Le infinite possibilità della vita ne “Il latte versato”


Silvia Notarangelo

ROMA– “Nulla è più vero di una storia inventata”. Con queste parole, Cristiana Bullita si congeda dai lettori al termine del suo nuovo romanzo “Il latte versato” (DEd’A Edizioni). Ed ha ragione. Perché ci sarà anche una buona dose di immaginazione, ma le vicende che descrive non solo sono saldamente ancorate alla realtà, ma la rappresentano senza filtri, così com’è, nei suoi momenti più e meno piacevoli.
Con sensibilità, umorismo e, a tratti, una vena di malinconia, l’autrice delinea il ritratto accorto e delicato di quattro amiche non più giovanissime, consapevoli di un vissuto che non si può cambiare, ma decise a credere nella vita e nelle sue imprevedibili possibilità.
Chiara, Carla, Angela e Francesca sono quattro donne cinquantenni, legate da una profonda amicizia. Hanno personalità diverse, hanno affrontato esperienze diverse, rivelano un modo diverso di approcciarsi alla vita. Eppure, in loro, si avverte una profonda, comune inquietudine che le rende precarie, in bilico tra il desiderio di andare avanti, di proiettarsi nel futuro, e un passato, talvolta doloroso, che continua a farsi sentire sotto forma di ricordi e di rimpianti.
Ma c’è qualcosa, di ancora più forte, che le accomuna: l’amore, in tutte le sue sfaccettature. Per Chiara, insegnante di storia e filosofia, è un sentimento, mai sopito, per quel suo compagno delle elementari, tale Franco Ruscitelli, la cui ricerca forsennata continua a scandire le sue giornate. Per Francesca, scottata da una precoce relazione finita male, si trasforma in passione, una passione estraniante che la fa “vivere al di fuori del recinto angusto della ragione”. Nell’esistenza di Angela, all’amore inconsolabile per una vita stroncata si unisce un’inarrestabile voglia di riscatto, un desiderio disperato che, non soddisfatto, rischia di farla scivolare in un abisso sempre più profondo. È un sentimento platonico, ma vibrante e adrenalinico, quello di cui non riesce a fare a meno Carla, talmente stordita dal vortice delle emozioni da non rendersi conto che qualcosa non va.
Nell’arco di una giornata apparentemente come tante altre, le quattro protagoniste avranno modo di fare i conti con se stesse, con le proprie debolezze e i propri errori, con un passato che sembra offrire una nuova, inaspettata opportunità, ed un presente che riserva, invece, spiacevoli quanto prevedibili sorprese.

“Una casa di petali rossi”: un romanzo che profuma di India

Alessia Sità

ROMA – Nulla è più eccitante che cercare la verità e trovarla”.
E’ questa la certezza che anima totalmente “Una casa di petali rossi”, il romanzo di Kamala Nair pubblicato da Editrice Nord. La storia di Rakhee ha inizio da una misteriosa lettera, che la spinge a ritornare in India a distanza di moltissimi anni dal suo primo viaggio. Quello compiuto da Rakhee non è solo un ritorno alle proprie radici, ma è una sorta di catarsi, necessaria per poter intraprendere una nuova vita, accanto all’uomo che sta per sposare. Lentamente la giovane donna rivive, in un lunghissimo flashback, l’estate in cui lei e Amma lasciarono Aba e Plainfield per trasferirsi in India, nel villaggio natale della madre. Il ritorno alle antiche radici segnerà per sempre la vita di Rakhee, stravolgendo completamente anche l’esistenza delle sue ziee e delle sue chiassose cugine. Improvvisamente, quel segreto tenuto nascosto per troppo tempo riemerge, riportando con sè vecchi demoni difficilmente occultati. La scoperta della verità però ha sempre un prezzo da pagare e comporta anche qualche perdita, compreso l’amore. Rakhee ne è consapevole fin da bambina; ma nonostante le terribili conseguenze che la sua sete di conoscenza può avere, persiste tenacemente nella sua ricerca. Il desiderio di vincere la paura la spinge ad addentrarsi oltre l’impenetrabile giardino, che la sua famiglia ha tentato di difendere con tanta ostinazione per molti anni. La casa dei petali rossi non è semplicemente custode di un segreto, ma rappresenta allo stesso tempo l’unica chiave per la libertà. Fra profumi, antiche leggende e intensi sapori dell’India – illuminata da splendidi raggi di sole e talvolta annerita da cortine di pioggia – Rakhee ripercorre la storia della sua misteriosa famiglia. La scoperta di un passato doloroso, difficile da accettare, sarà per la giovane donna un passo fondamentale per spezzare definitivamente il legame con la vita precedente e per aprirsi a un futuro di promesse di gioia e, forse, anche di perdono. Attraverso il racconto delle mille sfumature dell’anima umana, Kamala Nair ci regala una storia intensa, fatta di emozioni, profumi e colori sgargianti.

