"Le mamme non mettono mai i tacchi" davanti ai figli…

Marianna Abbate
ROMA – Un mestiere faticoso, complicato, sorprendente e mai noioso. Fare la mamma, un mestiere che non si può, ma si è costrette ad imparare, mentre si cerca disperatamente di limitare i danni. 
“Le mamme non mettono mai i tacchi” l’esilarante versione di Luana Troncanetti edito da Boopen led, di uno dei lavori più sfruttanti di ogni tempo.
Mille manuali preparatori accompagnano la gravidanza, ma nessuno di loro spiega cosa sia veramente “l’età dei no”, il tempo dell’aggressività, l’adolescenza, il morbillo, la varicella, i compiti a casa e ben tre mesi di vacanza. Se si facesse un referendum popolare a votazione esclusiva delle mamme, le vacanze dei dolci infanti verrebbero drasticamente ridotte ad una settimana di colonie obbligatorie. Oppure no. Perché fare la mamma rende un po’ masochiste. 
E Luana Troncanetti ci illustra tutte queste situazioni, le contraddizioni e le sofferenze di donne che non vedono nulla oltre al proprio pargoletto.  Con ironia e un po’ di sana autocritica, elenca i mille errori delle genitrici- svelando anche i segreti e quali siano gli aiuti indispensabili che permettono alle supermamme di sopravvivere, senza finire in massa negli ospedali psichiatrici.
E poi abbiamo una divertentissima galleria di ritratti di mamme di ogni tipo, dalla catastrofica, che non si sente degna dell’adozione di un coniglio, alla ridicola, che ha già iscritto il figliolo di due mesi all’università. E c’è anche la pallosa, che ti racconta per filo e per segno ogni momento passato col pupino, e tutti i ruttini che ha fatto.
Bè, io ho un po’ di amiche neomamme, e devo dire che le ho belle che catalogate. Salvo poi, sapere già quale di queste avrà il mio volto, quando un giorno toccherà a me.

"Sognando Jupiter", il diario di un viaggio

Silvia Notarangelo
Roma – È possibile mettersi in gioco, accettare nuove sfide in una età in cui il peso degli anni consiglierebbe il riposo e inviterebbe alla quiete? Sì, se si crede che i sogni non abbiano mai fine. E questo è ciò che dimostra Ted Simon con il suo Sognando Jupiter, edito da Elliot, diario di un viaggio da lui effettuato, ormai alla soglia dei settant’anni, seguendo lo stesso itinerario del suo giro del mondo del 1973.
Partire per mete uguali trent’anni dopo, con una moto BMW R80 GS, percorrendo quarantotto Paesi, sopravvivendo a due gravi incidenti, per osservare, documentare e comunicare agli altri “cosa era accaduto su quel percorso di centoventicinquemila chilometri che mi ero inventato negli anni settanta e soprattutto cercare di scoprire se riuscivo a ritrovare la persona che ero allora”, un uomo diventato mito per molti.

È questo il duplice scopo del viaggio del leggendario Jupiter nel 2001: un lungo percorso nella memoria di luoghi, incontri, sentimenti di ieri da confrontare con le emozioni scaturite dai nuovi vissuti di viaggio.

Con un racconto dal ritmo serrato, arricchito da minuziose descrizioni di ambienti, uomini cose, Ted Simon conduce i suoi lettori in Africa, in America Latina, in Australia, a Singapore, in India, in Turchia, coinvolgendoli e rendendoli partecipi delle sue riflessioni, delle sue impressioni ma anche dei pericoli incontrati in strade disagevoli, piene di buche, dei rischi corsi nel procedere affondando nel fango del Kenja o arrancando nella selva boliviana, delle difficoltà da superare alle frontiere per ottenere i visti.
Le trasformazioni che l’autore, durante il suo percorso, rileva nei luoghi e nei modi di vita sono molte e, talvolta, generano quella delusione che deriva dalla perdita di qualcosa, unita al rimpianto che “una sola cultura sia diventata così potente da rendere schiave le altre o costringerle a pagare un tributo, anche se quella cultura è la mia”. I cambiamenti sono evidenti anche negli amici ritrovati, invecchiati nel fisico, ma con un’immutata disponibilità all’accoglienza, a conferma “della grandezza del genere umano”.
Giunto al termine del suo itinerario, Ted Simon si congeda con la speranza che questo libro incoraggi a viaggiare, perché un viaggio non finisce ma continua nei ricordi, nella mente, nella ricchezza delle esperienze.

