Daniela Distefano
CATANIA – “Quando ricordiamo una cosa, quella cosa accade di nuovo – disse – Ma quando la dimentichiamo è come se non fosse mai accaduta”.
Martti Corvara è un vitellone dei giorni nostri, senza arte né parte. E’ partito poco più che ventenne da Pressi del Lago e ci ritorna a distanza di vent’anni per fare chiarezza sul presunto suicidio del padre. Nel paese ritrovato, lo accolgono i tre amici di gioventù cambiati, e divenuti politici, faccendieri corrotti e corruttori, emuli dei loro padri e a loro volta padri infelici. Martti si tramuta in marziano che lotta contro i mulini a vento. Non riesce ad ambientarsi più in quello che è divenuto un acquario fetido per pesci infettati di catrame, di putritudine morale, di maleficio dei gangli della collettività.
Tag: Laurana Editore
Un viaggio a Istanbul alla scoperta dei luoghi comuni
Giulio Gasperini
AOSTA – Istanbul è citta grondante luoghi comuni; e sono quegli stessi luoghi comuni che i turisti vanno più spesso e con più determinazione a cercare e scoprire, di solito anche fotografare per riportarli indietro, al loro rientro a casa. Istanbul è un ponte tra i mondi di Michele Monina è l’undicesima puntata di un’avventura editoriale, targata Laurana Editore, chiamata “Europe”: dodici libri per dodici città visitate dall’autore in dodici mesi. Da un angolo all’altro del Vecchio continente, da Atene a Stoccolma, per cercare di capire meglio cosa sia diventata l’Europa, oggi, e quali prospettive possa ancora avere.
E non è un caso che sia stata scelta anche Istanbul, che sul continente europeo c’è soltanto geograficamente, ma non politicamente né socialmente. Continua
“L’ordine di Babele”, quando un thriller dura sessant’anni
ROMA – “Chi è mio padre?”. Questa domanda ha un potere indescrivibile, potrebbe smuovere mari e monti. È questa la domanda che si pone Emanuelle, nel momento in cui si rende conto che il mistero potrebbe non essere mai svelato. È lei la protagonista de “L’ordine di Babele” di Flavio Villani, edito da Laurana.
Sua madre, Isabelle, sta per morire, e lei, solo lei potrebbe rispondere a quell’unica domanda che non lascia riposare la figlia. Ma quella donna morente pare determinata a mantenere il suo segreto, con la stessa caparbietà che l’ha fatta tacere per tutti questi anni.
Solo una foto potrebbe aiutare la donna a ritrovare una traccia del suo passato, quella che ritrae Isabelle con due uomini: Vincent e Pierre. Due uomini legati da un’antica, torbida storia di spionaggio e tradimenti.
Vincent è un detective, inviato nella Saigon degli anni ’50 per trovare e uccidere il misterioso Babel, una geniale spia che è riuscita ad ingannare l’intelligence francese. Ma una volta lì, diventa anche lui vittima di ossessioni, manie, in un circolo di follia che lo porterà a perdere la moglie incinta. Quella moglie è Isabelle, fuggita con la bimba in grembo. E la bimba è Emanuelle.
Ma è davvero Vincenti il padre? O il padre si chiama Pierre? L’altro uomo della foto, psichiatra, sospettato di avere una relazione con Isabelle. Sospettato di essere Babel.
Emanuelle riuscirà a contattarli entrambi, ricostruendo per quanto possibile, gli avvenimenti di quegli anni oscuri e concitati. Nessuno le darà risposte esplicite, nessuno le dirà nulla. Nessuno dirà nulla di chiaro neanche al lettore, ma gli indizi sono molti e forse è meglio così. Emanuelle capirà, potrebbe capire anche il lettore.
Flavio Villani fa parte di quelle persone coi piedi per terra che hanno un mestiere, oltre a quello di scrittore. Lui è un neurologo, ma nonostante il suo mestiere sia complesso e faticoso, trova il tempo e la voglia di scrivere. E, nota bene, scrivere con qualità.
