Dalle “50 sfumature di Grigio” alle “50 sbavature del Gigio” nostrano

Alessia Sità
ROMA – Più di 18 milioni di copie vendute in meno di 10 settimane. Primo posto in classifica sul “New York Times”, “Sunday Times” e “Amazon”. E’ ormai considerato un vero e proprio bestseller mondiale. Ha superato anche Harry Potter. La fortunata trilogia delle “50 sfumature” (Mondadori) scritta da E. L. James – pseudonimo di Erika Leonard – ha travolto letteralmente il mondo intero. Non a caso, il “Time Magazine” ha incluso la quarantottenne scrittrice britannica tra le 100 donne più influenti. Ispirata dalla saga di Twilight, la ‘mummy porn’ ha iniziato cimentandosi sul web con una ‘fan-fiction’ che, in poco tempo e grazie soprattutto al passaparola fra donne, si è diffusa clamorosamente. Romantica, erotica, scandalosa, bollente. Sono solo alcuni degli aggettivi attribuiti all’appassionante storia d’amore e di sesso, che vede protagonisti il bel Christian Grey e la dolce Anastasia Steele. Lui è tenebroso, intrigante, tormentato, intraprendente. Lei è sensibile, ingenua e romantica. Quella che sembrava dovesse essere solo un’impetuosa passione erotica, in breve tempo stravolge completamente la loro esistenza. Fra sottomissione, contratti, amore, libertà si dipana un’elettrizzante storia dalle 150 sfumature cromatiche. Dal grigio degli occhi del bel Chris, al nero che aleggia nel suo animo, per finire in un rosso di emozioni e colpi di scena. Le “50 sfumature” hanno ossessionato il mondo. Tutte le donne ne parlano e tutte sognano l’affascinante Amministratore Delegato. Non tanto per il suo lato dominatore, piuttosto per l’uomo sensibile e protettivo che dimostra di essere in più di un’occasione. Christian Grey non mente, anzi mette subito in chiaro cosa vuole realmente e quale sia la sua vera natura. Lui ricorda tutto, copre di regali e di attenzioni la sua amata. Le fa vivere mille emozioni, la porta in giro in yacht, in aliante, in elicottero … Insomma, con lui non ci si annoia mai. Appurato che uomini così sono più rari che veri, non resta alle lettrici che sognare a occhi aperti, immedesimandosi in Anastasia Steele. Fortunatamente, a riportarci con i piedi per terra ci pensa il nostro Gigio. Vi state domandando chi sia? Per usare le parole di Rossella Calabrò – blogger autrice delle “50 sbavature del Gigio” (Sperling&Kupfer editore) – il Gigio non è altri che “il maschio umano medio”. Il nostro compagno, marito, amante che ci ritroviamo accanto non appena smettiamo di fantasticare sul caso letterario dell’anno. Sicuramente non sarà ricco e bello quanto Christian Grey, ma è molto più divertente. Del resto, è solo una questione di sfumature: Mr Grey è misterioso, ma lo è anche il nostro Gigio, infatti “non ha mai rivelato il motivo per cui è incapace di azionare il tasto ON della lavatrice”. Rossella Calabrò ci regala una brillante e spietata parodia del porno soft che ha incantato il gentil sesso. “Mr Grey è bellissimo. Occhi grigi come il cielo prima di una tempesta ormonale. Mani: grandi come l’amico single che sta sotto la cintura. Capelli: da farci un nido. E il Gigio? Occhi: due. Mani: anche. Capelli: eroici: si possono ammirare presso il monumento dei Caduti eretto in loro onore.” Se siete ‘vittime’ del caso editoriale dell’anno e vi state chiedendo chi sia l’uomo che non pensa sempre alla fellatio, ma vi regala tanta ridatio, “Le 50 sbavature del Gigio” è proprio il libro che fa per voi. “Perché, in fondo, ridere è la cosa più erotica che c’è.”