 

“Le nebbie di Vraibourg” il romanzo di esordio di Veronica Elisa Conti

Alessia Sità
ROMA – Durante il tragitto vide la città di sfuggita, ma quel poco bastò a deluderlo: era piccola, poco più di un paese e sembrava non offrire molte occasioni di vita mondana. Addio sogni di cene lussuose, serate all’Opera e nei locali di musica. La campagna era secca, sferzata dal vento, corteggiata dai boschi che infine la conquistavano. La carrozza si introdusse in un viale fiancheggiato da pini secolari. Etienne pensò che sembrava la strada del camposanto. Alla fine del viale si apriva un giardino con una fontana al centro. Al di là il castello e tutto intorno il bosco. Etienne scese dalla carrozza e guardò davanti a sé: il castello della Guyenne si stagliava contro il cielo scuro. Qualcuno lo osservava da dietro una tenda.” È questo lo scenario che si presenta al giovane Etienne Dorin non appena giunge nel piccolo paese normanno di Vraibourg.
Vincitore nel 2011 del Premio Luigi Malerba di Narrativa e Sceneggiatura, il romanzo di esordio di Veronica Elisa Conti – “Le nebbie di Vraiborug” edito da MUPci trasporta in una gelida Normandia dall’atmosfera gotica e misteriosa. Protagonista della storia è un giovanissimo ragazzo di appena diciotto anni, che dopo essere stato chiamato dal nobile Tancrède Des Essarts, per istruire l’enigmatico Dorian -‘volto bianco nell’oscurità’-  decide di trasferirsi nel freddo castello di Guyenne. Ad alimentare il senso di inquietudine che aleggia nei luoghi della piccola cittadina è anche l’atteggiamento ambiguo dei personaggi che la abitano. La tranquillità apparente di Etienne presto è sconvolta dall’incontro con l’indipendente e schietta Ophélie De Clary e la solare fanciulla parigina, Madeleine Muset. Ben presto, il giovane viene coinvolto, suo malgrado, nella ‘nebbia’ che avvolge l’anima e il passato dei vari personaggi che incontra sulla sua strada. Tutti a Vraibourg sembrano nascondere qualcosa ed essere a conoscenza di strane storie sulla famiglia Des Essarts; ma l’ipocrisia della società borghese è difficile da scalfire e questo Etienne lo sa bene. La ricerca della verità per il giovane istitutore diventa sempre più insidiosa. La realtà con la quale dovrà fare i conti è molto diversa da come sembra. Sangue, menzogne e rancore sono al centro di tutte le vicissitudine di Vraiborug.

 

Con uno stile sobrio ed essenziale, Veronica Elisa conti ci regala una straordinaria storia senza tempo, in cui il mistero permea l’intreccio narrativo, basato sostanzialmente sulla continua dialettica fra verità, mistero e falsità.

 

“Un matrimonio e altri guai”: effetti indesiderati di un’unione

Silvia Notarangelo
ROMA – Il titolo dice tutto, “Un matrimonio e altri guai”. Sì, perché spesso le tanto desiderate nozze sono precedute da tensioni, preoccupazioni, inaspettate prese di posizione che rischiano di offuscare, se non addirittura di pregiudicare, il lieto evento.

