A m’arcord…

ROMA – Io mi ricordo, in dialetto romagnolo. Chissà quante cose aveva scolpite nella memoria Tonino Guerra, il poeta dell’ottimismo; uno dei pochi che riuscì a esser poeta anche al cinema, componendo delle sceneggiature che non furono solo semplici film ma che finirono per comporsi in una lunga e duratura silloge. L’avventura, Matrimonio all’italiana, Blow-Up, Amarcord… Nomi immortali, più celebri delle sue poesie stesse, dei titoli delle sue raccolte. Il poeta Guerra, romagnolo puro e cristallino, forte e fiero come zolla, è stato forse un po’ troppo ignorato, dimenticato, rimasto impolverato sotto l’occhio indifferente di una critica (ma, soprattutto, di un pubblico), che legge con diffidenza la poesia; e, ancor di più, la poesia in dialetto.
Oggi Tonino è morto; per la Giornata Mondiale della Poesia. Prima di lui se n’era già ampiamente andato l’ottimismo. Adesso rimangono le sue poesie.

 

E’ pióv.

 

L’aqua ch’la bagna e ch’la fa léus i cópp
la casca te curtéil dreinta e’ tinazz;
Ciudei la porta e pu mitéi e’ cadnazz,
ché ‘d fura e’ dvénta una nòta da lóp.

 

E’ pióv sal chèsi, e’ pióv si èlbar chi è néud,
e sòta e’ vièl e’ passa la caròza;
mo tla cuntrèda i va mèni in bascòza
e in tèsta un fazulètt sa quatar néud.

 

Ò tróv un léibar vècc dréinta una cassa,
eun ad chi léibar che t’a i craid smaréid;
e’ zcòrr ch’u i é una béssa te su néid
ch’la sta a séntéi se pióv una gran massa.

 

 

Piove.

 

Un’acqua che bagna e fa luccicare i coppi
casca nel cortile dentro il tino
Chiudete la porta sprangate con la catena
fuori si prepara una notte da lupi.

 

Piove sulle case, piove sopra gli alberi nudi,
per il viale passa la carrozza
su nella contrada camminano con le mani in tasca
e un fazzoletto con quattro nodi in testa.

 

Io ho trovato un libro vecchio dentro una cassa,
uno di quei libri che tu credevi perduto,
racconta che c’è una biscia nel nido
che ascolta se comincia a diluviare.

“Odio la matematica!”, il problema di non saper risolvere i problemi

chronicalibri_recensione_odio matematicaROMA “La maestra ha detto che se mi esprimessi in matematica con la stessa abilità con cui mi esprimo in italiano, sarei il primo della classe. Ecco la dimostrazione che la maestra Flora ha una fissa per questa materia: anche quando usa gli aggettivi anziché pescare tra quelli qualificativi, sceglie i numerali.”

 

Leo ha quasi undici anni e il suo grosso problema sono i problemi di matematica; lui odia trovare soluzioni numerali a quesiti matematici. “Odio la matematica!” di Emanuela Da Ros (già autrice di “Avventure in cucina” e “Ricette per ridere”) e pubblicato dalle Nuove Edizioni Romane, è un simpatico volumetto che tratta un piccolo “dramma” quotidiano con semplicità e spensieratezza.

Leo adora la maestra Flora nonostante quest’ultima sia così affascinata e presa dai numeri da non accorgersi che a lui questi “scarabocchi” non vanno proprio giù. Ma, con il tempo, Leo imparerà che anche la matematica ha qualcosa di comprensibile e che la maestra Flora non è solo una maestra, ma una donna con la propria sensibilità e i suoi grandi e piccoli problemi.

