È il tempo della congiura, “Quando Marte è in Capricorno”.

Quando Marte è in CapricornoGiulio Gasperini
AOSTA – “Quando Marte è in Capricorno” è il tempo della congiura. Come quella di cui narra Silvana La Spina nel romanzo edito da Bompiani nel 1994. Ai danni di Federico II di Svevia. La congiura si fa spazio subdolamente nei rapporti tra persone, percorre fredde stanze, valica improbabili e fragili confini e si semina distrattamente per dare grossi frutti. E con la congiura accade un passaggio, una transizione da epoca a epoca che condiziona una società e ne modifica alla base i meccanismi e i rapporti.
Il punto di vista del romanzo è quello di un vecchissimo Jacopo da Lentini, l’inventore del sonetto, la cui vocazione poetica è da lui stesso considerata timidamente come una pausa rispetto alla sua attività (modesta) di notaro. Rinchiuso, quasi in fuga dal mondo, in un’abbazia benedettina della Sicilia, trascorre il proprio tempo nell’affannoso compito di sistemare la sua attività poetica, il suo splendido “Canzoniere”. Alla notizia della morte di Pier delle Vigne, il consigliere più amato da Federico, accusato di alto tradimento, si spalanca la memoria del notaro e l’imperativo più impellente, quello a cui non ci si può sottrarre, è la stesura di una storia, da lasciare in eredità al figlio, su come sia andata effettivamente la storia; tanto pressante da dimenticarsi delle proprie poesie.
Silvana La Spina edifica una narrazione che travalica la storia, creando una realtà più concreta dei semplici fatti storici, dei semplici avvenimenti da calendario. Solo ipotesi, quelle elaborate da Silvana, ma che assumono la potenza di una verità incontestabile, perché animate da una forza narrativa destabilizzante, tellurica. I legami umani, quelli di amore e di amicizia, sono l’origine di un complesso tessuto, di una rappresentazione che richiama quelle del “pittore di battaglie” di Arturo Pérez-Reverte: un affresco unico, un ciclo continuo di vicende e accadimenti che si rincorrono e nessuno è casuale né vano, ma tutti incatenati e incastrati armonicamente per la realizzazione di un disegno superiore. Ma l’importanza della storica fa un passo indietro di fronte alla monumentale narrazione dell’interiorità di quelle stesse persone che, in altri libri, paiono persino svuotate della loro umanità, per diventare eminentemente pedine di uno schema politico e militare.
In “Quando Marte è in Capricorno” Silvana La Spina non avanza pretese di nessun tipo. Soltanto, si concede il beneficio del dubbio di avere più ragione di chi la storia la teorizza e basta. Utilizzando uno strumento ulteriore, quello dell’italiano. Nel romanzo, la lingua è raffinata poesie: un’attenzione puntuale ma non ostentata verso il lessico. Una scelta preziosa di parole e suoni, di significati e significanti, rendono la lettura di queste pagine un piacere anche musicale ed emotivo.

“Ho parlato alle parole”, la poesia di Luca Buonaguidi prende forma

ho parlato alle parole_buonaguidiGiulia Siena
PARMALuca Buonaguidi ha poco meno di trentanni – o poco più di venticinque, fate voi – e ha alle spalle già un libro, I giorni del vino e delle rose (Fermenti, 2010). Da qualche mese è tornato in libreria con Ho parlato alle parole, una raccolta poetica pubblicata nella collana Intrecci della Casa Editrice Oèdipus. Buonaguidi è partito dal dubbio di Franco Loi, poeta del silenzio e della parola che, quando detta, crea attesa, stupore e sorpresa. “Se io parlo non so chi è il parlare” – afferma Loi – e il nostro poeta pistoiese sfrutta questa considerazione per avvicinarsi alla parola e intraprendere un dialogo poetico con se stesso e con il mondo attuale e circostante. La parola, così, si fa subito poesia: “Sono poeta / e sollevo in aria / un cuore che saluta”;il verso diventa veicolo e portavoce del sentire personale, “ma compito dei poeti / è anche esser sentinella / del niente che ci forgia”, e, allo stesso tempo, elemento di rottura e provocazione: “il mio verso è una scadente menzogna […] perché il poeta è fingitore”. La parola, poi, in questa raccolta è anche quello che suggerisce Loi, è scoperta e gioco (“Sai, non ho mai saputo. / Vedi, non ho mai veduto. / Ascolta, non ho mai udito), legame e rifugio (“Le parole sono la mia casa”), forza dirompente e sempre nuova (“E ti saluto / con tutta la poesia che ho dentro / e che ho avuto paura di darti prima di saperti abbracciare”).

