“Miss Lonelyhearts” di Nathanael West, il geniale libro curato da Cristina Iuli per Marsilio

Daniela Distefano
CATANIA“Di nuovo in strada, Miss Lonelyhearts si domandò che fare. Al posto del cuore gli sembrava di avere una bomba, una bomba complicata che sarebbe terminata con una semplice esplosione, distruggendo il mondo senza neanche farlo prima tremare”.
Miss Lonelyhearts (Marsilio) di Nathanael West è un romanzo irriverente, aguzzo, spassoso, frizzante, sferzante, incentrato su un individuo che si lascia trasportare dall’emotività del suo mestiere anomalo, cioè quello di curare la rubrica di un giornale e dispensare buon senso e frasi solutive sui problemi, a volte tragici, della più varia dell’umanità.
“Non sarebbe mai riuscito a dimenticare le lettere”, croce e delizia della sua quotidianità. Le prova tutte, poi si accascia su se stesso: “Finalmente andò a letto. Prima di addormentarsi fece voto di provare sinceramente a farsi umile”.
Il romanzo è organizzato in una sequenza di cornici narrative attraverso il racconto delle vicende di Lonelyhearts che, all’inizio di ogni capitolo, introduce diverse microstorie incastonate nel testo. Continua

Eleonora Sottili, con “Se tu fossi neve” va alla ricerca del momento perfetto

se tu fossi nevePARMA “Ok, senti, hai ragione. Non è che proprio ti conosco, ma è comunque moltissimo tempo che penso a te, da quando ti ho visto alla Grand Central Station, ti ricordi? Charlie Todd aveva detto a tutti di bloccarsi per far sembrare che la stazione fosse congelata. Ed ecco, noi due ce ne stavamo lì a pochi passi uno dall’altro e tu eri di schiena e ti stava per cadere il cappello… Ho pensato, appena mi scongelo vado da lei e la conosco, ma poi tu sei sparita, la gente ha cominciato ad applaudire e quando sono arrivato alla biglietteria tu non c’eri già più, e allora ecco ho cominciato a cercarti”. Jason cercava quella ragazza da anni, ben due anni, da quell’improvviso incontro quel giorno nel parco. Continua

ChronicaLibri intervista Corinna Bajocco

Stefano Billi
Roma – ChronicaLibri ha intervistato Corinna Bajocco, autrice del libro “New York. Viaggio nella Grande Mela”. Pubblicato da Polaris, il libro non è solo una guida, è anche l’inizio di un grande viaggio nella metropoli statunitense.

 

 

Come è nato il desiderio di scrivere un libro su New York? 

Dico sempre che la più bella delle routine è comunque sempre una routine. Io per ragioni varie che spaziano dallo studio al lavoro, già da almeno un ventennio ero una aficionada della Grande Mela e la mia vita era scandita da frequenti andirivieni.  Così che mi ero quasi abituata alla città, sembrava non stupirmi più. Poi una mattina, dopo il solito caffè di Starbucks, mi trovo ad osservare una scena di vita comune seduta su una panchina di uno dei tanti community garden dell’East Village e tutto mi è sembrato, ex abrupto, nuovo e diverso. Quel giorno è nata la mia personale e privata New York, quella costruita attorno a me, ai miei avanti e indietro, ai miei amici, alle mie letture, ai libri di altri, alle mie aspettative, al cibo che mi piace mangiare, agli incontri inaspettati, ai volti curiosi,  ai profumi e alle lingue che, pur non essendo genuinamente newyorchesi, per me sono New York. E ho iniziato a pensarla e a scriverla. Qualche mese dopo ero a Firenze a discutere il libro con il mio editore, perché i desideri abbiamo il dovere di realizzarli.

 

Perché un lettore di Chronica Libri dovrebbe assolutamente visitare New York? 