Bologna Children’s Book Fair, l’appuntamento della Letteratura per Ragazzi

chronicalibri fiera per ragazziBOLOGNA – Ventimila metri quadri per la più grande Fiera di Letteratura per ragazzi, in programma fino al 22 marzo. Stiamo parlando di Bologna Children’s Book Fair, riconosciuta in tutto il mondo come l’evento da non perdere per tutti coloro che si occupano di contenuti culturali per ragazzi, alla Fiera del Libro sono ammessi unicamente gli operatori del settore: editori, autori, illustratori, traduttori, agenti letterari, business developer, licensor e licensee, packager, stampatori, distributori, librai, bibliotecari, insegnanti, fornitori di servizi editoriali.
Gli operatori del mercato globale del copyright possono trovare in questa Fiera l’ambito ideale in cui sviluppare al meglio le proprie attività quali vendere e acquistare copyright, scegliere i migliori contenuti dell’offerta editoriale e multimediale globale per ragazzi, sviluppare nuovi contatti e consolidare rapporti professionali, scoprire nuove opportunità di business e confrontarsi con le nuove tendenze del settore.

Il Portogallo é il Paese ospite d’onore alla Mostra degli Illustratori 2012; una partecipazione di forte interesse, che offre agli operatori professionali dell’editoria per ragazzi, a Bologna per la quarantanovesima edizione della  FIERA DEL LIBRO PER RAGAZZI, l’opportunità di conoscere meglio la produzione del più occidentale  dei Paesi Europei. Un’occasione importante di riflessione sulla cultura portoghese, di tradizione iberica, meno conosciuta internazionalmente della cultura spagnola, ma assolutamente non meno importante per il suo contributo letterario e per la sua storia.

Il Portogallo porta in mostra a Bologna Como as cerejas (Come le ciliegie) che propone una selezione di opere di artisti già affermati nell’ambito dell’illustrazione per ragazzi e di giovani talenti, che consentiranno di apprezzare le più attuali espressioni della scuola portoghese. Evocativo il titolo della mostra: “Como as cerejas”, come le ciliegie, infatti, ogni tavola in mostra spinge il visitatore alla successiva, accendendo la curiosità di scoprire un altro tassello della straordinaria cultura portoghese.  La Mostra é ospitata al Centro Servizi del Quartiere fieristico di Bologna, luogo tradizionalmente dedicato all’illustrazione, animato, nelle giornate di fiera anche dal ricco programma di incontri che si susseguono al Caffè degli Illustratori, con  illustratori, autori e protagonisti del mondo dell’editoria

“La palude e la balera” il libro di esordio di Adriano Marenco

Alessia Sità

ROMA – ‘Nella palude ci sono solo due stati atmosferici. Un caldo che brucia i pensieri. Una pioggia che annega i pensieri. Alla palude si crepa o di caldo o di odio. Mica si crepa soli di cecchino. Sotto una pioggia sabbiosa che quando casca pare non finire mai. E quando finisce, la pioggia si secca in un amen’.
Smarrimento, desolazione e dolore, sono queste le sensazioni che si provano leggendo il libro di Adriano Marenco, “La palude e la balera”, pubblicato da Edizioni Progetto Cultura. Nella palude ‘vivacchiano tranci d’esseri umani’ privi di nome e di memoria. Su questi ‘pezzi di uomo’ vigila uno spietato cecchino che, pur di mantenere l’ordine del posto o anche solo per porre fine al proprio tedium vitae, è pronto a mutilare gli abitanti senza alcuna pietà; e non fa alcuna differenza che si tratti di anziani, donne o bambini. L’unica speranza per questa misera gente, la cui vita è stata ormai ridotta ‘al grado zero dell’umanità’ , è soltanto l’illusione di poter raggiungere la balera ‘vera, con le lucette intermittenti e tutto il resto. Compreso il fresco dolce della sera’. Un luogo in cui nessuno potrà più rubare ‘pezzi di uomo, cuore, anima e lingua’ e dove ognuno potrà finalmente riavere un nome e la memoria del proprio passato. Nel libro di Marenco ogni personaggio è imprigionato in un ruolo: vecchio, bambini, pazzi, sposa, madre; tutti destinati a vivere in una condizione esistenziale misera e priva di gioia. Eppure, nonostante tutto, si intravede nelle figure femminili una flebile speranza di salvezza, una possibilità di riscatto da una condizione sociale sempre più degradante. “La palude e la balera”  è una logorante e inevitabile riflessione sul senso della vita e sullo straniamento estenuante di una società, convinta ormai che esista ‘un futuro  distante non più di 120 secondi’.