 

La parola, così, è detta e ripetuta, pronunciata con timore e reverenza, sensibilità e passione. Qui la parola è parlata, smembrata nella sua complessità ed enunciata con naturalezza. In Ho parlato alle parole Luca Buonaguidi fa sfoggio di una raffinata intelligenza poetica che rende i componimenti schietti ma, allo stesso tempo, perfettamente limati.

 

La copertina del libro è del pittore belga Pol Bonduelle. Quello che manca è una prefazione ai componimenti poetici. Il resto è godibilissimo.

 

“La parola perfetta non esiste, / è l’etereo canto dentro / al silenzio notturno, / lo scoglio che contempla / l’assalto bianco della marea, / il Dio sorridente richiamato / dall’antica domanda: di tutto questo amore / qualcuno prende nota?”

“L’azzurro squarciato di Ester”: Nicola Vulcano e il suo racconto di violenza, rabbia e perdono

Natalevulcano PARMA“Come se fosse facile perdonare! Se si provasse a essere umiliati e a sentirsi schiantati dentro come un albero colpito da un fulmine, non si userebbe  facilmente la parola perdono. Contro la cattiveria serve la vendetta più atroce”. Ester vorrebbe vendetta per l’orrore subito, vorrebbe trascinarsi in un deserto e lì, finalmente, poter urlare tutto il suo dolore e il disgusto per quella sua vita rovinato. Ora “la sua vita è in bilico tra la dannazione di vivere e il desiderio di farla finita”. Comincia così L’azzurro squarciato di Ester, il libro di Natale Vulcano pubblicato da Falco Editore. Ester era un’adolescente come tante, di quelle che sognano l’amore e di diventare, un giorno, un buon medico. Ma qualcosa ha arrestato la sua corsa. In una notte di violenza tutto è cambiato. Ora con lei c’è Tamara, quasi una ulteriore condanna, ricordo  di quella notte.

Tamara che vorrebbe morire anche se non sa cosa è la morte, Tamara che batte le mani, dondola e urla. Tamara che cerca un legame con la madre che non la ama, anzi, a casa la picchia. Tamara, infatti, “è piccola, ma è il parafulmine su cui si scarica ciò che accade in casa”. Perché Tamara è figlia di quello stupro che Ester ha subito e ogni volta, nei suoi occhi in cui si specchiano gli occhi della figlia, torna il ricordo di quella violenza.

 

La violenza di Ester è la violenza che alcune donne subiscono, nel corpo e nell’anima, nel presente, nel quotidiano e nel futuro. E questa violenza viene narrata da Natale Vulcano con la semplicità e il trasporto in un romanzo di forte impatto emotivo.

“Il principe felice e altri racconti” per sospendere il tempo, almeno a Natale!