“L’ultima passeggiata”: l’intrigante giallo di Gabriella Guidi Gambino

Alessia Sità
ROMA “ È l’una di notte. Una ragazza passa veloce sul lungotevere Marzio. È vestita di scuro, con abiti dimessi. La vede un giovane impiegato di commercio, di ritorno a casa. Ode un colpo d’arma da fuoco. Si volta: la ragazza è scomparsa.” Nel suo ultimo intrigante romanzo, “L’ultima passeggiata”, recentemente edito da Mursia, Gabriella Guidi Gambino ricostruisce un oscuro caso di cronaca nera. Un giallo che scosse la città di Roma il 4 gennaio 1918 e archiviato troppo facilmente a causa della scarsa disponibilità di indizi. A distanza di molti anni, però, Lisa Gritti e il burbero penalista Giacomo Sanfelici decidono di riaprire il fascicolo, per far luce sul misterioso omicidio di quella che fu definita ‘una profuga di guerra’.

Ripercorrendo le carte processuali, la giovane donna e l’anziano criminologo scopriranno un retroscena fatto di turbamenti, amori traditi e sotterfugi.
Lentamente i personaggi prendono sempre più forma e spessore: il dongiovanni dalla vita dissoluta che seduce una giovane nobildonna, troppo ingenua per rendersi conto del doppiogioco cruedele di cui sarà vittima; e infine la bellissima e diabolica seduttrice senza scrupoli.
Attraverso una descrizione accurata in ogni piccolo dettaglio e con uno stile semplice e diretto, Gabriella Guidi Gambino offre al lettore un intrigante e misteriosa panoramica della ‘città eterna’ degli anni Venti.
L’elegante giallo si insinua nell’animo umano, svelandone ogni minima sfumatura.
Fra bene e male, la torbida vicenda viene ricostruita con estrema accuratezza e lentamente ogni tassello della storia trova alla fine la giusta collocazione.

Un "Brindisi" con Alberto Basso

Marianna Abbate
ROMA La storia di uno qualunque.  C’è chi direbbe “bamboccione”: trent’anni e una tesi ancora da iniziare. “Brindisi” di Alberto Basso, edito da La Mandragora, ci mostra uno stralcio della sua vita. 
Il ritorno a casa, il ritorno al vecchio lavoro nell’enoteca ferrarese. Il ritorno in seno alla famiglia. Tra quella gente che si parla, ma non si capisce. Che sembra esprimersi in lingue sconosciute, con monologhi autoreferenziali.

 Ritratte dalle loro stesse parole, ma anche guardate con una curiosità nuova da quel figliol prodigo: C’è la madre, sfegatata sostenitrice di Gerry Scotti, la figlia invisibile con disturbi alimentari, un fratello lontano e il padre, capofamiglia non più capo di se stesso- reduce da mille sconfitte, nella sua ultima lotta contro un male inguaribile.
E poi c’è il vino, a litri. E c’è quella tesi, di cui sopra, che porta con sè scombinati ricordi degli “anni di piombo”. 


C’è una storia d’amore all’ultimo atto e un professore fumoso e superficiale.
Tutti gli elementi di un buon film, immagini che possiamo quasi vedere nella nostra mente.
Non è un caso, infatti, che l’autore sia uno sceneggiatore. Uno che sa gestire bene i dialoghi, che sa dar loro voce.
Una lettura impegnativa, ma allo stesso tempo scorrevole, con un climax emozionante nelle pagine finali.
 

