La pace nel fiume

sidStefano Billi

ROMA – Alcuni sono convinti che esistano libri belli e libri brutti. O meglio, che alcuni libri siano più belli di altri. Come dar loro torto?

E’ innegabile che ci siano dei testi che sanno emozionare ogni uomo nel suo io più profondo, e che inoltre sappiano far aprire gli occhi al lettore. Perché l’individuo del nostro tempo spesso non vede, o vede male. E anche se osserva il mondo, spesso non lo capisce.

Ecco che allora la letteratura – quella che eleva lo spirito – diviene il faro che rischiarai giorni bui, il grimaldello che scardina la volgarità culturale che accompagna questo tempo di crisi di valori.

All’interno di quella letteratura, fulgido esempio è “Siddharta”, insostituibile romanzo di Herman Hesse, edito in Italia da Adelphi.

A voler dare una descrizione sommaria del libro, si potrebbe riassumerlo nella storia di un giovane indiano che fatica a trovare il senso della propria esistenza. Ma questa sarebbe davvero una descrizione sommaria, e sicuramente riduttiva.

“Siddharta” è qualcosa di più: è la narrazione dei profondi travagli interiori di un uomo, che scopre la fragilità della sua purezza giovanile, che sperimenta il dolore provocato dalla perdizione morale.

Adolescente in cerca del sapere profondo, il protagonista della vicenda – il cui nome rispecchia il titolo del racconto – lascia la casa del padre per diventare adulto, ma al passare degli anni non corrisponde una simultanea crescita della coscienza, e così Siddharta assaggia il sapore amarissimo del fallimento, della mancata realizzazione di quello che si sarebbe voluti essere.

Ma proprio sull’orlo del declino, il protagonista ritroverà se stesso, segno che il cammino verso la saggezza è lungo ma raggiungibile, al volenteroso che lo intraprende.

Herman Hesse crea così un romanzo indimenticabile, la cui lettura riesce a forgiare soprattutto gli animi dei giovani. Difatti, attraverso le pagine immortali di “Siddharta”, proprio i ragazzi possono capire tutto il disagio di chi ha smarrito se stesso, in cerca di un’emancipazione che poi si è rivelata soltanto un abbandono della propria purezza. E così “Siddharta” può educare il lettore a comprendere se stesso, ascoltando il rumore del fiume e del mondo, che poi è il senso della rinnovata meditazione del protagonista della storia. Allora davvero si fa chiaro come anche un barcaiolo, un umile personaggio fluviale, possa diventare un maestro che spinge alla profonda meditazione sul senso della vita.

Asciutto nei dettagli, ma chiarissimo nella sua scrittura, questo libro merita comunque di essere letto, a qualunque età, perché ha il grande merito di lasciare una sensazione di appagante serenità. Quella stessa letizia che è cardine delle filosofie orientali e in particolar modo della religione buddista, sottofondo di tutta la vita del protagonista.

“Siddharta” è uno di quei bei libri che andrebbero assolutamente letti, ed auspicabilmente riletti, come una tappa fondamentale nella vita di ogni uomo. Perché non ci si improvvisa adulti, né tantomeno si cresce solo dal punto di vista anagrafico. Proprio per questo Herman Hesse ha regalato all’umanità una storia di crescita interiore. Proprio per questo, tra le tante cianfrusaglie che circondano i vasi degli alberi di Natale, “Siddharta” può rappresentare il dono più straordinario che si possa ricevere.

“La meraviglia delle piccole cose”: un ritratto dedicato alle famiglie imperfette