Ilprincipefelice_CHRonicalibriGiulia Siena
PARMA – Con l’arrivo del Natale arriva il momento delle fiabe. E ISBN Edizioni ha pensato bene di riunire in un unico volume i più significativi e celebri racconti di Oscar Wilde accompagnandoli dalle deliziose illustrazioni di Cristina Pieropan. E’ nato, così, Il principe felice e altri racconti, un libro illustrato che, per la prima volta, propone al pubblico di lettori di tutte le età due storiche raccolte di Wilde, Il principe felice (1888) e Una casa di melograni (1891). Quello che ne esce è un intenso e fantastico viaggio tra corti e palazzi, giardini, laghi e città, foreste di pini e mari sconfinati accompagnati da statue e giganti, principi ingenui e fuochi d’artificio un po’ egoisti, giovani re e piccoli mostri di corte, cacciatori, taglialegna e streghe. Personaggi divertenti, nostalgici, complessi e schietti per questi racconti (9 in tutto) che ci portano a spasso tra ambientazioni fuori dal tempo e regalano storie e trame di grande spessore. Il principe felice e altri racconti è una carrellata di figure differenti e ricercate, costruite dal celebre scrittore allo scopo di creare novelle che potessero intrattenere i suoi figli e farli riflettere, educarli alla vita sottolineando, attraverso i racconti, comportamenti e situazioni da evitare a favore di un comportamento giusto per una vita felice e di valore. Per questo motivo il genio di Wilde delinea protagonisti irriverenti o esemplari: il vanitoso e logorroico razzo che taccia di egoismo e villania tutti quelli che – fontane luminose o rane, girandole o anatre – parlano di sé quando gli altri vogliono fare altrettanto; l’Infanta di Spagna che per il suo compleanno ride a crepapelle dell’ingenua bruttezza del piccolo Nano ignorando la sensibilità di quest’ultimo; il piccolo Hans di sentimenti nobili e lo speranzoso Pescatore innamorato di una Sirena.

 

I racconti di Wilde sono un toccasana per l’anima: regalano una sospensione dal quotidiano che solo i grandi scritti – e i grandi scrittori – possono fare. Perché, allora, non farlo a Natale? Sospendiamo il tempo e rifuggiamoci nelle fiabe, almeno per qualche ora.

 

Per i lettori di tutte le età.

#PiùLibri2014: le oltre 56 mila presenze confermano il successo di una grande edizione

PIU libri2014ROMA – Tredicesima edizione da grandi numeri: 400 editori, oltre 300 eventi per 5 giorni di esposizione, ma quest’anno #PiùLibri2014 Più Libri Più Liberi, la fiera della piccola e media editoria, è stata da record. Con oltre 56 mila presenze e incontri “sold out”, l’ormai storico evento capitolino dedicato alla piccola editoria segna un punto a vantaggio della cultura resistendo alla crisi e partendo dai giovani e dall’incontro fra autori, editori e lettori.

 

“L’Italia che vuole partire alla riscossa con passione e onestà si è riunita qui a Più libri – ha dichiarato Fabio Del Giudice, direttore della Fiera – che quest’anno ha sfidato la crisi offrendo un giorno in più e un programma ancora più ricco e sperimentale. Oltre un decennio di successi si può spiegare solo con l’entusiasmo, la professionalità e lo spirito di progettualità che animano gli editori indipendenti, autentico motore per il futuro”. E conclude con un messaggio di costruttivo ottimismo: “I libri e la cultura, il coraggio di innovare, sono la migliore risposta al disagio sociale ed economico che stiamo vivendo e alle recenti notizie di malaffare e corruzione: ripartiamo da qui per rilanciare la cultura italiana e l’immagine del nostro Paese”.
Noi di ChronicaLibri, insieme alle telecamere di ITvRome, abbiamo girato tra gli stand seguendo i temi proposti dalla Fiera e lasciandoci guidare dal bellissimo slogan di quest’anno: è tempo di leggere! Abbiamo chiesto a editori e scrittori le proprie novità e i progetti, oltre che il significato della frase è tempo di leggere. Un tempo, quello per leggere, che il pubblico di #PiùLibri2014 ha trovato. Nei giorni della manifestazione, infatti, i lettori – quest’anno particolarmente attenti – che qui costruiscono e consolidano un rapporto con gli editori che prosegue per tutto l’anno sono diventati protagonisti. Antonio Monaco, Presidente del Gruppo dei piccoli editori dell’AIE e direttore delle edizioni Sonda ha parlato di “lettori interessati che vogliono dialogare con gli editori e sono informati sulle tematiche editoriali di attualità”. 
Libro dell’anno, secondo gli ascoltatori di Fahrenheit, la trasmissione di Radio3 Rai,  è stato proclamato Dimentica il mio nome di Zerocalcare (Bao Publishing).