 

“Il tempo di Mahler”, una ricerca troppo difficile da accettare

Luigi Scarcelli
ROMA
“[…] Senza passato, senza futuro e senza presente, il tempo…dov’è?”
Il Tempo e l’irreversibilità del suo scorrere: un argomento antico quanto l’uomo è quello affrontato da Daniel Kehlmann, filosofo e scrittore, nel romanzo “Il tempo di Mahler” una delle ultime uscite Voland.

 

Chi sa davvero cosa sia il tempo? Immagine mobile dell’eternità, eterno ritorno o percorso escatologico? Il protagonista del libro, David Mahler, dedica tutta la sua vita e le sue energie alla ricerca della risposta. È un fisico, e come tale indaga la natura nei suoi meccanismi più profondi, pur sapendo che una volta scoperta la Verità questa potrebbe essere troppo pesante da accettare. È un genio, un ex bambino prodigio che decide di passare inosservato perché oscuri presagi lo mettono in guardia circa il suo cammino verso la scoperta. È un uomo, e per questo viene schiacciato dalla sua stessa conoscenza, non si arrende al suo destino pur non sottraendosi ad esso.

 

Kehlmann filtra il mondo di ogni giorno dando nuovi occhi al suo personaggio. Gli eventi non sembrano più gli stessi visti da una nuova prospettiva e l’autore dà una sfumatura quasi onirica alla trama, gioca con il tempo attraverso lunghi flashback e descrizioni dettagliate di singoli istanti. Le leggi della natura sembrano vacillare, ma il protagonista non è pronto a ciò, e tantomeno lo sono le persone che gli sono attorno: Marcel, amico fedele sino all’ultimo istante, Katja la sua pseudo fidanzata, i colleghi e la gente comune; tutti lo vedono come un pazzo.

Un po’ Zarathustra, un po’ Santiago e un po’ Gregor Samsa, David Mahler si prende la responsabilità della sua nuova consapevolezza fino alla fine del romanzo.

 

“Il tempo di Mahler” è un libro denso di significati e dalla trama suggestiva, caratteristiche indispensabili per appassionare il lettore.

Ricette per il campeggio


Silvia Notarangelo

ROMA – Il piacere della buona cucina anche in campeggio. È questa la promessa del fantasioso ricettario “Il Re del fornelletto” (Terre di mezzo Editore), grazie al quale, da oggi, possiamo preparare e gustare all’aria aperta degli ottimi manicaretti, veloci ma non raffazzonati, semplici ma non banali.
Lorenzo Buonomini, giovane e promettente chef, insieme a Jacopo Manni, appassionato ed esperto campeggiatore, sono gli autori di questa divertente ed utilissima guida.
55 piatti alla portata di tutti, da cucinare rigorosamente con l’attrezzatura minima: un fornelletto. Poco tempo da passare in tenda? Nessun problema, le ricette non superano la mezz’ora di preparazione. Volete stupire i vicini di piazzola con le vostre doti culinarie? Un menù pensato per una vera cena gourmet vi salverà la serata e contribuirà a farvi apprezzare da tutti.
Si può scegliere tra primi, secondi di carne e di pesce, gustose frittate, insalate, senza dimenticare il “must del campeggio”, il barbecue. Gli ingredienti, naturalmente, sono di facile reperibilità e possono variare a seconda del luogo di vacanza.
Completano il libro consigli e suggerimenti dedicati all’attrezzatura e ai quei trucchi, indispensabili, per diventare un perfetto “chef da campeggio”.

“L’era glaciale 4. Continenti alla deriva”

ROMA “L’era glaciale 4. Continenti alla deriva.” di Howard Lee e pubblicato da Mondadori è la storia con le immagini del fortunato film. Sempre all’inseguimento dell’inafferrabile ghianda, il piccolo Scrat stavolta viene catapultato in un luogo in cui nessuno scoiattolo preistorico è mai arrivato: il centro della Terra! E questo causa un cataclisma ambientale che dà origine alla deriva dei continenti. Separati all’improvviso dal resto del branco, Manny il mammut, Diego la tigre e Sid il bradipo usano un iceberg come scialuppa di salvataggio e iniziano una incredibile avventura per i mari. Per fare ritorno a casa dovranno esplorare un mondo pieno di insidie, affrontare spaventose creature marine e difendersi da spietati pirati antidiluviani che non hanno nessuna intenzione di lasciarseli scappare!