"Senza respiro". Valentina F. torna, ma con qualche "imprevisto"

Silvia Notarangelo
ROMA – È un’esperienza, purtroppo, comune. Un volo annullato all’ultimo momento ed ecco che tutti i piani sono stravolti, scatenando innumerevoli disagi e malumori. Le cose, però, non vanno esattamente così per Alicia, la protagonista del nuovo libro di Valentina F., “Senza respiro”, pubblicato da Fanucci. Per lei l’imprevisto si trasforma in qualcosa di più, in un’esperienza incredibile, capace di mettere in discussione le sue certezze.
Quando, da sola, si ritrova all’aeroporto di New York e sente annunciare “il volo 724, New York- Acapulco, è stato cancellato”, il panico è inevitabile. La settimana tanto attesa con Rudy, il ragazzo messicano di cui è innamorata, rischia di saltare.
Non conosce nessuno in città e, quindi, non le resta altro che chiamare Teresa, una simpatica ragazza italiana conosciuta in aereo, disponibile ad ospitarla in qualunque momento. Il trasferimento a casa della giovane connazionale è immediato e la permanenza negli Stati Uniti, oltre a rivelarsi più lunga del previsto, saprà riservare imprevedibili sorprese.
Dopo un primo momento di sconforto, i giorni nella Grande Mela prendono una piega inaspettata. Alicia conosce Steve, un artista sui generis, con una personale filosofia di vita ed una altrettanto particolare concezione delle sue opere. L’inizio tra i due non è certo dei migliori. Alicia è scettica, crede che sia un pazzo e Steve, da parte sua, fa ben poco per sfatare quest’opinione. Ogni incontro sembra stregato, c’è sempre qualcosa che non va. Incomprensioni e litigi non riescono, però, a nascondere un reciproco interesse che sembra crescere di giorno in giorno.
La svolta arriva quando Alicia, seppur titubante, accetta di posare per Steve. Finalmente conosce da vicino la sua realtà, vede i suoi quadri e, senza accorgersene, si ritrova catapultata in un’avventura che le farà aprire gli occhi su Steve e sul senso dei suoi giorni trascorsi a New York.
Dall’autrice di “TVUKDB”, un nuovo romanzo da leggere tutto di un fiato, nella convinzione che sì, a volte, l’immaginazione può davvero superare la realtà.

“Una pallottola per Garibaldi. Dall’Aspromonte a Pisa e Livorno.” Un affresco inedito dell’Italia risorgimentale

Alessia Sità
ROMA – “Muoveva nazioni, improvvisava uomini, abbigliava l’Europa quel parvenu della politica, visionario scamiciato di rosso, corsaro delegittimato di ogni autorità, bulimico di insurrezioni e ipnotizzatore di folle.” Inizia così il racconto di “Una pallottola per Garibaldi. Dall’Aspromonte a Pisa e Livorno” di Paola Pisani Paganelli, pubblicato da Felici Editore nel 2011.
Attraverso un mosaico di volti, protagonisti di eventi e avvenimenti che hanno fatto la storia del nostro Bel Paese, si dipana il legame fra l’Unità d’Italia e una delle figure più note del nostro Risorgimento: Giuseppe Garibaldi. Nonostante sia stato detto e scritto molto sulle gesta militari dell’Eroe dei due mondi, Paola Pisani riesce comunque a darne un ritratto poco noto e sorprendente in ogni descrizione.

In modo particolare, l’autrice fa rivivere la storia del mitico Generale che, ferito alla gamba, giunge nella patriottica Pisa per curarsi. La splendida città sull’Arno “rinomata per la dolcezza dell’inverno, per i Lungarni baciati da un eterno sole di primavera”, considerata “scrigno d’arte, ospitale e cosmopolita” grazie al suo turismo culturale e terapeutico allo stesso tempo.
“Una pallottola per Garibaldi” ha il merito, non solo di offrire un affresco inedito dell’Italia risorgimentale (Sicilia, Torino, Roma, Calabria, La Spezia, Pisa, Livorno …) ma anche di raccontare l’impresa di un “Santo laico” attraverso la storia dei ‘piccoli’ personaggi.
Pagina dopo pagina, il lettore è sempre più conquistato dalla bellezza dei paesaggi e dagli innumerevoli aneddoti che segnarono il soggiorno pisano dell’instancabile condottiero italiano.

