Topipittori: “Depero e la casa del mago”, l’arte futurista è uno spettacolo per tutti

Depero_Topipittori_CHRLGiulia Siena
PARMADepero e la casa del mago, il libro scritto da Marta Sironi e disegnato da Lucia Pescadorè un vero e proprio spettacolo futurista in cui il giovane lettore viene trascinato per diventare spettatore, musicista, attore, sceneggiatore o suggeritore. Il volume, pubblicato dalla casa editrice Topipittori nella collana PIPPO (Piccola Pinacoteca Portatile) è stato realizzato in collaborazione con il MART e la Casa d’Arte Futurista di Fortunato Depero di Rovereto.

I futuristi furono dei veri e propri maghi; loro, in tempi non sospetti, cominciarono a usare colori e forme per le loro pozioni magiche: qualche triangolo, bulloni d’acciaio, teste fluorescenti e parole inventate… da questi oggetti prendono vita personaggi strambi. Nasce, così, il teatro futurista, il grande spettacolo senza regole né vincoli. Arrivano, poi, le locandine pubblicitarie e le riviste, i quadri, gli spartiti e le mostre . Tutto, in questo momento è arte, arte futurista. Lo sa bene Fortunato Depero che, fin da piccolo, in un piccolo paesino di montagna, disegna e vuole conoscere altri artisti. Comincia a viaggiare e arriva a Roma, conosce i Futuristi ed è subito amore. Pensa, però, che dovrebbe tornare sui suoi monti e continuare lì l’arte futurista: è il 1920 e questo ragazzo cresciuto disegnando fonda la Casa d’Arte Futurista Depero che realizza arazzi e tappeti, giocattoli e vestiti, mobili e scenografie, pitture, pubblicità, libri e riviste. Ma non basta, Fortunato continua a viaggiare: gli oggetti, i colori, i rumori, i luoghi e le forme gli lasciano sempre qualcosa, qualcosa che deve trasporre in arte. Depero continua così a giocare: si fa scenografo e scultore, scrittore, comunicatore, pittore e poeta. Intanto, però, viaggia, accumula sogni, materiali e parole per trasformarli in oggetti reali che donano gioia.

 

Depero e la casa del mago è l’omaggio della casa editrice Topipittori a un genio dell’arte italiana. La sua vita – tesa alla continua ricerca di stimoli – è stata essa stessa arte senza regole né bugie ma votata alla gioia della creazione e della libertà di espressione. Questa allegria artistica rivive nelle pagine di questo libro, diventando nuova linfa per i giovani lettori. L’arte non ha età.

Premio Andersen 2015, i vincitori della trentaquattresima edizione

premio-andersenGENOVA – Dopo un anno di letture, recensioni e analisi, la rivista ANDERSEN annuncia i vincitori della trentaquattresima edizione del PREMIO ANDERSEN, il più ambito riconoscimento attribuito ai libri per ragazzi, ai loro autori, illustratori ed editori: un’occasione per riflettere sull’annata editoriale con un’attenzione particolare alle produzioni più innovative e originali. Osservando i vincitori dell’edizione 2015 del Premio Andersen – annunciati dopo un anno di letture, recensioni e analisi – è possibile individuare quali generi, tematiche e tendenze sono emerse con maggior forza nel panorama dell’editoria per l’infanzia del nostro Paese, dalla memoria storica (in particolare della Grande Guerra) al linguaggio del fumetto e a quei tanti libri lontani dall’attualità ma vicini all’infanzia e al suo sguardo sul mondo. Continua

Due pappagalli spiegano il consumismo ai bambini

I due Pappagalli pigliatuttoGiulio Gasperini
AOSTA – Come si può spiegare il consumismo ai bambini? Come poter far capire ai futuri abitanti di questo pianeta un concetto difficile, che potrebbe influenzare il loro comportamento e il loro impatto sul mondo? Semplicemente con l’utilizzo di due pappagalli, in I due Pappagalli pigliatutto. L’autore di questa storia senza parola, edita da Edizioni Terra Nuova, nella collana Terra Nuova dei Piccoli, è Dipacho, nato nel 1984 a Bogotà e tra i massimi illustratori dell’America Latina.
Uno nero col becco giallo se ne sta sui rami sinistri dell’albero; su quelli destri, intelligentemente speculari, se ne sta uno bianco col becco arancione. Continua