L’Editoriale: VerbErrando, cronaca delle parole

ChronicaLibri editorialeROMA – Parte oggi VerbErrando, cronaca delle parole, uno nuovo spazio dedicato agli eventi, rassegne, incontri e appuntamenti letterari. A raccontarci cosa succede sulla scena editoriale romana e italiana c’è la scrittrice Veruska Armonioso; attraverso la sua penna conosceremo i libri e gli scrittori che popolano il variopinto mondo culturale di questo periodo. Con una scrittura descrittiva, coinvolgente e spensierata, Veruska ci porterà in viaggio alla ricerca delle parole.

 

A spasso per Monti, mi presento
Che arriva la primavera non te ne accorgi dal calendario, ma dalle porte aperte.
Quando, dopo aver aperto la porta, non fai caso a richiuderla perché tanto non c’è freddo da bloccare all’entrata, ecco… quello è il momento.
Così, piano piano, le strade si popolano di passeggiatori che, senza una meta precisa, si aggirano per vicoli, piazze, alla ricerca di nuove scoperte. Il Rione Monti è un Barrio, speciale in questo. Solo lì recuperi una parte di te che non hai altrove, la parte della città che non sarà mai di nessun viaggiatore occasionale. Monti è di chi a Roma ci viene per restare, di chi se ne è perdutamente innamorato e proprio non riesce a starne senza. La casa di appuntamenti all’aperto più romantica che ci sia, dove l’arte si mette in mostra in tutte le sue declinazioni per farsi scegliere e portare a casa. Dove c’è posto per ogni pensiero, dal più pudico al più spregiudicato, dove le clandestinità si condividono tra sconosciuti per appartenenze, con una birra ghiacciata in mano e un libro nella tasca. In una serata come questa, passeggiando per via Leonina, trovi Orlando e Ofelia. Non so se Ludovico Ariosto e William Shakespeare avrebbero mai fatto incontrare questi due epici paladini dell’amore folle, ma Roma lo ha fatto accadere attraverso una porta aperta, al civico 85. Non entrare è impossibile, sei attratto da una forza magnetica che ti trascina dentro e di colpo ti trovi in un luogo curioso, un luogo di libri; arte figurativa per lo più, e poi, man mano che procedi attraverso le sale, scopri che non è un luogo ma una casa, una casa dell’arte. C’è una veranda vestita a serra dove si beve e ci si intrattiene al chiar di luna, una botola che, attraverso una scala a chiocciola, ti fa scivolare in un sottoscala umido e freddo, completamente bianco, dove alloggia una mostra di pittura. Risalgo e trovo, seduto su una poltrona (non si sa se vintage o antica ma, di fatto, non nuova) Claudio Morici che legge le filastrocche di Maurizio Ceccato impegnato, intanto, con una bomboletta spray oro, a rivestire la porta d’entrata con un’illustrazione tratta dal suo libro “Non capisco un’acca” (ed. Hacca 2012).
Assaporo ogni passaggio di questa delizia dei sensi, dove le parole giocano a servire le immagini di Ceccato in un rebelot di identità stornate, rielaborate e poi riassegnate che fanno di questo libro un prezioso oggetto da sfogliare con parsimonia, centellinandone ogni centimetro quadrato.