La classifica dei libri più venduti nell’ultima settimana d’agosto

ROMA La classifica dei libri più venduti nell’ultima settimana d’agosto vede in testa il fenomeno dell’estate: le “Cinquanta sfumature…”. La fortunata serie di romanzi di James, apprezzata e criticata allo stesso tempo, è riuscita a scalzare la concorrenza italica del veterano Andrea Camilleri e del Premio Strega Alessandro Piperno. Vedremo se il mercato continuerà a tendere verso le pagine infuocate di James anche in autunno.

 

1. “Cinquanta sfumature di grigio” di E. L. James
2. “Cinquanta sfumature di nero” di E. L. James
3. “Cinquanta sfumature di rosso” di E. L. James
4. “Fai bei sogni” di Massimo Gramellini
5. “Una lama di luce” di Andrea Camilleri
6. “Il mercante di libri maledetti” di Marcello Simoni
7. “La casa dei sette ponti” di Mauro Corona
8. “Open. La mia storia” di Andre Agassi
9. “Inseparabili. Il fuoco amico dei ricordi” di Alessandro Piperno
10. “Se ti abbraccio non aver paura” di Fulvio Ervas

Russia, rivolte e gioventù: quando la letteratura incontra l’attualità.

Marianna Abbate

ROMA – Negli ultimi mesi è tornata alla ribalta la tematica legata alla mancanza di libertà di espressione in Russia. Questo ad opera di un gruppo di attiviste-punk dal nome ribelle Pussy Riot. Le PR, a dispetto del nome provocatorio hanno ben poco a che vedere con la sessualità e molto con la libertà- alcune di loro si trovano in carcere in attesa di giudizio, e molti artisti internazionali si sono espressi in loro favore. In un paese che ama seppellire i propri segreti (vedi Politkovskaja), certi comportamenti non possono essere accettati. Quale sarà il destino delle ribelli non c’è dato sapere, ed è stupido pensare che la fama internazionale possa garantire loro un po’ di clemenza: anche la giornalista della Novaja Gazeta aveva raggiunto la fama internazionale per le sue indagini sulla guerra in Cecenia.

L’autore di San’kja, il libro edito da Voland, Zachar Prilepin è un trentaseienne della Russia contemporanea. Alla sua giovane età è già veterano della terribile guerra cecena e vincitore di tutti i maggiori premi letterari della Russia. I suoi libri sono tradotti in undici lingue, e questo- dopo Patologie, è il secondo romanzo pubblicato da Voland. E’ membro del Partito Nazionale Bolscevico di nostalgie protocomuniste e attualmente fuorilegge, che si oppone a Putin.

E ci racconta i nuovi rivoluzionari. facce giovani, già vecchie- di ragazzi dalle vite perdute alle origini. Il protagonista è San’kia- Aleksandr, vive ai confini della cività, in un paesaggio rurale e dimenticato e usa abitualmente il diminutivo prediletto dalla sua nonna. Suo padre è morto nel modo più comune possibile in Russia: d’alcol; sua madre lavora di notte come infermiera. La sua rabbia non è apatica, passiva- come quella dei nostri giovani infelici e arresi. La sua rabbia è sveglia e forte e grida: Rivoluzione!

E’ un romanzo interessante soprattutto per la forma: l’attenzione del lettore si alterna tra il giovane ragazzo bellicoso e infelice, e la massa manifestante- vero protagonista collettivo. Molti sono i riferimenti all’attualità, che potrebbero sfuggire al lettore straniero, ma che ci permettono di comprendere a fondo una realtà completamente diversa dalla nostra. Dove LIBERTA’ non è sempre una parola benvista- e mantiene ancora un sapore aspro e agognato.