Partendo da fonti certe e con uno stile semplice, Paola Pisani ci regala un racconto fatto non solo di eventi, ma anche di epigrafi, obelischi e cimeli dedicati ad uno dei più grandi interpreti del nostra Storia.

"Maria", l’inizio del lavoro narrativo di Lalla Romano

Giulia Siena
ROMA – E’ il 1953 quando Lalla Romano (1906-2001), scrittrice e pittrice piemontese, dà alle stampe “Maria”. Quest’opera, insieme a “Tetto murato” del 1957, segna l’inizio del lavoro narrativo della più schiva e riflessiva scrittrice del Novecento. “Maria” è il tipico esempio di romanzo del Neorealismo, in esso confluiscono l’attenta osservazione del quotidiano e le considerazioni di un occhio perspicace, quale quello della Romano. Quest’ultima crea un romanzo sulla sua donna di servizio perché vede in lei un personaggio, la perfetta protagonista di un suo romanzo. La storia è quella di Maria, collaboratrice domestica presso la stessa scrittrice.
Tra loro si crea un rapporto di rispetto reciproco, di silenzi, di affetto e di tacita stima. Ma, sono evidenti tra le righe, le controverse sensazioni della scrittrice: ogni giorno è incerta sui comportamenti da tenere con Maria e, inoltre, è perennemente sorpresa al cospetto del mondo contadino che si fa vivido dal vivere della donna.
Il romanzo si svolge nell’arco di venti anni e in questi anni tutto muta, si evolve e si rafforza. Gli anni Cinquanta “impregnano” le pagine di questo romanzo; questi anni di passaggio, di novità e di differenze culturali ed economiche intaccano il ritmo e l’intreccio del romanzo: le vite di due donne diverse si incontrano e coesistono in un mondo che si rinventa poco a poco. Maria e Lalla hanno un ponte che le unisce, è il figlio della scrittrice, il protagonista de “Le parole tra noi leggere” (Premio Strega nel 1969) e, attraverso lui, che loro riusciranno a conoscersi e a solidificare un rapporto di stima e riconoscenza.

Lalla Romano, riprende in “Maria” i temi cari a Pavese (città-società contadina piemontese), quello stesso scrittore che criticò fortemente il romanzo della scrittrice poiché si disse “stufo morto di leggere storie di donne di servizio”. Forse il giudizio di Pavese fu troppo rigido. Infatti, le storie delle donne di servizio tornano attuali negli anni Ottanta quando Magda Szabò, la più importante scrittrice ungherese dello scorso secolo, pubblica “La porta”(1987). Ed in questo libro torna il rapporto di Lalla e Maria, tornano i sentimenti convulsi e forti di una scrittrice che osserva il suo mondo nel quale vive un personaggio a cui dare voce.

Editrice Nord: "Il cuore nero d’Europa"

Valerio Martella
ROMA “Il cuore nero d’Europa” di Mila e Marco Vajani, pubblicato dall’Editrice Nord, sembra seguire un filone poliziesco che in epoca recente ha ottenuto un grande successo.
Il racconto si legge tutto d’un fiato non tanto per il desiderio di arrivare a capire il quadro generale, che, dopo le prime battute si rivela abbastanza prevedibile, quanto per scoprire l’evolversi e il concludersi dell’avventura vissuta dalla protagonista Mila e dell’azione svolta dal tenente Rolko il quale porta avanti le indagini sul macabro ritrovamento di alcuni cadaveri, orrendamente mutilati, avvenuto da parte della stessa Mila durante una gita.Quest’ultima, bella e brillante avvocata italiana in cerca di tracce necessarie per la soluzione di
un caso affidatole, si ritrova suo malgrado coinvolta nella terribile vicenda; il tenente, nel corso
della narrazione, si rivela un investigatore acuto ed efficiente, oltre che persona dotata di una certa sensibilità, ben diverso dallo scialbo personaggio che in un primo momento sembra, invece, essere.


