“Ogni maledetta notte”, le parole di Vincenzo Zonno per Volevamo solo Ridere

“Ogni maledetta notte”
VINCENZO ZONNO – La notte non porta nulla con sé. È fastidiosa e stupida, e induce la nausea. Qualcuno vomita negli angoli. Ha bevuto senza sfogare l’alcol e il caldo li ha fiaccati fino a farli stremare in terra. Le pietre nere, lungo i marciapiedi, bollono. Smollano le tante ore di sole dell’intera giornata. Restituiscono la tortura al mittente e chi stramazzato cerca un attimo di conforto a sofferenze ampiamente volute, nell’intera nottata, sente questo bollore trapassargli il corpo. Umiliargli il viso appiccicoso di lacrime e sudore e chissà quale altro liquido rivoltante. Tu li vedi, sono tuoi amici, sono giganti. Hanno stesse vite, interessi, sogni disillusi. Tutti allo stesso modo studiano sperando in un futuro frizzante. Un esercito di artisti dell’inutile. Sognatori di sciocchezze irrealizzabili. Derelitti sparpagliati lungo i muri. Stanno lì a morire lentamente. Ci metteranno decenni. Le strade fumano imbrogliando i passi ma tu prosegui senza guardare il terreno. Lo percepisci il tragitto e ti induce un malsano piacere. Alcuni lampioni schiantano la propria luce in terra senza illuminare, e le fessure delle finestre, basse lungo i lati della via, paiono altrettanti ingressi verso mondi paralleli. La strada, di fronte, si stringe a soli pochi metri e poi scompare. Non serve guardare. Non c’è da temere. Tutto qui intorno è inferno. Al più se ne potrà finalmente uscire. Questo pensiero rapido è passato tra voi, da uno all’altro, e vi guardate tutti senza sapere di aver visto la stessa immagine straniante. Come fosse il preludio a qualcosa, insozza l’anima. Loro spariscono e tu inizi il tuo spettacolo. Hai uno smoking lucido di riflessi dorati. Dovrai svegliarti per iniziarlo lo show, quello di ogni giorno. La valletta è già pronta e tiene in mano tre buste. E piccola e si muove rapida. Sorride perché è stata pagata per farlo e non ha una vera vita a cui aggrapparsi. Due piani, oltre la tua testa, una finestra è aperta e da lì si diffonde la musica di un vinile. Se ne riconoscono gli scricchiolii anche a questa distanza. La melodia che si spande è leggera e seducente. C’è da immaginarsi la cantante. Sta dietro una tenda che si muove lentamente mossa da calde correnti ascensionali. Finte, nascono dal continuo corrompersi dei resti che l’uomo sparpaglia intorno a sé per delineare il proprio territorio. Di certo lei è francese, ha una sigaretta in bocca e, con difficoltà, si trattiene dal non tossire a ogni strofa. Graffiata, trascinata a forza sulla melodia suadente. L’unica lampada, fissata pochi metri sopra il muretto, illumina a forza un tipo che sta rullando una canna a cui non importa nulla di te e del tuo spettacolo. Impreca mentre si scanna per non perdere una sola briciola della mistura, ma non si odono le sue bestemmie. Si intuisce dai movimenti del viso e dal tremore delle mani. Lui è l’unico ad avere ombre nette che gli plasmavano i contorni mentre gli altri, l’intero pubblico, si fonde attraverso l’umidità e diviene un unico brodo caldo con tutto il resto. Tu non li conosci e loro non ti conoscono. Sceglierai qualcuno e lui sceglierà una busta. Forse uno dei tuoi vecchi amici che non riconosci più. All’inferno non servono gli amici e tutti sono felici inutilmente guardando sempre lo stesso spettacolo. Quello ha preferito la busta due e tu l’aprirai. Non prima di averla fatta mirare a tutti. Poche scritte ben marcate e partirà uno scroscio di applausi che farà gioire la valletta e spuntare un ghigno al tipo. Il verdetto è presto fatto, deciso. Il disco si fermerà e la cantante attenderà cercando di non tossire. Tu ammiccherai, come tuo dovere, leggendo e rileggendo il foglio. Dovrai eseguire affinché lo spettacolo vada avanti. Non puoi determinare nulla. Qui non ci sono stanze, è un unico luogo infinito e avverso. Io ti cerco tanto quanto tu mi sfuggi. Sono io che ho scelto. È mia la busta e io ho deciso. Lo spettacolo andrà avanti e tu non potrai più fermare il tempo. “Devi morire” dice la busta. Così è scritto e così sarà…

Cazzo… “Mamma! Stamattina non ci voglio andare a scuola!”

© Racconto di Vincenzo Zonno per “VOLEVAMO SOLO RIDERE”, iniziativa di ChronicaLibri.
Tutti i diritti riservati.
© Foto di Kenro Izu

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