Ne è consapevole anche l’autrice di questo romanzo edito da Garzanti. Con leggerezza, ironia, sensibilità, Jeanne Ray riesce a cogliere e, talvolta, sdrammatizzare tutte quelle situazioni, quegli interrogativi, quelle perplessità che ossessionano i familiari degli sposi.
L’atmosfera si preannuncia elettrizzante fin dall’inizio: una futura moglie dall’apparenza raggiante ma intimamente tormentata dai dubbi (meglio lui o l’altro?), un futuro marito ricchissimo e inappuntabile, una zia disperata che arriva all’improvviso dopo essere stata scaricata dal marito per una giovane amante.
L’incontro, tra i due tendenzialmente opposti stati d’animo, avviene in una casa dove, con tempismo perfetto, le fondamenta stanno pian piano cedendo rendendo precaria l’intera struttura. È la casa di Tom e Caroline, i genitori della sposa. Lui difensore d’ufficio, lei insegnante di danza, sono ancora innamoratissimi, pur essendo “inciampati nel matrimonio, nell’essere genitori, nella vita” a soli vent’anni. Ora, però, è diverso, perché a compiere il grande passo è Kay, la loro bambina ormai cresciuta, che sfoggia al dito un incredibile anello di fidanzamento. Tutto bene, dunque, se non fosse che sposare Trey Bennett, il miglior partito della città, significa intraprendere l’insidiosa strada dei preparativi di un matrimonio a cui, limitandosi agli intimi, non possono partecipare “meno di mille invitati”. E, come da tradizione, le spese della cerimonia spettano alla famiglia della sposa.
È il panico. Tom e Caroline iniziano a fare i conti, non ce la faranno mai. E allora che cosa fare? Ammettere la propria inadeguatezza economica, nella velata speranza che Kay si accorga nel frattempo di amare l’altro, “il povero”, o far finta di niente ed affidarsi ad un miracolo? In un susseguirsi di confessioni inattese, improvvisi isterismi, vecchie questioni mai risolte, si arriva alla fine della storia con una consapevolezza: i guai non arrivano mai da soli.

ChronicaLibri ha intervistato Francesco Rago, autore di “Dolce come il piombo”

 

Alessia Sità

ROMA Qualche mese fa ho letto e recensito il romanzo di Francesco Rago, “Dolce come il piombo” pubblicato da Edizioni Montag nella collana Le Fenici. La storia di tre ragazzi di provincia che lottano, con ostinazione, per farsi spazio in un mondo che troppo spesso ha delle regole crudeli, mi ha veramente tenuta sospesa fino all’ultima pagina, spingendomi a riflettere molto sull’ineluttabilità del destino. La vicenda di Lepre, Fuoco e Saetta e la scrittura di Francesco Rago mi hanno decisamente conquistata. Oggi ChronicaLibri vi propone l’intervista all’autore.

“Dolce come il piombo”, se non sbaglio è una sinestesia? Qual è il significato profondo di questo titolo?
A un certo punto del libro c’è una frase: “Lucia continuava a vivere nei suoi pensieri, alcuni dolci come il miele, altri pesanti da digerire, come il piombo”. Il romanzo è costruito sulla linea sottile che scorre fra la dolcezza dell’amicizia e della gioventù, e l’amarezza della separazione e della perdita, fino al punto in cui le due cose si mischiano fra loro e non si distinguono più.
Cosa ha ispirato la storia di Ivan, Fabrizio e Carlo?
Avevo voglia di raccontare l’amicizia, quella vera, e per farlo mi sono ispirato a una provincia e a un’epoca in cui forse c’era più spazio per sognare.
Quanto di Francesco Rago c’è nella storia di Lepre, Fuoco e Saetta? Qual è il personaggio a cui ti sei legato di più?
Nella storia di Lepre, Fuoco e Saetta direi che ci sia poco e niente del mio vissuto, nel senso che i personaggi appartengono a un periodo storico e a un microcosmo che non sono i miei. Durante la scrittura mi sono legato in egual misura a ciascuno di loro, nella mia visione è un po’ come se tutti e tre fossero un unico personaggio, una sorta di tre di uno.
Il tuo libro oscilla fra dolcezza e amarezza. Dalla spensieratezza infantile alla consapevolezza della maturità adulta. Possiamo dire che il tuo romanzo è una lucida riflessione sullo scorrere del tempo e sull’ineluttabilità del destino?
Credo che quelle cui fai riferimento siano senz’altro tematiche centrali. Nel corso della vicenda i protagonisti crescono e si evolvono, e a un certo punto si crea una distanza fra ciò che diventano e ciò che invece avrebbero dovuto e potuto essere. Ma com’è possibile stabilire e misurare questa distanza? Non è possibile, ed è in questa sorta di buco nero che si concentra la loro storia.
Mi ha colpito molto la tua straordinaria capacità introspettiva. Nel tuo libro, descrivi accuratamente personaggi e particolari di ogni tipo con estrema precisione. Ogni dettaglio è funzionale al racconto e permette al lettore di affezionarsi ai protagonisti. Quanto conta l’intreccio narrativo in un libro?
In un romanzo come il mio, che abbraccia un arco di tempo di quasi trent’anni, mantenere un coerente intreccio narrativo è fondamentale, altrimenti c’è il rischio che la storia si sfaldi e il lettore si smarrisca in corso d’opera. La difficoltà in questo caso era di gestire tre protagonisti contemporaneamente, cercando di mantenere ritmo e interesse nelle vicende di ognuno. Penso che venga spontaneo affezionarsi a Lepre, Fuoco e Saetta perché sono caratterizzati da una forte umanità.
Cosa rappresenta per te la scrittura?
Mi rivedo molto in questa affermazione di Salgari: “Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli”. Per me la scrittura rappresenta anche e soprattutto un viaggio mentale, un momento di evasione, di libertà.
Attualmente stai lavorando a qualche progetto particolare?
Ho concluso un nuovo romanzo, per certi aspetti molto diverso dai miei lavori precedenti. Ora sono in attesa di trovargli una sua collocazione editoriale.
Da scrittore quali sono le 3 parole che preferisci?
Non mi pare di avere delle parole preferite, ma queste mi piacciono: zazzera, limaccioso, anfitrione.