Perché tengo a specificare questo punto? Troppo spesso ci troviamo di fronte a persone illuse, che immaginano che il mestiere di scrittore possa mantenerci dio alla pensione e magari, farcene accantonare una. Nel mondo editoriale di oggi, questo è molto poco probabile. Quindi se amate la scrittura davvero, se volete davvero diventare scrittori, senza rotolare nell’autocommiserazione perché nessuno vi offre centinaia di migliaia di euro per i vostri romanzi, fatelo. Cercate un lavoro, impegnatevi. E la sera stanchi, scrivete. Vi stupireste di sapere quanti scrittori storici, entrati nella grande letteratura, pubblicavano a proprie spese i loro romanzi.
“I compagni del fuoco”: generazioni ai ferri corti
Michael Dialley
AOSTA – Come reagiscono gli adulti, oggi, ai comportamenti e alle azioni delle nuove generazioni? Le risposte possono essere tante e svariate, alcune persino difficilmente indagabili. Nel romanzo “I compagni del fuoco”, edito da Laurana editore (2013), Ernesto Aloia vuole consegnarci la sua risposta, ponendosi l’obiettivo di raccontare la reazione di Valerio allo strano, e preoccupante, comportamento del figlio Seba.
L’indagine porta, però, a un inesorabile sgretolamento delle convinzioni e dei pilastri su cui il protagonista ha vissuto fino a quel momento, in ambito lavorativo, familiare e anche intimo.
È proprio questo il centro assoluto del romanzo: viene data importanza e visibilità al comportamento di Seba e al contesto nel quale vive Valerio, ma è la reazione di quest’ultimo a essere scandagliata e analizzata realmente, con grande attenzione e interesse.
“Compagni di fuoco” è un romanzo che da un lato contribuisce a dare risposte a interrogativi reali, ma può anche sconvolgere il lettore, mettendolo di fronte a una realtà che si tende a ignorare se non addirittura a fuggire. Proprio questo è in sostanza l’errore compiuto da Valerio nel suo percorso di vita: aveva e si era creato delle convinzioni, dei pensieri che poi nella realtà e soprattutto nel contesto dei primi anni del Terzo Millennio si sono rivelati sbagliati, antichi, vani.
Senza dubbio la generazione degli anni Sessanta e Settanta (per citare quella degli attuali genitori di adolescenti) ha una mentalità ben diversa, ma questo non significa certamente che tutti si sconvolgono di fronte a quella dei ragazzi del nostro nuovo millennio: credere nei propri valori e nelle proprie convinzioni è fondamentale, ma è necessario anche aprire la propria mente, abbattere le barriere, “uscire dagli schemi” per poter comprendere, e magari conciliare, il nuovo pensiero, la nuova società, le nuove idee.
“Credevo fosse un’amica e invece era una stronza”, evitarle anche prima di incontrarle
Giulia Siena
ROMA – “Non importa quanto amore ti professano, a un certo punto la voglia di sparlare di te con il gruppo delle seguaci sarà troppo forte, e si mostreranno per quello che realmente sono. Delle api regina in cerca del consenso della folla, sia esso composto da seienni o da dodicenni. Il palco è il loro regno, lo scherno il loro strumento, la maldicenza è la loro arma.” Questa è la descrizione che fa Irene Vella delle stronzamiche. Loro, numerosi esemplari di falsa affettuosità, sono sempre in agguato nella vita di ogni donna: dall’asilo all’università, nascoste nella parentela e sul lavoro, la loro è una seriale escalation nelle vite degli altri.
Per questo nasce “Credevo fosse un’amica e invece era una stronza” (pubblicato nella collana Dieci! di Laurana Editore), il libro scritto da Irene Vella per mettere in guardia la figlia dodicenne da queste sedicenti figure che indossano i panni dell’amica per ferirti con sempre maggiore astuzia e precisione. E’ questo, infatti, lo scopo delle stronzamiche; sin dalla nascita hanno questa “dote” e, con il tempo, non fanno altro che affilare la tecnica. Così la giornalista e scrittrice toscana ci porta a scoprire i 10 modi per sopravvivere alle stronzamiche attraverso questo piccolo manuale di salvezza.