Alessia Sità

ROMA – Tutti sognano la famiglia perfetta, quella in cui l’armonia fra genitori e figli regna sovrana e tutti i problemi si risolvono nel migliore dei modi e senza troppi drammi. Come sappiamo, però, la perfezione non esiste. Nel suo romanzo “La meraviglia delle piccole cose”, edito nel 2011 da Leggereditore, la brillante scrittrice Dawn French ci offre un divertente ritratto dei Battles, scardinando completamente l’ideale della famiglia da favola.
Mo è una madre, una moglie, una psicologa ed è quasi autrice di un libro dedicato a tutti i genitori alle prese con i problematici adolescenti di oggi. Nonostante la sua notevole esperienza professionale nel campo dell’infanzia, comprendere i suoi due complicatissimi figli – la diciassettenne Dora, determinata a diventare una cantante di successo, e il dandy Peter, totalmente ossessionato da Oscar Wilde – non è assolutamente facile. La povera Mo si sente puntualmente esclusa dalle loro vite e incapace di dar loro tutto il sostegno e il supporto di cui hanno bisogno. A seguirla passo dopo passo, in questo difficile cammino di crescita e di maturazione personale, c’è sempre il suo paziente e affidabile marito: Den. L’arrivo di Noel, il nuovo tirocinante dello studio, però stravolgerà inaspettatamente la vita della psicologa, che finalmente riscoprirà la bellezza del suo essere donna, riappropriandosi inoltre di quella libertà che per troppo tempo ha sacrificato e raggiungendo allo stesso tempo anche la piena consapevolezza che la vera felicità, in fondo, si nasconde proprio dietro le piccole cose di tutti i giorni. Del resto, sono i semplici gesti quotidiani che aiutano a ritrovare la giusta via quando improvvisamente ci si sente perduti e senza più una meta.
Grazie alla grande capacità di suscitare piccole e grandi emozioni, “La meraviglia delle piccole cose” ha conquistato il primo posto delle classifiche inglesi in soli sette mesi, vendendo 500.000 copie. Con uno stile brillante, originale e soprattutto divertente, Dawn French ci regala un romanzo unico, che ritrae con grande ilarità la classica famiglia imperfetta, con tutti i suoi vizi e le sue virtù.

“L’amore negato” e il presunto diritto alla felicità.

Giulio Gasperini
ROMA – Vero o presunto è il diritto alla felicità? È dovuto o supposto? Esigibile o auspicabile? La Dichiarazione d’Indipendenza americana, già nel 1776, sancì, con forza, che gli uomini, creati eguali, sono stati dotati di alcuni diritti inalienabili “by their Creator”, tra i quali “life, liberty and the pursuit of happiness”; vita-libertà-ricerca-della-felicità. Il diritto alla felicità è anche l’assillante esigenza che muove Severa, la protagonista de “L’amore negato”, l’ultimo romanzo della ahimè dimenticata Maria Messina, edito nel 1928 dall’editore Ceschina. È così urgente la sua pretesa di felicità da soffocare gli altri istinti, da reprimerli inconsciamente, pensando unicamente al fare, all’agire, alla “roba”; proprio quella “roba” di verghiana memoria. Se, infatti, Maria Messina non può iscriversi nell’ambito della letteratura verista, è pur vero che Verga fu l’unico personaggio del mondo letterario col quale la giovane donna ebbe contatti. Maria Messina nacque, guarda caso, a Palermo, fu siciliana: sicché non le fu estranea la “filosofia della roba”, così magistralmente teorizzata soprattutto nelle novelle verghiane. Colpisce, il romanzo, infatti, soprattutto per la spietatezza della vicenda, per l’ineluttabilità dei comportamenti, per il disincanto che la vita oramai pare aver gettato nel cuore di una giovane donna e scrittrice, già consapevole che la sua malattia, la sclerosi multipla, l’avrebbe condotta a una morte attesa e prevedibile; che fu da tutti ignorata.
Severa (che bell’invenzione, il nome!, così altero e austero) disdegna la madre, la sorella, il fratello un po’ picchiato, che finisce per annegare, chissà quanto casualmente, in un fiume tumultuoso. Disdegna la loro vita di povere, le confina nelle stanze che un tempo furon ripostigli, perché il resto della casa le serve per fondare e guidare un’impresa di sartoria: soprattutto di cappellini che, all’inizio, le signore altolocate corron a comprare e farsi fare su misura; poi, virata la sorte, se ne vanno altrove, e a Severa resta l’umiliazione di veder fallire l’impresa nella quale aveva investito ogni più misero soldo di un’eredità ricevuta per grazia d’una vecchia, malata immaginaria ma abbandonata, accudita non per sincero spirito caritatevole, né per mutuo soccorso, ma per gelido tornaconto.
Fallisce, Severa, per causa sua: per la rudezza dei suoi modi, per gli scostanti atti, per una naturale superbia che le derivava dal suo pretendere, senza il minimo dubbio, la felicità. Fu troppo convinta di meritarsela, ché la sua vita era stata indefessa e rigidamente rivolta alla conquista della felicità stessa (che non si può chiamare in altro modo), in un circolo di cause ed effetti che subito, senza troppe illusione, collassò nel dolore. E anche l’amore la stordì: si illuse d’un legame mai allacciato, d’un sentimento mai provato, d’una passione mai esplosa. Si illuse e illudendosi si scoprì fragile, vulnerabile, esposta all’assedio e facile da espugnare: tutto quello che di lei non avrebbe mai voluto né vedere (lei stessa) né rivelare (agli altri).
E per vendetta, nei confronti del mondo, non si concederà la capitolazione, non si accorderà la resa; fuggirà ogni legame, soprattutto quelli familiari, e si negherà ogni altro possibile amore.