“La finestra viola”, quando gli artisti lasciano il segno

La_finestra_viola_Cop_chronicalibriGiulia Siena
PARMA – L’amicizia, a chilometri di distanza, può essere legata a un filo colorato, immaginario e fantasioso. L’amicizia tra Giulio, che vive in una città italiana affacciata sul mare e Adama, un bambino di un villaggio africano, nasce per caso e continua, nonostante la distanza, grazie ai colori. La finestra viola, la favola scritta da Fuad Aziz e pubblicata dalle Edizioni Artebambini, racconta di questa amicizia e narra, in modo semplice e poetico, dei colori.
Adama, infatti, scrive a Giulio e gli racconta di aver visto un quadro bellissimo, un dipinto coloratissimo di Paul Klee. Catturato dalla vivacità espressa dal quadro, dal calore immenso dato dai colori, Adama vuole condividere quell’emozione con il suo amico lontano. Dall’altra parte del mare, Giulio gli risponde e si ritrova in quella immagine descritta così bene dal bambino africano; Giulio, in Italia, vive sul mare, in una casa di pescatori, in una di quelle colorate con i colori del cielo, dKleeel sole e della terra. Adama, leggendo quelle parole, ha un’idea. E se anche il suo villaggio fosse così colorato? Così convince tutti a dare colore alle proprie case, ognuna con una tonalità diversa. E un giorno, mentre un pittore straniero passeggia per le vie del villaggio incontra il piccolo Adama, si lascia trascinare dal bambino ad ammirare i colori vividi e avvolgenti della sua casa. Ma al pittore non basta, oltre a guardare, si lascia ispirare e dipinge una finestra, una finestra viola.

 

Fuad Aziz, in questa favola di amicizia e diversità, inserisce la figura possente ed enigmatica di Paul Klee, il pittore tedesco che si lasciò coinvolgere dalla luce e dalla ricchezza cromatica della Tunisia. Questo, de La finestra viola, è un viaggio nell’arte, nella storia e nelle ambizioni.
“Il colore mi possiede; il colore ed io siamo una cosa sola”. P. Klee

Le “Bùlastrocche” che sconfiggono le paure dei bambini

BùlastroccheGiulio Gasperini
AOSTA – Marco Zanchi è un avvocato con la passione della poesia e delle filastrocche. Dopo il riuscito esperimento delle Gufilastrocche (La Toletta edizioni), i suoi testi tornano in libreria nel volume Bùlastrocche, edito da CLEUP (Coop. Libraria Editrice Università di Padova), con i disegni di sei bravissimi illustratori: Alessandro Coppola, Luca Monfardino, Sergio Olivotti, Miriam Serafin, Mariacecilia Tiozzo e Tommaso Vidus Rosin, e la postfazione di Livio Sossi, docente di letteratura per l’infanzia all’Università degli Studi di Udine e all’Università del Litorale di Koper (Capodistria).
Le “Bùlastrocche” sono raccolte in sei sezioni, ognuna illustrata da un autore diverso. Si inizia coi “Rimostri”, illustrati da Tommaso Vidus Rosin, una carrellata di filastrocche sui mostri che più diffusamente popolano gli incubi dei bambini, dall’orco (“tutto nero e pure sporco”) alla strega (“d’evitarla dunque prega”) allo yeti (“non c’è molto da star quieti”). I disegni di Luca Monfardino accompagnano la seconda parte, quella dei Mischiamostri: lo Spaventatutti (“Spaventar la sua missione”), Mummiao (“Gatto nero imbalsamato”) e la Sirenera (“di carattere astiosa / Sirenetta tenebrosa”). Le Cadaverime, le cui immagini di Sergio Olivotti così tanto ricordano il Tim Burton de La sposa cadavere, sono la terza sezione, dove compaiono gli abitanti del mondo dei morti: gli zombi (“rigidini come piombi”), lo scheletro (“della linea ne va fiero”), Dracula (“brutto pure è il suo castello”). Gli animaloschi sono i protagonisti della quarta sezione, decorata da Mariacecilia Tiozzo: il T.Rex (“era ghiotto di budino”), il serpente (“vorrebbe a tutti dare un gran morso”), lo squalo (“da domani via in montagna / là lo squalo non ti magna”). La quinta sezione è dedicata invece alle paure più diffuse tra i bambini, con le illustrazioni molto oscure di Miriam Serafin: la siringa (“tutti temon la siringa”), l’interrogazione (“e poi svieni per tre ore”), gli occhi nel buio (“vedi solo pelouche sopra il tuo letto”). L’ultima sezione, con le illustrazioni di Alessandro Coppola e il suo personaggio dai capelli rossi, è dedicata a paura più sociali e collettive: la fame (“resta il morso della fame”), l’inquinamento (“acqua putrida e fetente”), i ladri (“scoprirli in casa vestiti di nero”).
Le “Bùlastrocche” affrontano le paure più frequenti dei bambini, ma che spesso anche molti adulti cullano nel proprio intimo, incastonate nell’essere più profondo (e che troppo sovente non hanno il coraggio di affrontare compiutamente). Per questo, le “Bùlastrocche” sono uno strumento, quasi un mantra o un salmo da ripetere, per chiunque abbia a che fare con un’angoscia, un trauma, un terrore. Le immagini splendide dei sei illustratori trasportano la parole su un piano diverso, visivo e decorativo, colorato e spesso crudelmente evocativo, e danno più valore e più potenza al potere curativo delle rime e dei suoni. Sono giocose, è vero, queste filastrocche, ma si sa che il gioco ha potenzialità enormi, e la parola ancora di più.