Partiamo dalla base: le stronzamiche sono quelle che credevamo amiche, invece erano stronze. Stronze perché ci hanno fatto credere nell’amicizia, nella condivisione e nella complicità per poi voltarci le spalle e sparlare di noi. E in questo modo ci feriscono perché ci sentiamo prese in giro, sentiamo che la fiducia che abbiamo posto in loro era ingiustificata, diventiamo diffidenti e sole. Questa consapevolezza, però, nelle amiche “tradite” cresce con gli anni e con l’esperienza, ma come si può salvaguardare le fanciulle innocenti dalle stronzamiche? Irene Vella è anche una madre e come tale parla, attraverso questo libro, alle altre madri per proteggere i propri figli da questa strana forma di “bullismo”. Sì, perché le stronzamiche si comportano per avvicinare, ferire ed emarginare le persone più deboli, o semplicemente più buone.
“Credevo fosse un’amica e invece era una stronza”, una piccola guida che già si preannuncia un grande successo poiché mai nessuno ci ha insegnato a evitare le stronze prima di incontrarle.
Diventare un mito, seguendo i dieci consigli di Michele Monina
Stefano Billi
ROMA – Dieci solitamente è un numero adatto alle classifiche, alle valutazioni. “Da zero a dieci”, e tutto può essere ponderato utilizzando questa forbice.
Ma dieci è anche il numero dei consigli, in particolar modo quelli che Michele Monina propone ai lettori per raggiungere il successo, col suo nuovo libro “10 modi per diventare un mito (e fare un sacco di soldi)”, pubblicato da Laurana Editore.
Perché per diventare ricchi e famosi, per arrivare alla celebrità, ci sono alcuni “passaggi obbligati” da percorrere: ad esempio, scegliersi un nome memorabile, oppure essere designati come giudici di un reality show, fino poi a sfornare una hit musicale che penetri irreversibilmente nelle orecchie di chi l’ascolta.
Così, in maniera divertente, Michele Monina tratteggia dieci tattiche per trasformarsi in miti di prim’ordine, riempirsi di denaro, essere osannati dalle folle e spopolare in tv.
Il periodare giovanile e assolutamente colloquiale rende poi il testo largamente fruibile, pratico da leggere e quasi scomponibile, a mo’ di vademecum sulla celebrità.
Il taglio scanzonato delle pagine non deve comunque distrarre dall’acume dell’autore nel presentare i modi che oggi sono in gran parte efficaci per diventare un mito.
Michele Monina descrive sotto forma di suggerimenti quelle strategie e quelle tattiche che gli artisti e le star maggiormente in voga hanno sfruttato per accaparrarsi la cresta dell’onda.
Dunque, ad una lettura attenta di “10 modi per diventare un mito (e fare un sacco di soldi)”, si può anche capire come funzioni la società contemporanea, quali siano i suoi valori. Si può poi comprendere come, talvolta, il talento possa rivestire un ruolo di secondo piano, perché in fin dei conti ciò che importa è apparire. Perciò, non c’è da stupirsi se, anziché lo studio e l’abnegazione, sia piuttosto l’eccentricità – a volte tendente perfino al ridicolo, all’inopportuno e magari al volgare – il grimaldello che permetta alle giovani leve, aspiranti protagonisti del mondo, di farsi strada nella lunga e faticosa via per diventare qualcuno.
In riferimento al mood frizzante del libro, merita una menzione anche la prefazione di Gianni Biondillo, sarcastica, irriverente, ma forse in fondo vera nei suoi luoghi comuni sul successo e sul chi fa successo.
Perciò, se sognate la fama, se ambite alla celebrità, se vi immaginate come i protagonisti assoluti del domani, i “10 modi per diventare un mito (e fare un sacco di soldi)” di Michele Monina possono rappresentare il giusto inizio dell’impresa.