 

 

L’essenza della vita secondo Françoise Héritier


Silvia Notarangelo

ROMA – Lontani dal lavoro e dai frenetici ritmi quotidiani, l’estate può essere il momento giusto per riconquistare un po’ di serenità e riscoprire ciò che davvero ci rende felici.
Il sale della vita” dell’antropologa  Françoise Héritier (Rizzoli) è un’autentica miniera di spunti per riflettere su quante piccole cose possano allietare la nostra esistenza. Non occorrono eventi o situazioni particolari, a volte è sufficiente saper gustare ed apprezzare quei momenti, quei gesti, quelle occasioni che ogni giorno la vita sa regalare.
Con umorismo, leggerezza e, talvolta, una punta di malinconia, l’autrice si lascia andare ad una libera associazione di idee che prende forma nell’arco di due mesi. Una lunga riflessione in cui riconoscersi e in cui riconoscere un universo di sensazioni, capaci di strappare un sorriso ma anche di suscitare qualche lacrima.
Tutto può dare un senso, un sapore diverso all’apparente monotonia quotidiana.
Ci sono i piaceri della cucina, come “il profumo delle brioche calde per strada”, le bellezze offerte dalla natura, “il volo di una rondine”, la facoltà di compiere gesti tanto banali quanto liberatori, “fischiettare con le mani in tasca”o “appoggiare i piedi su un tavolino”.
E ancora, le piccole indispensabili rivincite personali, “dare una bella lezione ad un misogeno rispondendogli a tono”; l’adrenalina che nasce da nuove esperienze o posti sconosciuti, “veleggiare in feluca sul Nilo”; le inquietudini e i turbamenti che rendono imprevedibile il vissuto di ognuno.
L’importante, come sostiene la Héritier, è riuscire a salvaguardare “quella capacità di sentire e provare sentimenti, di lasciarsi coinvolgere…e di comunicare tutto questo agli altri”. Nulla di trascendentale, dunque, semplicemente una spassionata presa di coscienza di quella “grazia tutta speciale” che consiste “nel puro e semplice fatto di esistere”.

In viaggio con…Renato Nicolini

Bentrovati all’appuntamento di “In viaggio con…”: la nuova rubrica di audiointerviste, che anima il nostro Canale Youtube.

Antonio Carnevale e Massimiliano Augieri, due navigati e affascinanti speaker radiofonici, intervistano per noi gli autori delle più importanti novità editoriali.

Questa settimana è ospite Renato Nicolini con il suo “Estate Romana 1976-1985: un effimero lungo nove anni”.

Per ascoltare l’intervista cliccate su questo link:

Intervista a Renato Nicolini su CHRONICAtube

Oppure accedete direttamente al Canale Youtube, dal video a destra. BUON ASCOLTO!

Renato Nicolini – Estate Romana 1976-1985: un effimero lungo nove anni

Indimenticato Assessore alla Cultura di Roma negli anni che vanno dal 1977 al 1985, nella prima giunta comunista guidata da Argan, architetto e uomo di teatro, Nicolini è un intellettuale noto per il suo impegno politico e soprattutto per aver dato vita a un nuovo modello culturale per la capitale durante i tormentati anni di piombo. Con la sua opera totalmente originale, Nicolini compie il miracolo: coinvolgere la massa in grandi eventi, far partecipare importanti nomi internazionali a spettacoli collettivi, inaugurare l’epoca dei reading, delle notti animate in cui l’elemento dello stupore e dell’emozione diventa preponderante: in una parola, abbattere le barriere tra cultura popolare e cultura d’élite. Anni memorabili raccontati anni dopo in questo libro, scritto di getto nel 1991, che torna oggi in libreria con una lunga introduzione dell’autore e con la prefazione di Jack Lang, già Ministro della Cultura francese. (Città del S0le Edizioni, 2011, €15.00)