Le mine antiuomo e la dolcezza di una rinascita

Miss MinaGiulio Gasperini
AOSTA – Le mine antiuomo fanno ancora danni: ogni anno circa 3600 tra morti e feriti. Quasi l’80% sono civili, la metà bambini. Sono dati questi, sui quali anche i bambini possono cominciare a riflettere, assumendo coscienza di un problema che riguarda i loro coetanei di altre culture e provenienza, neanche così distanti (in Bonia, a pochi chilometri da noi, si calcola che ci siano ancora 120.000 mine da disinnescare). Miss Mina di Marco Innocenti, edito da Edizioni Corsare (2015) è un racconto per bambini dai 9 anni, che li proietta in una nuova geografia, quella lontana dell’Angola, e li avvicina a un problema serio, reale, che altri bambini in tutto il mondo hanno: quello della possibilità di saltare su una mina antiuomo, magari durante una corsa, e perdere un arto, un braccio, una gamba, quando non la vita stessa.
Fatima è una ragazzina che abita in un villaggio dell’Angola, assieme alla madre e al fratellino Manuel; un giorno, durante una gara di corsa col fratello, mette il piede su una mina. I medici riescono a salvarla ma la bambina perde la gamba. Comincia, per lei, un lungo percorso non solo di riabilitazione ma anche personale, durante il quale la bambina comincerà a capire che si può vivere anche con una menomazione come la sua. Conoscerà, grazia all’amico Toninho, una squadra di calcio composta esclusivamente da ragazzi vittime di amputazioni, e soprattutto diventerà amica di Teresa, una ragazza con il suo stesso destino. Ma sarà proprio Teresa a farle conoscere nuove possibilità, tra cui anche il concorso “Miss Mina”, un concorso di bellezza destinato soltanto a ragazze con delle amputazioni, il cui premio finale è proprio una protesi, così necessaria ma anche così cara e difficile da avere. Il governo angolano, infatti, non ha la possibilità di pagare una protesi a tutti i suoi cittadini; così Fatima comincia a sognare di poter vincere il concorso e avere di nuovo una vita “normale”. Ma la normalità, anche in questa storia, è soltanto un punto di vista, perché normale, ci insegna Fatima, è tutto quello nel quale impariamo a vivere a nostro agio e comodità, lasciandoci accarezzare i capelli dal “vento, carico di speranze”.
Ad accompagnare questa bellissima storia di dolore ma anche di voglia di rinascita, le illustrazioni in bianco e nero di Maria Cristina Costa.

“Codinobianco e il cappello pensante”: l’avventura di un leprotto come mezzo di crescita per ogni età