La vicenda si svolge in varie ambientazioni, non escluso il set di film pornografici sulle cui scene gli autori si sono soffermati oltre il necessario, quasi al limite della morbosità.
Quello che del libro colpisce, e in un certo senso preoccupa, è che il racconto oltre che condurre il lettore attraverso scenari, purtroppo reali, del passato che hanno segnato tragicamente la storia e che con ampia probabilità sono comuni anche ad altre località d’Europa diverse da quella in cui è ambientato il romanzo, apre una prospettiva anche verso scenari immaginari, ambientati nel presente, raccapriccianti ed inquietanti. Questi, benché frutto della fantasia degli autori sono, tuttavia, percepibili dal lettore medio come verosimili e possibili e sono idonei, perciò a suscitare nel lettore stesso sconcerto e timore ed a lasciarlo, finita la lettura, che scorre veloce, con una sensazione di profondo disagio.

"Asma" da serial killer

Agnese Cerroni

ROMA – Molti scrittori, emergenti o non, si domandano quali elementi narrativi garantiscano la riuscita di un romanzo noir. Ipotizzando che essi siano, nell’ordine, un protagonista interessante, un delitto misterioso e una storia d’amore non troppo scontata, Stefano Lazzarini con “Asma” (Cut-up editore) ha fatto centro. Luca vive a Roma, dove lavora come consulente in una agenzia di assicurazioni. Scapolo d’oro sulla quarantina, conduce una perfetta vita da single, a base di cene riscaldate al microonde e fugaci notti d’amore nel suo tipico appartamento da single, affollato da biancheria sporca e piatti affogati nel lavabo.
A movimentare la routine del protagonista, l’ennesimo fascicolo che finisce per caso sulla sua scrivania. Pare che un pirata della strada abbia investito una ragazza, lasciandola cadavere sull’asfalto. Ma ci sono dei dettagli che solleticano il sesto senso di Luca. Per quale motivo il responsabile ha arrestato la propria corsa, è sceso dalla macchina e ha spostato il corpo della vittima, disponendolo in una posizione innaturale, per poi dissolversi nell’oscurità di una notte d’estate? C’è una qualche relazione con altri incidenti stradali occorsi negli anni di cui non è stata mai accertata alcuna responsabilità? Come il migliore dei detective, Luca inizia le indagini per proprio conto. Nessuno infatti, nemmeno la polizia, sembra dar credito alle sue supposizioni, fino a quando, in un crescendo di violenza, l’assassino torna a colpire ripetutamente, adoprando lo stesso modus operandi. C’è forse un serial killer nelle strade di Roma? E visto che sembra scegliere casualmente le sue vittime, ci si può realmente sentire al sicuro mentre si traversa la strada?

"Le vie dell’orto" sono infinite

Giulia Siena
ROMA “Non c’è un orto uguale all’altro, l’orto è come lo specchio della persona, l’orto esprime il carattere, il buon gusto, la volontà di una persona, tutte queste buone cose che se non ci sono è meglio lasciar perdere, che facciano gli altri!” Sono tanti i personaggi che popolano “Le vie dell’orto”. Infatti, nel libro di Pia Pera pubblicato da Terre di Mezzo Editore, i protagonisti sono donne e uomini che voltivano con passione e pazienza il proprio orto. Naturalmente, a questi personaggi determinati ma allo stesso tempo secondari, si aggiungono le vere star del volume: le piante. Di ogni forma, colore, odore, sapore, stagionalità, fioritura ed esigenze, le piante raccontate dalla penna di Pia Pera sono quelle che con la giusta accortezza possiamo portare in tavola seguendo i ritmi della natura. Allora apriamo “Le vie dell’orto” per cimentarci con terreno, innafiatoi e concime e conosciamo subito le erbe selvatiche, il carciofo e il topinambur del signor Angelo, i pomodori di Massimo, le melanzane e i peperoni di Franco, i profumi delle piante aromatiche di Luisa e i lamponi di Emanuela. Scopriremo così un mondo fatto di lavoro, cura, costanza e gioia perché l’orto “deve essere un grembo dentro a un grembo. Deve esprimere la nostra umile operosità a contatto con la natura selvatica.”