 

VerbErrando: Così in terra – l’out of the blue del 2012

Veruska Armonioso
ROMA – “Sai cosa vorrei? Rubare il freddo dell’inverno, accussì, quando viene lo scirocco, avrei sempre un po’ di sbrizzìo di vento sulla pelle e sul cuore. Di una storia, invece, vorrei ricordare solo gli attimi prima. L’attimo prima di pescare il pesce, l’attimo prima di toccare le mìnne, l’attimo prima di assaggiare l’arancia. Poi, se un giorno imparo a scrivere, mi inventerei una storia tutta di “non”: quando non sono partito, non ti ho salutato, non sono andato altrove, non lavoravo sotto un padrone e quando non ci fu la festa di piazza, non ballai con una femmina troppo bona, non ci posai un bacio in bocca lungo e sapurìto e lei non mi disse subito: baciami ancora, amore mio.”

Ci sono sapori di tanto tempo fa, quando avevi ancora qualcuno da amare in modo viscerale e semplice, senza sofisticazioni, particolari attenzioni, forzature, estetica. Quel qualcuno da amare aveva il sapore di vecchio, di trascorso, di liso, ma liso per usura, non per strappo. Se non perdi non sai cosa vuol dire restare senza, e se perdi impari cosa vuol dire ricordare. Tra i ricordi di chi c’era prima e l’intuizione di chi arriverà, ci sei tu. Con i tuoi sogni, le aspettative, i progetti, i sentimenti. Tra i ricordi di chi c’era prima e chi arriverà c’e il tuo presente.
Ho appena terminato il mio presente con lui che è diventato, da qualche minuto, chi c’era prima. Ora ci sono io. “Così in terra” di Davide Enia è il mio lui,  il mio out of the blue letterario di quest’anno.

Quando mi chiedono come editor e agente letterario con che criterio scelga i romanzi su cui lavorare, io rispondo sempre allo stesso modo.
Un libro deve possedere il mistero degli dei, la percezione che contenga una rivelazione dentro di sé a rilascio lento.
Poi, deve possedere una grande umiltà linguistica, perché la sofisticazione non deve mai essere artifizio stilistico, lo scrittore è come un pugile, se ti misuri con qualcuno devi sfoderare tutte le tue armi, ma fuori dal ring “non devi mai approfittare della tua superiorità, sennò sei un uomo di merda”.
In fine, deve essere universale, vale a dire giusto per tutti, senza nicchie, caste, gruppi o elite di preferenza. Arrivare a quante più persone possibili parlando a tutti, questa è la missione: “le parole servono sempre, basta che siano esatte. Quando un messaggio non passa è perché il vocabolario dell’interlocutore non contempla quelle parole”.

“Così in terra” è una lettura a più livelli, a strati: più a fondo vai più significati trovi, proprio come accade nella vita vera, in cui gli eventi puoi leggerli in modi diversi, a piani diversi a seconda degli occhi con cui li guardi. Ché poi la letteratura e, prima ancora la poesia, sono proprio questo, simulazioni di vita, di altre vite possibili, sognate, desiderate, odiate, temute, ma vite, pur sempre vite.
“Nicola disse che lui sarebbe rimasto lì, avrebbe continuato a curare le piante della campagna, non avrebbe smesso di affondare le mani nella terra e, quando le cose non sarebbero andate come è giusto, amen, avrebbe ricordato i momenti felici. Lui, i libri non li aveva letti. Lui conosceva solo il senso del proprio lavoro, che stava tutto lì, nell’osservare il campo seminato sapendo che non oggi, non domani, ma tra un po’, se curale e coltivate, le piante sarebbero fiorite e avrebbero dato frutti. E allora, al tramonto, slacciarsi le scarpe, lavarsi le mani, riposarsi sulla sedia buona e versarsi il vino per berlo con lentezza. Si chinò a raccogliere una pianta grassa. Era così piccola che il vaso stava tutto nel palmo.
< Te la regalo. Questa, ti fiorisce tra ventidue anni. E’ forte, ti assomiglia, non ha bisogno di niente, manco dell’acqua, un sorso ogni tre settimana d’estate e, se la curi bene, ecco.>
Ventidue anni per un germoglio. Obbligava a osservare oltre l’orizzonte degli eventi. Rosario la accarezzò. La pianta non lo punse”… è così che una pianta grassa che germoglierà tra ventidue anni diventa una fede nuziale, un sabato pomeriggio a pulire casa con la tua persona un rito privato di condivisione di intimità e un libro da leggere un’occasione.
Allora, quando mi chiedono come editor e agente letterario con che criterio scelga i romanzi su cui lavorare, io rispondo sempre allo stesso modo: il libro che scelgo deve essere un’occasione.
“Così in terra” lo è, in ogni riga, di ogni pagina.