 

Un’amicizia per sempre


Silvia Notarangelo

ROMA – Ross ha diciassette anni, scrive racconti di avventura e quando, in uno stupido incidente, perde la vita, i suoi tre amici, Sim, Kenny e Blake decidono che non possono lasciarlo andare così, che merita qualcosa di più di uno squallido funerale. Cercare vendetta verso quanti, negli ultimi tempi, gli hanno reso la vita difficile non basta. Per il loro amico occorre pensare a qualcosa di veramente speciale.
È un’avventura intensa e, a poco a poco, sempre più coinvolgente quella regalata da Keith Gray nel suo nuovo romanzo “Quel che resta di te”, pubblicato da Piemme (collana Freeway).
A raccontare, in prima persona, è Blake, apparentemente il più impacciato e complessato dei tre, in realtà terribilmente determinato e combattivo. Il piano messo a punto dai ragazzi, dopo qualche esitazione, è relativamente semplice: portare il loro amico, o meglio la sua urna, a Ross, l’omonimo paesino della Scozia dove da sempre sarebbe voluto andare. Tutto facile sulla carta, un po’ meno nella pratica. Il furto dell’urna, la preoccupazione dei genitori, la polizia che si mette sulle loro tracce e un inconfessabile segreto che stenta a venire a galla. Saranno due giorni intensi per i tre ragazzi, e non solo per i vari imprevisti con i quali dovranno fare i conti.
Il viaggio sarà un’occasione di riflessione, un momento per guardarsi dentro e ammettere che forse le cose sono un po’ diverse da come si sono immaginate per tanto tempo. I sensi di colpa iniziano ad affiorare, ognuno sente di avere la sua parte di responsabilità ma, come spesso accade, riversa sugli altri le proprie mancanze.
Alla rabbia si unisce un tremendo senso di impotenza. Lo scontro è dietro l’angolo e i tre si dividono. Alla fine del viaggio solo Blake e Kenny si ritroveranno a Ross, su un bordo roccioso, per dire finalmente addio al loro amico.

“Lo specchio del mio segreto” il nuovo romanzo di Samar Yazbek, autrice del best seller “Il profumo della cannella”

 