“Bastardia”, dichiarazioni d’amore per il mare

recensione Bastardia ChronicalibriAgnese Cerroni
ROMA
– Nota scrittrice portoghese – vincitrice nel 2001 del Premio Pen Club con il suo Lillias FraserHélia Correia in autunno torna in libreria con Bastardia, libro edito da Caravan Edizioni. Al centro di questo racconto avvolgente e sospeso nel tempo, un ragazzo della provincia lusitana povera e profonda, i cui natali incredibilmente fantastici, quando scoperti, lo faranno sempre pensare e infine muovere verso quegli orizzonti sconosciuti. Il giovane Moisés, che vive in un villaggio dell’entroterra che sperimenta da secoli la durezza della vita, protetto da una madre sempre preoccupata ma consapevole del mistero collegato alla sua maternità, deciderà dunque di andar via dal paese pur di andare altrove. L’occasione è lavorare dallo zio, in una località diversa e lontana, dove spera di avvicinarsi ad un mondo mai visto e ora vagheggiato. Nella nuova cittadina, tra umili mansioni da svolgere, circondato da parenti e pari grado, ma soprattutto viaggiatori ed avventori, la sua aspirazione non farà che accrescersi…

“L’Alhaji”:una storia su una Nigeria da tempo preda del nuovo colonialismo.

Giulio Gasperini
ROMA – Potrebbe essere una delle potenze del mondo, la Nigeria, se solo non fosse così terribilmente straziata da sé stessa. È una delle regioni al mondo più ricche di petrolio, è lo stato africano più abitato (160 milioni di persone), ha delle ingenti risorse di sottosuolo e di prodotti naturali. Potrebbe veramente diventare uno dei nuovi fulcri economici del mondo: ma non ci riesce. Troppe divisioni al suo interno, troppi interessi personali e privati, troppe inutili e cieche violenze che ne condizionano la vita, che ne appestano le menti, che ne limitano la lungimiranza e gli orizzonti. Leo Finzi, ingegnere civile esperto di mondo, si concreta come un nuovo Joseph Conrad e il suo romanzo, “L’Alhaji”, pubblicato da Alberto Gaffi Editore nel 2011 nella collana Godot, si esagera come un “Cuore di tenebra” di questa nostra stanca contemporaneità.
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Se leggi questo post … c’è un complotto governativo

Agnese Cerroni
ROMA – Se non riesci a trovare un lavoro decente, la tua casa viene periodicamente svaligiata dai ladri e i tuoi partners inesorabilemnte ti scaricano, non abbatterti! Non è colpa tua, c’è lo zampino dei men in black dell’FBI! Se ti capita di pensare di essere osservato, spiato, seguito, hakerato … hai ragione, è proprio così. Quello che accade a te è esattamente ciò che succede a Jeffrey Parker, il protagonista di A cazzo di cane, il nuovo romanzo di Barry Schechter edito da Casini Editore. Continua

“La sposa ripudiata”, una novità targata Bompiani

Bompiani novità editoriali_chronicalibriROMA – Bompiani porta in libreria “La sposa ripudiata”, il nuovissimo romanzo del giornalista e scrittore iracheno, Younis Tawfik. La vita di Karima, giovane donna marocchina, pare solo peso, senza la luce di alcuna grazia. Dopo un’infanzia segnata dalle violenze del padre, un minatore povero e ubriacone che picchia la moglie e le figlie, l’attrazione adolescenziale per un suo coetaneo, contrastata ferocemente dal padre-padrone, le fa concepire l’idea di rinunciare per sempre all’amore. Continua