 

L’affabulazione del suo gioco ti proietta in una dimensione di onirica visionarietà, fluttui in un’aria rarefatta, sospeso tra i suoi vedononvedo, attraversato dai suoi vagoni… percepisci con ogni cellula del tuo corpo le possibilità, infinite e indefinibili, che la mente può riservarti. Una casa dell’immaginazione spregiudicata, raccontata con poesia semiotica in tutte le sue forme.
Uscire da quel luogo ha il sapore amaro dell’addio… meno male che c’è Monti fuori ad aspettarmi…il mio luogo…quel che mi manca quando sono altrove… il luogo che parla di me, fatto della mia gente, di gente come me… esploratori pagani alla ricerca di scoperte nuove… e di nuove immaginazioni.
Orlando e Ofelia, via Leonina 85, Rione Monti, Roma.
“Non capisco un’acca” di Maurizio Ceccato, ed. Hacca 2012

 

Veruska Armonioso per ChrL

Vintage: l’eterna Poesia di Sandro Penna

ROMA – Fu poeta dalla vena lirica potente e intensa, Sandro Penna, colorata e umile nello scegliere la parole. Ma estremamente raffinata nel legarle, nell’allacciarle in isole di significati e di suoni che ci fanno scoprire quanto la realtà fisica sia importante, ci fanno sorprendere di quanto i colori siano fondamentali, ci fanno esagerare quanto l’orizzonte possa spingersi ancora un po’ più oltre del nostro sguardo. E di quanto la semplicità possa essere la forma più intensa di ricchezza ed eleganza.

Buona vita e buon risveglio a tutti!

 

La vita… è ricordarsi di un risveglio
triste in un treno all’alba: aver veduto
fuori la luce incerta: aver sentito
nel corpo rotto la malinconia
vergine e aspra dell’aria pungente.
Ma ricordarsi la liberazione
improvvisa è più dolce: a me vicino
un marinaio giovane: l’azzurro
e il bianco della sua divisa, e fuori
un mare tutto fresco di colore.

Sandro Penna – Poesie (1927-1938)

Da Feltrinelli “La cucina del buon gusto”

ROMA Feltrinelli pubblica “La cucina del buon gusto”, un libro di Maria Rosario Lazzati e Simonetta Agnello Hornby per celebrare la gastronomia italiana. “Brillat-Savarin è stato per noi una scoperta recente. Avevamo già deciso di scrivere un libro di cucina per esprimere la profonda gioia che ci dà il cucinare e il grande conforto che ne abbiamo tratto vivendo all’estero. Volevamo celebrare la gastronomia e i piaceri dei sensi che si incontrano nel preparare il cibo, nel servirlo e nel mangiarlo. Cucinato, condiviso, consumato da soli, regalato; occasione d’incontro, simbolo di appartenenza a gruppi e a religioni, nutrimento del corpo e della psiche, il cibo è potentissimo antidoto contro l’isolamento e la tristezza. Ce ne siamo rese conto quasi per caso. Rosario, da bambina, nella cucina di casa si incantava a osservare la trasformazione degli ingredienti in pietanza; da adulta, all’estero, cucinava per mantenere la propria identità e ha cominciato ad apprezzare dettagli che danno piacere, come organizzare e riordinare la dispensa, fare la spesa nei mercati del quartiere e cucinare con i fiori del terrazzo. Molte alunne della sua scuola di cucina londinese frequentano i corsi da anni, perché hanno imparato che cucinare aiuta a stare meglio. Simonetta, cuoca per tradizione familiare e per necessità, ha sperimentato attraverso le vicissitudini della vita il valore catartico della cucina. Per lei, la cucina e la tavola, oltre a essere elementi fondamentali dell’esistenza, costituiscono un trionfo dei sensi, della bellezza e dell’ospitalità.” (Simonetta Agnello Hornby e Maria Rosario Lazzati)