Alessia Sità

ROMA “Ma perché andarci? Non si domanda perché Said Nasser l’ha abbandonata per anni? Cosa vuole da lui, dopo tutto quello che è successo? Forse chiedergli perché le ha fatto questo. Forse lo ama ancora. Il cuore di Leila ha smesso di battere. E lei ha capito, nelle notti del suo lungo vagare dentro la prigione, che non avrebbe più ricominciato. Perché ha aspettato tutti questi anni per andare da lui? Vuole sapere per quale motivo si strugge al pensiero di vederlo: è voglia di morire o voglia di tornare a vivere?”
Samar Yazbek, autrice del best seller “Il profumo della cannella”- censurato in Siria dall’Unione degli scrittori arabi – torna in libreria con nuovo seducente romanzo: “Lo specchio del mio segreto” pubblicato da Castelvecchi Editore. Fra passione, erotismo, odio e vecchi rancori, si dipana la conturbante storia di Leila e Said. Lei, giovane e affascinante attrice a Damasco, appartenente alla setta degli Alawiti. Lui, soldato sunnita temuto ed esasperatamente fedele al suo Presidente, “(…) diventato la cosa più importante che aveva nella vita, più dell’idea del matrimonio o delle scappatelle con le donne, che erano ormai di dominio pubblico”. Purtroppo, l’eccessiva o forse anche ossessiva devozione al Regime, trasformano e induriscono il cuore del ragazzo, che decide di mettere a tacere i suoi sentimenti per la bella Leila al-Sawi nel nome della politica e del suo totale asservimento. E, infatti, quando la Ragion di Stato irrompe nelle loro vite, Said decide di abbandonare la sua amata alle più atroci torture e violenze del Regime e della prigionia. Nonostante l’agonia subita durante gli anni del carcere, lo sfinimento del corpo e la mutilazione dello spirito, Leila non ripudierà le proprie origini e le proprie credenze. La fede religiosa e l’idea della reincarnazione, le daranno la forza per continuare ad andare avanti, mettendo alla prova il suo amore. Attraverso una serie di flashback, Samar Yazbek ricostruisce lentamente la travagliata relazione fra i due disperati amanti. In ogni pagina rivivono storie, voci e profumi del passato. Con un stile a tratti fiabesco, la scrittrice siriana ci regala un romanzo fatto di donne, passione e sentimenti. “Lo specchio del mio segreto” ci trascina in una terra lontana, facendoci scoprire la bellezza, la storia passata e la sofferenza di un Paese che brama ancora troppa libertà.

 

Un cielo ancora rosso


Silvia Notarangelo

ROMA – “Un male universale ha dato loro la possibilità di uccidere persone sconosciute…un male tanto grande per cui essi portano terrore e morte e distruzione senza pensarci, con la coscienza di compiere un dovere”. Il male universale, in virtù del quale gli aerei americani sganciano bombe seminando morte e distruzione nelle cose e nei cuori, è il tema centrale del romanzo “Il cielo è rosso”, scritto da Giuseppe Berto e pubblicato nel 1947.
In una Treviso ridotta ad un mucchio di rovine, l’autore ambienta una storia di estrema disperazione e di miseria, offrendo una sincera ed efficace rappresentazione di quei sentimenti che, pur in terribili momenti, riescono, in qualche modo, ad emergere.
Carla e Giulia, due cugine adolescenti rimaste sole, si trasferiscono in una vecchia casa abbandonata insieme a Tullio, un giovane innamorato di Carla.
Per sopravvivere non ci sono grandi possibilità e il trio si arrangia come può: Tullio si dedica al furto, Carla alla prostituzione. Del gruppo entra a far parte anche Daniele, un ragazzo di estrazione borghese, fragile e ingenuo, ma soprattutto incapace di capire e di accettare i comportamenti degli altri. La solidarietà e un affetto reciproco, tuttavia, rendono i quattro sempre più uniti fino a creare, di fatto, due coppie: una, dall’apparenza più forte e scaltra, costituita da Tullio e Carla, l’altra, più sensibile e indifesa formata da Daniele e Giulia.
Mutare il corso del male universale è, però, impossibile così come trovare delle vie d’uscita e anche i protagonisti non potranno sottrarsi ad un crudele destino.
La loro inaspettata quanto precaria felicità viene infranta dalla morte di Tullio. Il delicato equilibrio si spezza: Daniele non riesce a trovare un lavoro, Carla non è in grado di mantenere tutti, Giulia, piuttosto cagionevole, muore di lì a poco, stroncata dalla tisi.
Per Daniele è un dolore insopportabile. Nulla sembra riuscire a consolarlo, neppure le attenzioni di Carla che si fanno più insistenti. Il giovane si toglierà la vita lanciandosi da un treno, dopo essersi tolto “mantello e giubba” perché potessero servire a qualcun altro.