 

Ecco qui le nostre chiacchierate tra gli stand. Tre video, di cui uno tutto dedicato all’editoria per ragazzi, che racchiudono la nostra tredicesima edizione di Più Libri Più Liberi 2014.

La giungla pittoresca dei premi letterari in “Selezione naturale”.

Selezione naturaleGiulio Gasperini
AOSTA – L’Italia esplode di premi letterari. Bandi e concorsi che allettano e illudono centinaia di scrittori o di aspiranti tali che conquistano pergamene e scarse motivazioni. La casa editrice di Orbetello, l’Editrice Effequ, ha edito una divertente antologia di racconti, “Selezione naturale. Storie di premi letterari” che mette assieme la genialità di scrittura di numerosi giovani scrittori toscani. I racconti, curati da Gabriele Merlini, hanno tutti come tema la scoperta e la conquista di un premio letterario da parte di scrittori spesso in erba, o da affermati narratori che, loro malgrado, sono nominati giudici e devono alimentare le illusioni di scribacchini vari.
La passione per il premio letterario ha una fenomenologia tutta sua, tutta particolare, tutta divertente e totalizzante. Stupefacente il realismo adesivo di Marco Simonelli, nel suo racconto “Patologia del premio di poesia”, dove la febbre del premio si fa accelerazione all’ironia. La fortunata stesura di un racconto, che detta il successo di uno scrittore per tutta la vita, nel racconto “Un racconto vincente” di Francesco D’Isa, è metafora di tanti premi dei giorni nostri, quando per vincere basta fin troppo poco e la fama è assicurata da praticamente nessun talento di scrittura. “Essi scrivono” di Alessandro Raveggi è invece parodia di una società di scriventi ma non di leggenti, di persone che credono tutte di aver qualcosa da dire ma che non si interessano a quello che hanno detto gli altri, in un solipsismo così esclusivo da risultare ridicolo. E poi ci sono anche i premi subito ripudiati, come nel caso di Vanni Santoni e nel suo “Il forca”, dove un intero romanzo, sudato in ogni pagina, finisce nel secchio dell’immondizia prima dell’ultima revisione.
Questi racconti, spietati e intelligenti, rendono uno specchio abbastanza convincente di un certo mondo letterario della nostra penisola, quello dove si nutrono false speranze e si premiano amici dei giurati; un mondo dove non si salvano neppure i premi ritenuti più importanti e blasonati, perché tutti finiscono nei medesimi meccanismi di interessi e visibilità editoriali. Una giungla è il mondo dei premi; una giungla dove le illusioni sono tante e i tentativi di rapina ancora di più. Basta prenderli un po’ con la giusta ironia e con una sana propensione all’indulgenza.

10 Libri da NON regalare a Natale

libri da non regalare a natale_chronicalibriGiulia Siena
ROMA
– Arriva il fatidico momento in cui si fa la lista dei regali di Natale. Spesso – se non lo avete ancora fatto, fatelo… ma prestate attenzione! – nella lista di cosa regalare per le feste ci sono i libri. Ora, mentre già tutti pensano a suggerirvi cosa comprare e quanto comprare, io vi dico cosa NON regalare. Parliamo di libri. Si spera, regalando libri, di fare cosa gradita ai lettori forti e di essere da sprone ai lettori svogliati. Tutte ottime motivazioni, ma diciamocelo, quando scegliete di regalare libri perché non sapete cosa regalare, siete pessimi! Poi, se volete fare un regalo buono e mirato cercate di scegliere il libro con cura. Volevo proprio arrivare a questo: la scelta più difficile non sta nello scegliere il libro da regalare, sta nel non incappare nei “pacchi”, ovvero in quei libri che non andrebbero mai regalati. Perché? Perché sono noiosi, brutti, banali, scricchiolanti o, semplicemente, sono inutili. Qualche esempio? Ecco, i 10 Libri da NON regalare a Natale. Il gusto è personale ma la bruttezza, di solito, è oggettiva!