“Voce rauca di mare”: quando il silenzio della parola graffia la gola

Giulio Gasperini
ROMA – La questione su cosa sia la poesia e a cosa serva ha segnato l’evoluzione della poesia stessa. La parola poetica è sempre stata costretta, dalle origini del canto lirico e monodico, a portare avanti una doppia ricerca: su sé stessa, prima di tutto, e sulle sue potenzialità sempre rinnovate (e rinnovabili), ma anche sulle ragioni che giustificavano sé stessa. Sicché, esistendo, la parola poetica ha sempre dovuto fornire anche le ragioni della sua esistenza: un compito gravoso, inesauribile, e che, numerose volte, l’ha persino lasciata inerte. È ancor più impressionante, allora, che sia un poeta dalla giovane età ed esperienza ad aver di nuovo raccolto (e sviluppato) tale aspetto poetico. Il titolo della silloge di Luigi Imperato, pubblicata da Editrice Zona, è profetica e violentemente significativa: “Voce rauca di mare”.
La voce è rauca, o del tutto assente. E la voce è quella che narra le poesie, che le recita, che conferisce loro il significante. Per questo, paradossalmente, graffia ancora di più, ferisce e tramortisce come se fosse reale, concreta, e avesse una forza devastante. È una voce che denuncia la tragedia, l’idiozia, la meschinità dell’uomo e che non ha paura di additare i responsabili, i cospiratori, i venditori di dolore (perché oramai anche la sofferenza è business). “Dove anche il dolore | diventa ricordo”: ecco il luogo dove la poesia trova un suo senso più puro, più cristallino. Ed ecco, allora, che la poesia si fa compagna della partenza, del tentativo di dare un nuovo senso al mondo che ha perso il suo: “Sono pronto ad aspettarti. | Attendo l’esilio | per poter ricominciare”.
Il silenzio è altrettanto pieno di significanti e di significati, esattamente come se fosse popolato di parole; è la loro assenza che detta la sua metrica, la sua potenza evocativa e significativa: “Talvolta parla chiaro la lingua del silenzio”. Il poeta non ha un ruolo messianico, non è un profeta. È colui che nella fiumana del mondo sta immerso ma che ha il coraggio di rifiutare il baccano senza senso, il rumore assordante che non comunica nulla, e che ancor a meno serve: “l’udito è offeso | da suono indiscreto | che si fa presente, | non richiesto, | pretende ascolto | solo perché, | senza ragione, | emesso”. Come a dire che la capacità di emettere fonemi non ci autorizza ad abusarne, se li usiamo tanto per usarli. In un mondo di comunicazione ininterrotte e mai esauste, il silenzio diventa l’arma più potente per combattere un sistema che zoppica; anzi, che sta per crollare.
La poesia pare dimessa e violenta, ma solo perché è quotidiana, terrena: e la realtà, nei nostri anni Zero, ha creato solo frustrazione e indignazione. Sicché è una poesia che pare di “parole nate notturne per non farsi notare”; ma che notare, invece, si fanno benissimo, proprio con le loro verità e rivendicazioni silenziose.

“Prendila con filosofia!”

Stefano Billi
ROMA – Che cos’è la filosofia? Cosa vuol dire “amore per il sapere”?

Per la maggior parte delle persone la filosofia si manifesta come una materia di studi liceali, che per tre anni si è costretti ad imparare: nozioni, concetti, sforzi mentali – anche ardui – per una disciplina che i più fortunati (o sfortunati, a seconda della prospettiva del lettore!) dovranno approfondire solo per poco tempo della loro carriera scolastica. Dunque, uno sforzo limitato nel tempo, ecco il significato ultimo che taluni potrebbero dare alla filosofia, relegandola ad una sorta di “naya” del pensiero.

Fortunatamente, la filosofia non è affatto questo.

A testimoniarlo, tra gli innumerevoli testi che l’umanità ha conosciuto, c’è l’interessantissimo libello “Prendila con filosofia!”, edito da Il Melangolo, che racchiude al suo interno una serie di massime di pensiero di alcuni tra i più imponenti filosofi greci dell’antichità, tant’è che l’opera riporta – come autori – la dicitura “Socrate & C.”.

L’opera si suddivide in una settantina di tematiche di vita quotidiana – come l’amore, la morte, la virtù, l’odio, la libertà, il tempo – affrontate attraverso il contributo di quel manipolo di pensatori ellenici succitati, come se si chiedesse ad uno di essi la propria risposta in merito alle grandi questioni dell’esistenza.