Tre uomini, tre vite di maschi siciliani che non potrebbero essere altro se non siciliani, perché orgogliosi  e spavaldi, autentici e disincantati, prodotto di eccellenza di quella terra che ha visto cose che nel resto dell’Italia nemmeno immaginiamo. Solo che “Così in terra” non te lo fa pesare, non te la fa pesare. Non ti fa pesare niente. Non i cinquant’anni di storia lungo i quali ti fa cavalcare, non la prigionia in Africa, non la fame, non le bombe della Mafia, non la morte. Ti fa godere, dell’atro che trovi, di tutto quello che è Palermo, da cinquant’anni fa al 1992. Il dolce delle arance, la dedizione del pugilato, il mistero incantato delle puttane, il rispetto per il più forte e poi la concretezza dell’amicizia, senza viatici, senza dolcificanti: se c’è da picchiare, si picchia, se c’è da ammazzare, si ammazza, se c’è da abbracciare si abbraccia.
L’amicizia è la bandiera di questo romanzo, nelle sua forma migliore, quella della solidarietà, dell’onestà intellettuale, della semplicità delle intenzioni, quella della condivisione:
<“Sai cosa, Poeta? Dovremmo parlare a colori. Risparmieremmo parole e uno dal colore capirebbe tutto. Basterebbe conoscere i colori dei sentimenti.>
<Non è una cattiva idea.>
<E’ colorata. Comunque, Poeta, stai tranquillo, ci sono io con te.>
<Sul ring però i pugni li piglio tutti io.>
<Non è vero.>
<Come no?>
<Tu prendi sul corpo i pugni di carne, noi quelli invisibili all’anima. […] i pugni invisibili colpiscono diritto al cuore e fanno male uguale.>”
Quel senso supremo di amore tra esseri umani, che è essenza di tutte le relazioni. Quel senso di comunione che rende un’unione vera e indissolubile:
“<Poeta, come si scrive una poesia?>
<Una parola dopo l’altra.>
<E di cosa c’è bisogno?>
<Una penna e un foglio bianco.>
<Ma le ascrivi più tardi una poesia pure per me? Se mia madre era ancora viva, stasera era felice se tu vincevi perché significava che pure io ero contento.>
<Hai sbagliato tutti i tempi, Gerruso.>
<Non importa, la felicità va oltre il tempo. Per questo, io, ora, sono un po’ felice perché tra un po’, forse, c’è la nostra vittoria.>
<Nostra?>
<Sì, il tuo soprannome l’ho inventato io. Te la posso chiedere un’ultima cosa e poi basta?>
<Amunì.>
<Vinci anche per me, stasera, ne ho bisogno.>