 

 

1. “Italiani voltagabbana” di Bruno Vespa, Mondadori – RAI Eri da NON regalare perché… Se siete tra quelli che pensano che comprare un libro di Bruno Vespa sia comprare un libro è proprio inutile che io vi spieghi il resto.

2. “Buio” di Dacia Maraini, Rizzoli da NON regalare perché… è sopravvalutato. E’ veramente il più banale dei libri della Maraini. Se volete tediarvi con “l’ordinaria follia” di questi 12 racconti Premio Strega nel 1999 (un, che sorpresa!) fate pure, io, dopo averlo letto, non lo regalerei mai. C’è di meglio.

3. “Il cammino di Santiago” di Paulo Coelho, Bompiani da NON regalare perché… non è il miglior esercizio di scrittura di Coelho. Troppe pretese di spiritualità in questa sua prima opera. Andiamo oltre.

4.  “Comandare è fottere” di Pierluigi Celli, Mondadori da NON regalare perché… è troppo elegante regalare un libro che vanta questo titolo. Non credete?! Infatti il titolo può bastare, il resto è cinismo e faccia tosta. Non penso che serva leggere un libro per capire come vanno le cose in certi ambienti. Ho detto tutto.

5. “Castelli di rabbia” di Alessandro Baricco, Feltrinelli da NON regalare perché… è noioso, senza trama e senza verve. Baricco – ahimé – piace e può piacere, ma in questo libro è veramente tediante!

6. “Il Segreto” di Alexandra Balsa, Sperling&Kupfer  da NON regalare perché… Lo so, non doveva neanche esserci in questa classifica per come è assurdo. Non mi interessa se tua nonna, tua zia, tua madre e la tua postina sono così appassionate della telenovela che leggerebbero il libro con grande grande grande piacere. Non contribuire proprio tu a questo scempio! Perché? Vai al punto 1. Stessa motivazione.

7. “Una passione sinistra” di Chiara Gamberale, Bompiani da NON regalare perché… racconta – in maniera scontata – del più tipico cliché di questi anni: due mondi diversi che si incontrano e non resistono alla passione. Quando finisci di leggerlo esclami: vvvvaaaaaabbè! Ho reso l’idea?

8. “Il calice della vita” di Glenn Cooper, Editrice Nord  da NON regalare perché… questo libro non  è così avvincente come sembra. Lo so che lo scegliete perché volete regalare un’avventura senza rinunciare all’aspetto storico, ma questa volta Cooper è scivolato sui suoi stessi fogli. Troppe pretese per una storia approssimata.

9. “Il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler” di Massimiliano Parente, Mondadori da NON regalare perché… è sconvolgente, e non in senso buono. Ok, forse cercate un regalo sensazionale e che si lasci ricordare: questo lo fa, più o meno, ma in modo sbagliato. Parente era già noto per il suo “Controcorrente” (in tutti i sensi) ma con questo libro ha proprio passato il limite.

10. “Il desiderio di essere come tutti” di Francesco Piccolo, Einaudi da NON regalare perché… Non lasciatevi sedurre dalla fascetta che dice che questo è il Premio Strega 2014, non lo fate. Il libro scritto da Piccolo è un’autobiografia intrisa di sentimentalismo, guai e gioie di un’epoca. No.

