Salani, “Dante per chi ha fretta”: una vignetta per comprendere la fortuna di un capolavoro immortale

Dante per chi ha fretta_Sovra.inddDaniela Distefano
CATANIA – Dove si trovi esattamente in questo momento è arduo da stabilire però è certo che la mappa per l’aldilà che ha approntato 750 anni fa è ancora fruttifera di indicazioni, segnali stradali nel cammino dalla Vita al Trapasso. Parliamo di Dante Alighieri, la nostra eredità non solo letteraria, il nostro cervello più menzionato, la voce più articolata della nostra poesia, l’uomo che ha amato una donna- angelo con gli occhi puri di un devoto.
Henrik Lange negli anni ’90 era illustratore di libri per ragazzi. Oggi vive in Svezia, dove lavora insieme a Katarina alla realizzazione dei volumi della sua ormai famosissima serie Per chi ha fretta. Dopo uno studio approfondito di Dante, della sua epoca e della sua opera Henrik e Katarina hanno concepito per i lettori italiani (Salani) affidandone la traduzione ad Alessandro Storti. Continua

“Incontriamoci all’Inferno” con un Dante spensierato.

Giulio Gasperini
ROMA – E se Dante diventasse meno austero e istituzionale? E se fosse possibile scherzare con la Commedia, la più grande opera che l’umanità letteraria abbia mai pensato e partorito? E se immaginarsi le liti, i bisticci, le incomprensioni tra Dante e la moglie Gemma non sottraesse nulla alla magia dell’opera ma, anzi, ce l’avvicinasse e la rendesse più familiare? Cinzia Demi, toscana di origine, lancia un invito e una sfida: “Incontriamoci all’Inferno”, edito da Pendragon nel 2007 e ripubblicato in nuova edizione nel 2010, non è una semplice “parodia” dei fatti e dei personaggi che formano quel “racconto di incontri” che è la Commedia, ma è una maniera nuova e quasi rivoluzionaria di penetrare nella complessità della materia e della forma poetica. Come strumento la Demi utilizza quella stessa ironia con la quale Dante aveva così sapientemente tessuto il suo poema, le sue sillabe poetiche, le sue metafore e le immagini ricche di vita e di quotidianità. Dante aveva scherzato su tutto, su ogni aspetto dell’uomo, della vita, della religione, senza farsi problemi e senza timori reverenziali sulla materia trattata.
Si comincia con una lettera che un fiorentino invia al suo illustre concittadino, rimproverandolo per aver seminato il terrore su quello che, nell’oltretomba, i morti avrebbero trovato: “Va bene che c’avevi rabbia ‘n corpo e core / ma la paura ci fe’ ghiacci marmati / e pe’ secoli s’è tramandato ‘l terrore”. Poi si prosegue con il catalogo delle donne più importanti, da Bice Portinari (che, insieme a Rossana Fratello, canta “sono una donna non sono una santa”), al dialogo tra Pia de’ Tolomei, Francesca da Rimini e Piccarda Donati, infastidite tutte dalla presunzione di un Dante che crede di poterle ridurre loro e le loro vite a una manciata di sillabe: “Nessun uomo, nemmen’il Poeta / ha, in nessun tempo, mai afferrato / di quanta giustizia è fatta la meta / che può raggiunger sol chi ha capito / quanto noi donne siamo speciali / nel sentimento e nella ragione / e che ‘un siamo tutt’uguali / ma ognuna di noi è pur’emozione!”. Poi ci sono gli uomini, da Ulisse al Conte Ugolino; e poi ci sono i demoni, da Caronte a Pluto, che affermano, in tutta onestà, qualche lato divertito e divertente della loro personalità. E poi la Demi crea dei contrasti, delle dispute verbali sul modello della tenzone, così tanto di moda ai tempi di Dante: Gemma Donati litiga con Dante per la sua infedeltà di sguardi (“Madonnina mia che attaccabottoni! / Tu e tu’ amici rimatori e la sapete lunga: / ‘n chiesa co’ santi e ‘n taverna co’ ghiottoni, / e la lista de le conquiste qui s’allunga! / E io a casa: co’ tutto quello ch’ho portato ‘n dote / oberata di figli, mai nelle tu’ opere citata: / che forse ti riscordi cosa disse ‘l sacerdote? / Che so’ meno gentile e onesta di ‘sta Bice dannata?”), Bonifacio VIII e Celestino V si confrontano ironicamente sui loro peccati, Virgilio protesta con Dante di averlo sfruttato per accompagnarlo e gli angeli e i demoni si offendono con lieve sarcasmo.
La lingua della Demi è corposa, densa, plastica. È una lingua tangibile, deittica perché figura un hic et nunc applicabile a ogni momento, ogni attimo, a ogni realtà che possa presentarsi a ognuno di noi. È la lingua che si usa correntemente in Toscana, è quella che ribolle come magma e fluisce come acqua potente. È una lingua che può essere giustamente declinata anche negli incontri che caratterizzano la Commedia, negli incroci di persone e di realtà, nella varietà delle situazioni. Con Dante, insomma, si ride e si scherza, senza per questo perdere la potenza delle sue parole e del suo messaggio ma, anzi, calandolo in una ricca quotidianità e capendo più intensamente la grandezza della poesia.