Perché chiunque dovrebbe visitare New York almeno una volta nella vita. Perché con un viaggio se ne fanno in realtà mille. Perché  ad ogni angolo lo attenderebbe una suggestione di pagine che ha amato, di film che ha visto, di piccole scenografie naturali che ha immaginato. Perché il cibo è divino. Perché è incredibilmente veloce, e in continuo cambiamento. Perché è diversa da come ce la immaginiamo prima di arrivare. Perché è marcia, fradicia e affascinante. Perché se fai colazione nell’Upper West, magari mangi seduto allo stesso tavolo di John Berendt, o Yoko Ono.  Perché restituisce la curiosità nelle cose, che un po’ è morta in quest’altra parte del pianeta.

 

Secondo Lei, New York è ancora l’emblema del sogno americano, o sta perdendo la sua magia col tempo?

New York è il posto dove nascono le opportunità.  Certo, c’è la crisi finanziaria. Certo devi lavorare su ritmi tiratissimi che nulla hanno a che fare con la ciclicità del tempo letto alla maniera mediterranea. Certo devi fare il callo ad alcune rigidità dell’uomo americano, e anche ad un po’ di spocchia. Ma se davvero c’è un desiderio da realizzare, quello è il posto dove provarci. Ancora.

 

Qual’è l’aspetto di New York che più l’affascina?

New York è una metropoli, una megalopoli, Gotham. E, come è stato detto di Lei in passato, non una città perfetta, ma un perfetto esempio di città. Eppure questa sua dimensione, dal di dentro, non si percepisce. New York è una trama di villaggi che si intersecano, di lingue che si fondono, di tradizioni che si mescolano e tutto pare tranne che quella proiezione verticale luccicante che affolla l’immaginario del Vecchio Mondo. Di New York mi affascina questa ambivalenza, e le sue crepe. Quelle rughe che se osservate bene sotto ci trovi una città stratificata e meravigliosa.

 

Perché i lettori di Chronica Libri dovrebbero leggere il suo libro?

Ci sono pagine e pagine scritte su New York, e tutte decisamente più autorevoli delle mie. Forse bisognerebbe leggere piuttosto quelle. Però un giorno, un autentico newyorchese di nome Adam Yauch, che era il leader di una band straordinaria (i Beastie Boys), stava bevendo qualcosa in un bar di Brooklyn casualmente seduto al bancone vicino a me. Lo costrinsi ad una breve conversazione, ed ai miei racconti.  Senza conoscerlo, ovviamente. Una mezz’ora dopo mi disse che ero una ficcanaso. Ecco, se a qualcuno dovesse far piacere  leggere una specie di guida turistica scritta da una ficcanaso, allora la mia è quella giusta. E poi sono una appassionata di letteratura, nel libro ne troverete tanta, raccontata proprio negli angoli dove è nata. Infine, se c’è una partenza in programma, prima di fare le valigie, forse fra le mie pagine scoprirete la voglia di un viaggio non preconfezionato.

Viaggio nella Grande Mela

Stefano Billi

Roma – «I wanna wake up in a city that doesn’t sleep»: è così che l’intramontabile Frank Sinatra descriveva New York, ovvero “la città che non dorme”.  Altri definiscono New York come «un carnevale che non delude mai», oppure come una «città verticale all’insegna dei tempi moderni», o ancora «un’isola galleggiante su acqua di fiume come un iceberg di diamante».

Come la vogliate chiamare, New York è semplicemente New York, la megalopoli dei sogni: grande, bella, intensa come un primo amore, così fugace e rapida e sfuggente da lasciarsi chiamare “casa” anche per chi vi ha vissuto solo per pochi giorni.

Per chi non ha ancora scoperto le meraviglie di questa città dei desideri, o per chi c’è stato ma di fretta, o per chi è passato da là tante volte, vale la pena immergersi in “New York, Viaggio nella Grande Mela”, il libro di Corinna Bajocco – edito da Polaris – che svela segreti e storie di questa metropoli statunitense.

Suddivisa in base ai quartieri newyorkesi, l’autrice racconta la città lasciando al lettore il gusto della scoperta dei sapori, dei colori, delle vicende che affollano ogni centimetro di New York.