Intervista: Tommaso e Marco danno vita a TIBO, centro di gravità culturale

TIBO logo OK (1)Giulia Siena
PENNE
– Amici da vent’anni, Timmy e Bozzi – all’anagrafe Tommaso Matricciani e Marco Bozzi – un giorno decidono di lasciare il loro posto fisso e dare vita a un sogno: costruire un luogo dove cultura, creatività e divertimento si incontrano in una terra silenziosa ma di grande carattere. Nasce così TIBO (dall’unione dei loro nomi), il caffè letterario che a tutte le ore del giorno si adegua alle esigenze dei lettori, passando da caffetteria a birreria in pochi minuti. Aperto da qualche settimana, il TIBO è a Penne, in provincia di Pescara, (viale San Francesco, 23) ed è molto di più di quello che sembra, per questo abbiamo voluto che Tommaso e Marco lo raccontassero in un’intervista.

 

 


Marco e Tommaso, due sognatori coraggiosi che danno vita a TIBO. Come nasce questa storia?

Parte da molto lontano, precisamente dodici anni fa, quand’eravamo ancora fra i banchi del liceo, sentivamo l’esigenza di aver nel nostro paese un locale che offrisse qualcosa di più interessante del classico bar. Ma soprattutto ci sembrava assurdo dover far 25 km, scendere in città, per poter comprare un libro. Poi ci siamo trasferiti a Roma per studiare e lì abbiamo incontrato untibo2o dei più bravi librai indipendenti d’italia, Marcello Ciccaglioni, che ci ha letteralmente “allevati” fra le sue librerie Arion, dove abbiamo avuto la fortuna di imparare i trucchi del mestiere da professionisti straordinari. Poi dopo dieci anni di collaborazione abbiamo voluto mettere a frutto quanto imparato. Ed eccoci qui.

TIBO è musica, libri e buon bere. Cosa sarà per tutti questo spazio?
Il Tibo vuol essere un centro di gravità culturale a 360 gradi, vorremmo raccogliere e accogliere tutte quelle esigenze artistiche e letterarie di cui è ricco il nostro paese. Per questo abbiamo creato una sala adatta a laboratori, presentazioni , performance, reading e mille altre cose. Il tutto naturalmente accostato ad una ricercata caffetteria dove proporremo le eccellenze del nostro territorio: birra artigianale, vino bio e locale, e prodotti a km 0. E poi ci sono i Libri, l’anima e il corpo del nostro progetto.

Volevate portare a Penne, la vostra città, un posto di cui sentivate la mancanza, ma è una grande sfida oggi lasciare le metropoli per tornare alle origini?
Diciamo che è una sfida molto stimolante. A Roma avevamo un posto fisso sicuro, che di questi tempi è merce assai rara, ma sentivamo il bisogno, ogni qualvolta tornavamo a casa, di fare qualcosa per il nostro territorio. L’idea della libreria viene dalla considerazione che abbiamo del libro, unica forma di vera resistenza al degrado culturale e sociale. Woody Allen diceva che si legge per legittima difesa, noi abbiamo l’idea che leggere è il primo passo per l’emancipazione mentale e per costruire un futuro più degno. A Penne, una cittadina di meno di quattordicimila abitanti, non c’è mai stata una vera e propria libreria e questo ha fatto scattare l’idea folle e eccitante di provarci.