“Lavinia”: in guerra per una donna

Recensione di Marianna Abbate a Lavinia_cavallo di ferro

Marianna Abbate
ROMA – Eccoci di nuovo a romanzare, con questo insolito capolavoro rosa di un’autrice epica. Si tratta di Lavinia, della famosissima (per chi ama il fantasy) autrice americana Ursula K. Le Guin, edito per la prima volta in Italia da Cavallo di Ferro. Per chi, come me, non resiste ad una storia d’amore coinvolgente e tormentata- camuffata per di più da un contesto storico di tutto rispetto. Continua

“Si o No? Questo è il problema”: il debutto letterario di Paolo Meneguzzi

Alessia Sità

ROMA “Si o No? Questo è il problema”: non è solo una domanda esistenziale che di solito ci poniamo prima di prendere decisioni che potrebbero cambiare completamente il nostro destino, ma è anche il titolo del libro di Paolo Meneguzzi, pubblicato qualche mese fa da Aliberti editoreNato per festeggiare quindici anni di carriera nel mondo della musica, il debutto letterario del cantante italiano è un romanzo autobiografico fatto sostanzialmente di valori importanti e di grandi emozioni, ognuna delle quali è profondamente legata ad una fase specifica della crescita del protagonista.

Giunto all’altare, il giovane Pablo è assalito da mille dubbi. Improvvisamente tutto quello che sembrava essere una certezza diventa un grosso punto interrogativo; anche sposare la donna che fino a pochi giorni prima sembrava essere quella giusta per l’eternità, diventa un problema non indifferente. Allora che fare? Che cosa seguire: cuore o ragione?
Partendo dai ricordi di infanzia, il protagonista ripercorre tutte le tappe che lo hanno portato al successo: dalle esperienze in Sudamerica a quelle in Europa, passando attraverso un insolito e bizzarro addio al celibato finito in modo alquanto discutibile.
In ogni attimo di vita vissuta non mancano amori, amici e canzoni.
Con uno stile semplice e anche divertente, Paolo Meneguzzi ricorda i momenti salienti della sua carriera e gli incontri che hanno lasciato un segno indelebile nella sua vita.
Si o No? Questo è il problema” è una sorta di “curriculum vitae sentimentale” che ha il potere di fare emergere sensazioni ed emozioni che, almeno una volta nella vita, tutti abbiamo provato.

Una serata che si tinge di "Rosa e Nero"

Marianna Abbate
ROMA – Un uomo un po’ annoiato dalla vita, non riesce a cancellare il ricordo della donna troppo bella che si è lasciato scappare. La segue fino in Brasile, per scoprire che dietro quella bellezza materiale si nasconde un’anima ancora migliore. 
E’ con questa storia rosa che inizia il romanzo, o meglio racconto lungo, di Giacomo Properzj, “Rosa e nero” edito da Mursia.

Ed è qui che la storia assume una tinta decisamente diversa, ma senza entrare mai nella dimensione del romanzo: il protagonista scopre che la donna che ha sempre amato è impegnata socialmente nell’aiuto dei bambini delle favelas. Colpito da questo atteggiamento, decide di fare qualcosa di utile della propria vita e partecipa ad un indagine ad alto rischio sui cosiddetti baby hunters, i cacciatori che vengono da tutto il mondo per godere perversamente dell’uccisione di un bambino.
Una storia che è anche una denuncia, raccontata come un reportage, senza tanti fronzoli e buonismo. Il protagonista non è un santo, le sue scelte non sono guidate dalla morale. 
E’ lo stesso uomo che instaura una relazione sessuale con la figlia minorenne della portinaia, ma poi accoglie in casa una prostituta terrorizzata. La corrente della vita lo trascina con sé, fino a travolgerlo. Le sue scelte influiscono sulla vita di chi lo circonda, ferendo alcuni e salvando altri. E forse i danni sono anche maggiori del guadagno.
Neorealismo pasoliniano che non permette di distinguere nettamente tra il buono e il cattivo, pur evidenziando chiaramente le differenze tra bene e male.
Ma nessuno sarà chiamato a proclamare l’ardua sentenza.