Passo dopo passo, Corinna Bajocco accompagna il lettore tra i pochi esercizi commerciali rimasti a little italy, in mezzo alle luci abbaglianti di Times square, vicino alle celebri atmosfere del Blue Note,  sotto la silhouette del Rockfeller Center.

Da ogni pagina promana la magia della “Grande Mela”, sapientemente raccolta e regalata al lettore, che anche da miglia e miglia di distanza può gustarsi il piacere di un viaggio che il libro sa narrare con abilità spiccata.

Non solo parole si avvicendano tra le righe dell’opera, perché pregevoli foto immortalano la vera New York, tanto che durante la lettura l’immaginazione spesso vola tra le avenue, oltre i blocks, fino a librarsi tra lo skyline cittadino, inconfondibile e inimitabile.

Lasciatevi guidare allora da Corinna Bajocco tra le emozionanti pieghe newyorchesi.

Vi accorgerete che il cuore starà battendo all’impazzata, perché siete già innamorati della città che non dorme mai.

Scoprire il buon profumo dei libri nei book shops di New York

Stefano Billi

NEW YORK – Sono pochissime quelle librerie che ancora possiedono un fascino naturale e il buon profumo della carta. Sparuti vegliardi dislocati dove meno te l’aspetti, negli angoli di strada sconosciuti, quelli che prendi per sbaglio.
A New York – sulla Broadway avenue, incrocio con l’82ma strada – esiste un posto così, chiamato “Westsider Books”, caratteristico per il suo colpo d’occhio inconfondibile.

Le pareti sono nascoste da altissimi scaffali, inzeppati di libri vintage, soprattutto testi dello scorso secolo, provenienti da quasi tutto il globo.

Letteratura nordamericana, asiatica, europea, si fondono in un crogiolo di lingue che raccontano migliaia di storie.

Già oltre la soglia dell’entrata sale su dallo stomaco un tipo di fame strana, che fa dimenticare l’orario e le chiamate al cellulare e tutto il mondo che sta fuori. L’appetito dell’arte, a cui non basta una vita intera per essere sazio.

I polpastrelli si asciugano sulla carta invecchiata, sulle stampe d’annata, tra le rilegature che si sono arrese al tempo già da tempo.

E ci si sente a casa quando, tra una scorribanda ed un altra in mezzo alle copertine, appare fulgida una copia della Divina Commedia, o un romanzo di un grande scrittore italiano.

Migliaia di titoli stipati in uno spazio piccolo, accogliente, caldo. Un ventre materno della cultura, che avvolge ogni lettore tra le miriadi di fogli di carta e di inchiostro.

Quando arriva il momento di uscire, che nessuno ti aspetta perché sei andato da solo, visto che la maggior parte di eventuali accompagnatori si sentirebbe soddisfatta solo a guardare la vetrina e a dire: «guarda quanti libri usati!», provi la stessa sensazione del risveglio da un bel sogno, dove ci si sforza di ricordarne i particolari, perché i primi minuti della colazione sono in agguato per rubarteli.

Durante il ritorno a casa magari capiterà di incrociare invece una grande libreria, dentro ad un centro commerciale, stracolma di una folla che aspetta lo scrittore famoso di turno per una sigla sul libro appena comprato, dotata di scale mobili e libri sul “fai da te” e giochi da tavolo, insaporita dall’odore di una caffetteria interna che sforna brodaglie annacquate, e poltrone così larghe che più che aiutare la lettura sembrano invogliare un pisolino.

Magari capiterà pure di “fare un salto” in questa libreria così moderna, giusto per dare un’occhiata, appena il tempo per rendersi conto di come all’interno ci sia troppo, e fa capolino una debolezza alle gambe, sebbene siano passati solo quindici minuti dall’ingresso.

Neanche qualche ora fa, invece, si è stati in piedi a lungo, estasiati, leggeri.

Eppure non servivano nemmeno un caffè, in quell’antico book shop. C’era solo un buon profumo di carta.