Secondo voi perché un giovane dovrebbe scommettere sui libri e aprire una libreria oggi?
A livello commerciale mi sento di dire che ogni persona, anche lettori non abituali, può trovare in libreria libri che possono interessarlo e stimolarlo, data la vastità della produzione editoriale. Il compito del libraio è proprio quello di abbinare il libro giusto alla persona giusta, costruire cosi un rapporto di fiducia che possa diventare nel tempo un percorso di lettura condivisa, facendosi trovare pronto ad esaudire le richieste più diverse di un pubblico sempre più esigente e attento. In sintesi non esiste al mondo una persona che non abbia bisogno di un libro, ergo abbiamo bisogno di librerie e librai.

tibo1Il lettore che tipo di libri troverà qui al TIBO?
Abbiamo cercato di inserire quanti più settori possibili spaziando dai Classici latini fino alle ultime novità, diversi scaffali sono dedicati alle edizioni tascabili di narrativa proprio per venir incontro alle esigenze di un pubblico più giovane non in grado di spendere grosse somme per acquistare un libro. Naturalmente abbiamo un reparto di saggistica che comprende scienze, filosofia, religione e politica/attualità. Molta attenzione è stata data alla graphic novel ma il fiore all’occhiello è il settore ragazzi: dove oltre ai soliti titoli abbiamo proposto anche dei libri più particolari adottando case editrici come Orecchio Acerbo e Topipittori. Purtroppo dati gli spazi non grandissimi del Tibo per aumentare il nostro catalogo abbiamo stretto un accordo commerciale con le Arion di Roma in modo tale da avere in giro di pochi giorni la disponibilità di oltre 80mila titoli.

Come avete selezionato i libri presenti tra gli scaffali di questo nuovo progetto?
Innanzitutto abbiamo messo dentro libri che abbiamo letto e che ci sarebbe piaciuto raccontare e diffondere anche se ormai passati di moda o “datati”. Poi all’interno dei vari settori abbiamo cercato di selezionare quei titoli che per esperienza devono esserci obbligatoriamente accostandoli alle nuove uscite che ci sembravano più interessanti. Tuttavia è una selezione in continuo divenire, vorremmo costruire il Tibo insieme ai nostri clienti, insomma un percorso condiviso.

Libri e birra. Abbinamento perfetto?
L’idea che sta dietro al Tibo è quella di una riqualificazione culturale del territorio mediante i libri e tutto quello che una libreria può offrire come spazio di aggregazione. Strada facendo abbiamo capito però che l’Abruzzo è ricco di eccellenze enogastronomiche che vengono riconosciute in tutto il mondo ma che paradossalmente sono semi sconosciute dagli abruzzesi. La birra è un esempio lampante. Attualmente ci sono diciannove birrifici artigianali metà dei quali di livello internazionale ma nei locali e nei pub si continua a consumare e importare birra da altri paesi con un evidente impatto negativo per l’ambiente e soprattutto per l’economia della nostra regione. Per questo stiamo cercando di prendere solo prodotti a Km 0 o, comunque, sotto i 50 km di distanza. Per la birra siamo rivenditori ufficiali del birrificio Almond 22, una garanzia di qualità che ha alle spalle più di vent’anni di storia e successi raccolti in tutto il mondo e ha la produzione a meno di sei kilometri da noi.

I 3 libri da consigliare ai lettori: libri per inaugurare questa nuova avventura.
“Oltre il confine” di Comarc Mccharty, un libro dal respiro enorme che per bellezza d’immagini e scrittura elegante disarma anche il lettore più preparato, “ Dimentica il mio nome” di Zerocalcare, graphic novel della maturità del fumettista romano che ha il merito di aver portato questo settore ai grandi numeri dei bestseller, “Bella mia” di Donatella Di Pietrantonio, impossibile non omaggiare una scrittrice di Penne che ha scritto un romanzo duro e bellissimo che infonde speranza e voglia di ricostruzione sia affettiva che materiale dopo l’evento traumatico del terremoto dell’Aquila del 2009.

 

Grazie e in bocca al lupo a Tommaso e Marco per la nuova avventura!