codinobianco_e_il_cappello_pensanteGiorgia Sbuelz
ROMA – Quanto coraggio occorre a un leprotto per attraversare il bosco insidioso alla conquista di un Cappello Pensante, o… di sé stesso?
Codinobianco è un leprotto che abita in una graziosa tana fra i cespugli di biancospino. Accudito dalla sua famiglia, vive in una cornice rassicurante che profuma di erbe selvatiche e pane appena sfornato, ha degli amici fidati e le sue giornate sono sempre uguali, proprio come si addice a un buon leprottino. Eppure Codinobianco sente di avere un limite che lo preoccupa: la memoria.
Quando Codinobianco poggia qualcosa da qualche parte, la dimentica, così come succede con le faccende ordinate da mamma e papà, per non parlare dei compiti di scuola! Un giorno viene a sapere dell’esistenza di un Cappello Pensante in grado di donare la memoria a chiunque lo indossi. Decide immediatamente che deve esser suo, ma… come ogni orpello magico, o strumento di crescita, non è facile da ottenere, e in questo caso Codinobianco dovrà raggiungere la bottega di un’anziana topolina, la Signora Agoefilo, sulle sponde del lago oltre i limiti del bosco. Non solo: la bottega compare e scompare a suo piacimento e occorre trovarla prima che scenda la sera.
Comincia l’avventura di Codinobianco, le cui imprese sono accompagnate dal canto del vento saggio, che sottolinea, commenta e suggerisce, un percorso che è quello di ogni bambino che si affaccia alla vita: “Per ottenere qualcosa di buono e bello è necessario non mollare mai, e non stancarsi di sognare. Anche la speranza ci aiuta a non smarrire la giusta strada, come l’amore”.
Codinobianco e il cappello pensante di Miriam Dompieri Negri, edito dalla veneziana Marcianum Press, è la favola per il bambino e il vademecum per l’adulto, poiché esiste un bosco per ogni età, con le sue prove e i suoi insegnamenti, e le storie come quella di Codinobianco aiutano a ricordare quale sia l’equipaggiamento essenziale per affrontare ogni sfida, indicando l’ atteggiamento giusto, che è quello vicino alla prodezza infantile, ma ben distante da ogni adulta ingenuità. Codinobianco sa distinguere per intuito gli amici buoni da quelli cattivi, il falso aiuto e soprattutto la falsa spavalderia dal coraggio. Il coraggio, del resto, è altro. Il coraggio è affrontare le personali paure attingendo alle proprie potenzialità e alla propria sorgente creativa. Lo sa bene il vento:
“ Quanto coraggio ha trovato Codinobianco dentro di sé per entrare nel bosco!
Tutto solo ha affrontato la paura per ciò che non conosceva. Se si vuol crescere e imparare bisogna trovare il coraggio di fare qualcosa di nuovo”.
Chi non ha bisogno di un Cappello Pensante per ricordare ogni giorno come superare gli ostacoli del bosco? Codinobianco quel cappello è riuscito a conquistarselo.

Marcianum Press: “Il Pesciolino nero” e la voglia di scoprire il mondo

cop_pesciolino_neroGiulia Siena
ROMA
– Un pesciolino ribelle è stanco del suo solito ruscello. Lui e la madre vivono sotto un tetto di alghe, proprio dietro a un sasso nero. Nero come lui. Nonostante mamma e pesciolino siano spesso in giro, nuotando con altri pesci o tranquilli solo loro due, il pesciolino ho un problema, un serio problema: vuole andare via e scoprire dove va a finire il ruscello. Perché questo non è un pesce come tutti gli altri, questo è Il Pesciolino Nero, nato dalla penna di Samad Behrangi. Pubblicata dalla casa editrice veneziana Marcianum Press, la storia di questo curioso personaggio è un’avventura che si svolge nelle acque, dapprima tranquille della propria casa e, successivamente, in acque sempre più lontane, sconosciute e pericolose. Il pesciolino nero, infatti, in una tranquilla mattina, confida alla mamma un desiderio, il desiderio di un giovane pesce curioso, uno di quelli che ha il terrore di diventare un grosso pesce che ha perso tempo, ha sprecato la vita. Ma cos’è, poi, questa vita? Per scoprirlo il pesciolino nero comincerà un viaggio, incontrerà la cattiveria di altri animali, l’astuzia dei suoi simili, fronteggerà le leggi della natura e si ritroverà spesso in pericolo. Sarà valsa la pena uscire di casa per conoscere il mondo?

 

Samad Behrangi costruisce una storia di coraggio e ribellione. Un po’ favola e un po’ novella Il Pesciolino Nero è un bel viaggio – alle volte sorprende per immagini cruente o per atteggiamenti un po’ troppo umanizzati – che ci regala un tuffo in quel mare di libertà che tutti abbiamo desiderato.