Vent’anni fa, alla fine di questo libro, muore Borsellino. Questa settimana appena trascorsa ci ha visti, ancora una volta, in silenzio. Non un silenzio contemplativo, non un silenzio partecipe. Un silenzio di dimenticanza. Falcone ce lo ricordiamo perché è a maggio, e a maggio si è ancora un po’ (ma giusto un po’) più svegli, ma a fine luglio, signori, a fine luglio tra poco arrivano le vacanze, e poi c’è la stanchezza e poi ci sono i bimbi a casa da gestire perché le scuole sono chiuse e poi ci sono le sagre di paese e il mare nel fine settimana. Va bene non interrompere la vita, ma vent’anni sono tanta roba, signori. Vent’anni di silenzio, poi, sono ancora più che tanta roba. Vent’anni di silenzio sono troppi.
“Le guerra prima risiedeva nei racconti dei sopravvissuti, in quelle memorie tramandate la domenica pomeriggio dopo pranzo. Gli sventramenti ancora visibili nel centro della città ricordavano che sì, una guerra c’era stata, aveva distrutto ma era finita. L’esplosione di una bomba, invece, riconsegnò la guerra al presente. Fu il punto di non ritorno, assolutamente non paragonabile agli spari delle pistole. Non si poteva più far finta di niente. La quotidianità fu stravolta, così come la città, che subì una militarizzazione massiccia. […] Cambiare strada per un’intuizione improvvisa, diffidare delle facce estranee, provare ansia quando sotto casa si trovava parcheggiata un’automobile mai veduta prima. Le sirene delle voltanti risuonavano dappertutto, a ogni ora del giorno, a ogni ora della notte. Nessuna aveva cuore di dirlo, ma si attendevano nuovi attentati di Mafia. Ci volle solo un mese e mezzo perché la profezia si compisse. Un’altra bomba scoppiò, eppure Palermo non si svuotava. L’unica certezza di quella guerra fu che uscirne illesi era di per sé un fatto meritevole di lode.”

E così, questo è il mio consiglio di lettura per i prossimi giorni. Uno dei libri che ha maggiormente contribuito alla costruzione della mia coscienza. Scritto da un uomo che sa che “non vince mai il pugile con il braccio più forte, ma quello più veloce, nel corpo e nel pensiero, perché possiede un vocabolario del movimento più ricco”.
Uso Davide Enia per ricordare Borsellino, non perché sia un libro sulla Mafia, ma perché sono felice che questa rivelazione sia avvenuta proprio in questi giorni di memoria, a darmi strumenti nuovi per capire una gente, quella siciliana, che non uguale a nessun’altra. Mi vengono alla mente altri amici scrittori, come Barbara Ottaviani, amici scrittori siciliani che portano dentro di loro questa saggezza ancestrale, questa centratura emotiva, questa eredità genetica che li rende fieri e unici, lucenti e profetici. Le loro parole sono preziose perché scelte, loro sanno cosa vuol dire scegliere e lo fanno ogni giorno della loro vita. E allora lascio a Davide Enia il finale di questo editoriale, il suo punto di vista sulle parole, attraverso… parole.
“Con il tempo avrei capito come, nella comunicazione tra esseri umani, il senso transiti soltanto al livello minimo attraverso le parole. Nel sesso, per esempio, i corpi raccontano più e meglio: le smorfie, l’eccitamento, il gusto, i gemiti, il sudore. Oppure quando termina un rapporto. Pochissime esperienze sono così narrative come il silenzio tra due persone che si sono appena lasciate. Eppure nella certificazione dell’abbandono, finalmente ci si ascolta a vicenda, in un silenzio pure perché assoluto. E si comprende che l’abisso rappresentato dall’altro non è masi stato esplorato.”

 

“Se c’è una cosa che la Mafia non ha, ed è quello che prima o poi la fotterà, è la capacità di capire la bellezza.”
Davide Enia, Così in terra. Dalai editore, 2012

“Amy. Mia figlia”

Giulia Siena
ROMA
“Le canzoni sono straordinarie, ma dovette attraversare l’inferno per poterle comporre”. Sono le parole di Mitch Winehouse in “Amy. Mia figlia”, il libro scritto dal padre della celebre star inglese morta il 23 luglio 2011. Il volume, pubblicato in Italia da Bompiani, è il racconto intenso, straziante, tenero e sofferto di 27 anni di vita di un’artista geniale.