 

Il Veneto celebra Giuseppe Berto a cento anni dalla nascita

giuseppeBerto_centenarioPADOVA – A cento anni dalla nascita del grande scrittore Giuseppe Berto la sua terra lo ricorda con una serie di eventi. Organizzate dall’Associazione Giuseppe Berto e dal Comitato della Regione del Veneto per il Centenario, le iniziative si concentreranno durante tutto il mese di dicembre e culmineranno con i festeggiamenti del 27, data della nascita dell’autore de “Il cielo è rosso” (1946) e del “Male oscuro” (1964). Si parte martedì 2 dicembre con la Rassegna cinematografica “Giuseppe Berto, Venezia e il cinema”, presso la Casa del Cinema di Venezia che proseguirà fino al 18 dicembre. Mercoledì 3 e giovedì 4 dicembre presso l’Università di Padova si svolgerà il convegno dal titolo “Giuseppe Berto: Cent’anni di solitudine”. Questa due giorni dedicata all’autore sarà inoltre occasione per: comunicare l’acquisizione da parte dell’Associazione Culturale G. Berto dell’intero archivio dello scrittore moglianese, che sarà affidato in comodato all’Archivio degli Scrittori Veneti realizzato in collaborazione con la Regione Veneto; si darà l’annuncio della ripresa e della nuova stagione del Premio Letterario e verranno presentate le ristampe di opere di Berto, a cura della BUR.

Giovedì 18 dicembre, sempre a Venezia, presso le Sale Apollinee del Teatro La Fenice, ore 17.00, sarà dedicata una giornata di studi a “La Fantarca” opera televisiva (RAI) del 1966 su testo di Giuseppe Berto e musiche di Roman Vlad. Si articolerà in due momenti: una prima parte con interventi di relatori e una seconda parte con proiezione dell’opera.

“Lasciami contare le stelle”: il racconto di una vita reale, di Elvia Grazi

Lasciami contare le stelle Alessia Sità
ROMA – “… Ho imparato che qualche volta bisogna mollare il colpo, avere il coraggio di lasciarsi portare …”
I sentimenti possono scardinare le certezze mentali che ci si costruisce per tutta la vita? Si può far cambiare rotta ai viaggi della mente per un’intuizione del cuore? E’ proprio questo l’interrogativo che fa da filo conduttore in Lasciami contare le stelle, il toccante romanzo di Elvia Grazi edito da Tea. Bianca è un’affermata donna in carriera della Milano bene. La sua vita sembra essere perfetta, almeno fino a quando il marito non decide di lasciarla per un’altra. La fine del suo matrimonio però, nonostante la sofferenza, l’amarezza e la delusione, segna al contempo un inaspettato inizio. L’incontro con il ribelle Walter, insofferente ai legami sentimentali e fedele esclusivamente a Tabata, la barca su cui vive, cambierà per sempre l’esistenza della donna. Bianca si abbandona totalmente a una liaison fatta di weekend rubati alla monotonia di una vita solitaria, di attimi di fugace passione, di leggerezza e di libertà. Giorno dopo giorno, impara ad alzarsi in volo, a rischiare, forte della consapevolezza di aver già sperimentato sulla propria pelle le “promesse di chi ti dice «è per sempre» e poi ti volti e non c’è già più”. “Lasciami contare le stelle” non è solo un romanzo di formazione emotiva, ma è un viaggio introspettivo, che spinge a indagare nel profondo della propria coscienza. Fin da subito, Elvia Grazi informa il lettore che quella che sta per leggere è “il racconto di una vita reale”. Inevitabilmente, ci si sente trascinanti nel mare delle emozioni e dei ricordi dei due protagonisti. Ci si sente un po’ come Bianca: fragile, piccola, ma allo stesso tempo determinata a vivere una vita a colori, dove il nero non è assolutamente contemplato; ma ci si sente anche un po’ come Walter: ribelle, “elementare, basico, lineare”. Elvia Grazi ha dato voce e anima a un diario di bordo, custode di un amore sui generis, speciale e unico. “Ognuno di noi, ne sono sicura, ci può trovare qualcosa di personale. Sta in questo la grandezza delle storie d’amore. Ed è il motivo per cui non smettiamo di leggerle e di raccontarle”.