sfilava silenzioso tra le nebbie della laguna e si sfidava a colpi di rime e poemi.
Amò sempre Venezia, Casanova: la sentì claustrofobica per quel governo oligarca che non amava le diserzioni civili e temeva le personalità borderline, ma se ne strusse al ricordo quando, esule e peregrino, cercò tutti gli appoggi possibili per rientrarci o come quando, tra le brume della Boemia, guardava fuori dalle finestre della biblioteca polverosa del castello di Dux, diventata tutto il suo mondo, e scriveva in un francese, istintivo e divertito, la storia non ordinaria della sua vita. Fu città dalle scoperte sorprendenti, dai legami avventurosi, dai rapporti violenti; e nessun’altra ne resse il confronto.
Durante i suoi anni tumultuosi, Casanova sviluppò una propria, indiscutibile e assolutamente personale teoria del piacere. Un piacere che partisse da quello carnale, fisico, portato all’estremo sforzo del corpo, per allacciarsi a quello spirituale, arrivando finanche a una prospettiva di squarcio metafisico. Casanova amò tutte le donne che possedé. Le amò pur abbandonandole, perché non faceva loro mai promesse. E loro ne erano consapevoli e accettavano il gioco. Fu sempre sincero Casanova, sempre cristallino nelle sue richieste e nelle sue pretese. Come scrisse Christina Rossetti, poetessa inglese, promise me no promises / so will I not promise you, / keep we both our liberties, / never false and never true: non promettermi promesse così io non prometterò a te; manteniamo entrambi le nostre libertà: niente di falso niente di vero. Se non riusciamo a mantenerle, le promesse, direbbe Casanova insieme a Christina, meglio non farle. Ma amiamoci lo stesso, finché gli dei ci concederanno il tempo! Sicché non fu certo da biasimare Casanova, perché la libertà è supremamente migliore dell’ipocrisia.
Casanova fu tanti personaggi: difficile distinguere l’uomo dalle varie maschere. Ebbe tante professioni non perché indeciso, eternamente sofferente e insicuro, ma perché sempre arduo da delimitare in una sola auto-definizione.