“Dolce come il piombo”: un romanzo di piccole cose che diventano vita

Alessia Sità

ROMA –Andarono dietro al granaio a prendere le pistole che il nonno di Fuoco aveva costruito per loro, intagliando dei pezzetti di legno. «Io faccio la guardia!» esclamò solenne Fuoco. «Conto fino a dieci e poi vengo ad arrestarvi.» Voleva fare la guardia, come suo padre, per stare dalla parte dei buoni. «Prova a prenderci» dissero correndo Lepre e Saetta.”
Si apre con questo tono di spensieratezza “Dolce come il Piombo” il nuovo romanzo di Francesco Rago, pubblicato da Edizioni Montag nella collana Le Fenici. Dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, in un piccolo paesino alle porte di Bologna, si dipana la storia di tre giovani ragazzi, amici per la pelle: Ivan, Fabrizio e Carlo. Conosciuti anche con i simpatici soprannomi di Lepre, Fuoco e Saetta. Tre storie di vita che si incrociano dall’infanzia all’età adulta, attraverso un continuo avvicendarsi di avvenimenti che, gradualmente, segneranno l’inesorabile corso del destino di ognuno di loro. Lepre, abile e scattante, è una promessa del calcio. Fuoco, paladino della giustizia, sente la necessità di impegnarsi concretamente nel movimento studentesco, nel quale riversa tutti i propri ideali. Inquieto e cresciuto troppo in fretta, a causa della morte prematura del padre, è Saetta; diventato operaio fin da subito, per aiutare la propria famiglia. Col passare degli anni, i tre ragazzi, ormai uomini adulti, scopriranno quanto la vita possa essere crudele. La loro amicizia verrà messa duramente alla prova. Improvvisamente Ivan, Carlo e Fabrizio giungeranno alla consapevolezza che il tempo dei giochi spensierati e del loro consueto “bighellonare tra le strade di ciottoli grigi e i campi gialli di grano che circondavano il paese” non tornerà mai più. E infatti, la cruda realtà non tarderà ad arrivare. Lepre, Fuoco e Saetta impareranno molto presto quanto sia stato effimero lottare così ostinatamente per il successo, gli ideali, il lavoro, quando a farne le spese sarà qualcosa di molto più prezioso. Con grande capacità introspettiva, Francesco Rago ci regala un romanzo fatto di piccole cose, ma che contestualizzate nel vivere quotidiano diventano vita. “Dolce come il Piombo” è una profonda e costante riflessione sull’amicizia e sull’ineluttabilità del destino.

Complicità e omertà in “Boschi & Bossoli”


Silvia Notarangelo

ROMA – Un generale affermato ma ancora in cerca di successo, un sindaco incapace di opporsi ai ricatti di presunti investitori, la mafia che, silenziosamente, riesce ad insediarsi in una regione del centro Italia, conosciuta “per la sua bellezza e tranquillità”.
Leggendo “Boschi & Bossoli”, il romanzo di Michael Gregorio, alias Michael Jacob e Daniela De Gregiorio (Edizioni Ambiente), non si può fare a meno di riflettere su come si attivino certi strani meccanismi e su cosa, in realtà, si nasconda dietro.
Voluta e architettata dal Generale Corsini, l’operazione Boschi & Bossoli scatta alle 5.15 dell’11 settembre, coinvolge intere formazioni di uomini e si conclude con l’arresto di una probabile cella terroristica. Tutti contenti dunque. I titoli di giornale si sprecano, la soddisfazione è alle stelle e, a trionfare, è ancora una volta lui, la “Leggenda”, il Generale Corsini. Anche in questo caso il suo intervento è stato determinante. Soprattutto dopo quei due proiettili che, indirizzati alla Presidentessa della Regione, avevano destato non poco scalpore.
Peccato solo che a finire in carcere siano quattro ragazzi innocenti, individuati tra i tanti che si schierano contro l’abusivismo edilizio e, accusati, per l’occasione, di essere pericolosi ecoterroristi che celano la propria vera identità dietro un apparente amore per la natura.
Nessuno potrà mai sospettare che i veri responsabili siano politici, professionisti, forze dell’ordine che si rendono complici del dilagare delle mafie, a volte per paura, spesso per puro interesse personale. E se anche chi si accorge che c’è qualcosa che non va preferisce tacere o viene volutamente messo in disparte, allora davvero certi meccanismi sono destinati a perpetuarsi, indisturbati, nel tempo.