Così, in poche righe, si conosceranno massime d’esperienza che aiutano a riflettere sul senso profondo delle cose e su come i problemi che ci affliggono spesso possano essere risolti facendo ricorso alla filosofia, che diviene dunque un modus vivendi da coltivare quotidianamente.

Tant’è che le origini della filosofia la tratteggiano, più che come una scienza o un lusso speculativo, piuttosto come una riflessione collegata fortemente alla realtà quotidiana, praticata per le strade, nelle piazze, a riprova della sua “utilità pratica”.

Il libro, perciò, lungi dal voler rappresentare un trattato filosofico o una dissertazione sui massimi sistemi, ha il pregio invece di manifestarsi come una serie di esercizi di pensiero sui temi importanti per la vita di ognuno. Praticando costantemente la filosofia e lasciandosi aiutare dall’imprescindibile contributo di quei filosofi che hanno determinato l’evoluzione culturale dell’umanità, il lettore può davvero plasmare la propria coscienza per arrivare così ad una vera salute dell’animo, indispensabile quanto la salute corporea.

Per dirla alla maniera dei curatori dell’opera, “prendila con filosofia significa dunque: sforzati di prenderti cura della tua vita attraverso gli esercizi filosofici“, col vigoroso incitamento proveniente dai quei maestri greci ad allenare la propria esistenza, per diventare concretamente libero!

Allora cosa aspetti?

“Prendila con filosofia!”

Scacco alla Torre


Silvia Notarangelo

ROMA – Era da tempo che Marco Malvaldi coltivava questo pensiero. Sfatare l’idea che a Pisa ci sia da ammirare soltanto la bellissima Torre e rendere giustizia di altri angoli della città che meriterebbero altrettanta considerazione. Nasce così “Scacco alla Torre” (Felici Editore), non una vera e propria guida, piuttosto una raccolta di descrizioni, impressioni e aneddoti, redatta da un pisano doc.
Si parte dai lungarni, in assoluto il “luogo più caotico della città”, dove è consigliabile non avventurarsi se si ha voglia di una tranquilla passeggiata in bicicletta. Complici il traffico e alcune inspiegabili scelte di viabilità, i lungarni sono infatti off limits per i ciclisti e rischiosi, probabilmente, anche per i pedoni. Meglio, allora, attendere giugno e posizionarsi sul più sicuro Ponte di Mezzo per assistere alla rievocazione di un gioco medievale o lasciarsi trasportare dall’adrenalina del Palio di San Ranieri.
Qualora il vostro obiettivo non sia esclusivamente la famigerata Torre, ecco che cosa potreste visitare senza correre il rischio di restare delusi: la Chiesa della Spina, uno degli esempi di architettura gotica più belli d’Europa, l’Orto Botanico voluto nel 1543 da Cosimo de’Medici, Piazza dei Cavalieri dove ha sede Palazzo della Carovana, “il palazzo più elaborato della città”. Dopo tanto girovagare vi è venuta fame? Nessun problema, Pisa è città universitaria e questo si traduce in un’altissima concentrazione di locali, bar e ristoranti adatti a tutte le tasche.
Se poi non sapete proprio resistere al fascino di Piazza dei Miracoli, tenete a mente almeno un paio di cose. Primo, dotarsi di una guida. Secondo, non disdegnare una visita notturna. Perché se è vero che di giorno sono i turisti ad imperversare, con il naso all’insù o catturati dalle immancabili bancarelle, di notte la piazza torna ad essere dei pisani. E nessuno meglio di loro vi saprà raccontare tutto quello che i comuni manuali non dicono. Solo un pisano vi potrà indicare dove sono le dita del diavolo, dove spunta tra gli altorilievi la testa brillante di una lucertola o dove si nasconde, nella cornice dei Santi, qualche incredibile intruso.