Oggi, a un anno esatto dalla scomparsa di Amy, su queste pagine trova spazio un libro che parla di una bambina vanitosa, un’osservatrice attenta, una star con le sue virtù e le sue paure, una donna che si è lasciata rovinare per amore e che, nonostante l’amore, non è riuscita a rialzarsi.
Mitch Winehouse parte dell’infanzia di Amy, dalla passione di entrambi per la musica e per le canzoni di Sinatra; racconta la semplicità, la testardaggine e la determinazione di quella bambina che amava cantare, acconciarsi con i vestiti e le collane della nonna, riuscendo a fare sembrare attente decorazioni retrò. Amy era così, era una ribelle che amava la sua famiglia e le tradizioni ebraiche, era una ragazza curiosa, esplosiva e ironica.
Amy, all’inizio degli anni duemila, sapeva quello che voleva: cantare e diventare famosa. Frequentò diverse scuole, allenò la sua voce e compose in musica con la sua chitarra le frasi che raccoglieva sul suo taccuino per gli appunti. La sua musica si fa vita e nel 2003 pubblica Frank. Ma Amy per far conoscere la sua arte doveva affrontare il pubblico; “Amy non riuscì mai a capire come tener testa alla sua paura del palco. Anche se non si sentiva male fisicamente, come accade ad alcuni artisti, a volte aveva bisogno di bere qualcosa prima di salire sul palco”. L’insicurezza, il timore di affrontare chi le stava di fronte, accompagnava l’artista quando doveva salire sul palco; allora doveva bere qualcosa, all’inizio bastava qualche drink, poi, con gli anni, divenne alcolismo.

 

A peggiorare la situazione arrivò Black, l’ossessione di Amy. Black era il ragazzo scanzonato per il quale Amy perse la testa. Nel 2006 si conobbero e Amy si lasciò trascinare nella tossicodipendenza. A questo punto la vita di Mitch non è più solo quella di un padre. Mitch da amico e confidente di Amy ne diventa anche l’angelo custode, correndo al capezzale della figlia ogni volta che un collasso o una ricaduta portavano Amy a essere l’ombra della grande donna che era. Il 2007 è l’anno decisivo per Amy: esce Back to Black, l’album che le fa scalare le classifiche mondiali e grazie al quale ottiene cinque Grammy Awards. Ma Back to Black è una dichiarazione d’amore a suo marito, Black che sposa lo stesso anno e dal quale divorzierà nel 2009. A Black, a l’uomo che secondo Mitch sarà la causa di tutti i problemi di Amy, è dedicato un album nel quale l’artista esprime anche tutto il suo dolore, la sua sofferenza e la sua voglia di uscire dalla trappola letale che è la tossicodipendenza. Sono questi gli anni più bui di Amy Winehouse come donna, ma la con l’amore della sua famiglia, l’affetto degli amici e la sua determinazione riuscirà a uscire dalla tossicodipendenza a fine del 2008. Ma la strada è ancora in salita. Nel 2010 Amy sembra rinascere: suona, compone, ama nuovamente, ha tanti progetti e vuole vivere. Nella notte del 23 luglio 2011 la sua vita si arresta e la sua voce tace. Forse un collasso per abuso di alcool.

 

“Amy. Mia figlia” è un libro scritto in soli quattro mesi, un atto di amore frutto di un diario che Mitch tiene dal 2007 e dove appunta i tanti giorni d’inferno di una tossicodipendente, i grandi momenti di gioia di un’artista geniale e le tante richieste di aiuto di una figlia in difficoltà. Un libro su Amy, una biografia intensa per raccontare al mondo che oltre alle debolezze Amy aveva una grande forza e la cosa che amava di più era la sua musica. Ora ci resta la sua voce.