 

“Ma la vita, cosa significa veramente?
Vuol forse dire stare sempre nello stesso posto, andare avanti e indietro finché non sei vecchio, è tutto qua?
Oppure si può vivere nel mondo anche in un altro modo?…”

 

Dai 5 anni

Sinnos: “Adesso scappa”, storia di una sfigata

ADESSO-SCAPPAGiulia Siena
PARMA“Ho saputo incassare, non sono morta. E’ possibile pure cambiare il sorriso, mostrare un dente rotto e sorridere lo stesso”. Il sorriso è quello di Maddalena, una sfigata che in qualche modo riesce a combattere il bullismo che la vede vittima insieme al suo amico Giorgio; ma partiamo dall’inizio. Maddalena è un’adolescente napoletana protagonista di Adesso scappa, la graphic novel nata dalla penna di Patrizia Rinaldi e dal tratto di Marta Baroni.

Maddalena è magra, capelli sottili dal colore scialbo, una macchinetta per i denti, idee confuse, una insufficienza in latino e il terrore di Zago e del suo clan. Chi è Zago? Nonostante il nome Zago è una ragazza aggressiva, prepotente e maleducata. Zago è quella che nella scuola – e soprattutto nella classe di Maddalena – infonde il terrore; lei e le sue amichette sono dei veri e propri boss: decidono cosa è roba loro e da chi devi stare lontano. Zago pensa che anche Alessandro sia roba sua. Proprio Alessandro, l’unico che insieme a lei a Giorgio ha l’insufficienza a latino e l’unico che fa battere il cuore a Maddalena. Ma Alessandro non è roba sua, Alessandro è preda di Zago, non può mica guardare una sfigata come lei. E se ora la sfigata tirasse fuori il coraggio e cominciasse a correre?

 

Adesso scappa, pubblicata da Sinnos nella collana leggimi! Graphic (pensata anche per chi ha problemi di dislessia o difficoltà di lettura) è una graphic novel che tratta il problema del bullismo al femminile e lo fa in maniera completa, guardando al meccanismo che il bullismo innesca: la paura. La paura di non riuscire ad affrontare i bulli – maschi o femmine che siano – la paura di essere inadeguati, fragili e soli, perché di fronte alla prepotenza si vorrebbe solo sparire.

 

“Inghiottici, muro, penso come una preghiera, ma il muro non ci inghiotte. Roberta, Maurizia, Giovanna e Zago, il capo, sanno che non possiamo andare via. Il muro non solo non ci inghiotte, ma diventa complice del nemico. Le gambe mi dicono: adesso scappa, adesso scappa, adesso scappa, ma è inutile”.

 

Adolescenti ad Alta Leggibilità: “Io no!… o forse sì”, la storia di Steven, lo square-dance e i dubbi sulla propria sessualità

io noGiulia Siena
PARMA – Steven ha sedici anni, vive a Beaver Lake e ha un segreto: adora ballare square-dance e lo fa con la madre nel gruppo della Api Operose; balla non per fare un favore a sua madre o a tutte le vecchiette del gruppo, no, lui lo fa perché ballare lo rende felice. Già, proprio così. Come se non bastasse, poi, odia l’hockey, non è per niente attratto dalle ragazze, è un ottimo osservatore, è estremamente ordinato e, inoltre, ha una amica del cuore, Rachel. Nonostante tutti questi indizi, però, Steven continua a ripetere: “Io no, non posso essere gay! No. Io no. Assolutamente no”. Da questo continuo tentativo di Steven di auto-convincersi nasce il titolo del libro di David LaRochelle, Io no!… o forse sì pubblicato da biancoenero edizioni. Steven, fantastico protagonista della penna di LaRochelle, per dimostrare a se stesso di non essere gay si informa, ruba un libro in biblioteca per approfondire la questione adolescenti-identità-sesso, comincia a frequentare i veri maschi e a uscire con le ragazze. In poco meno di un mese, tra un esame di guida e l’altro, esce con oltre venti fanciulle senza essere attratto da nessuna; la sua attrazione, però, è per il Bowman, il giovane professore di educazione alla salute. Ma tutto questo non farà altro che confondere ulteriormente le idee di Steven. E se davvero fosse gay?

 

La storia continua, così, tra un tentativo e l’altro per schiarirsi le idee e capire in che direzione sta andando la propria vita.

 

Biancoenero edizioni, la casa editrice capitolina che dal 2005 si occupa del progetto Alta Leggibilità per avvicinare ai libri tutti i ragazzi – anche quelli che hanno difficoltà di lettura –  con Io no! alza il proprio target e questa volta si rivolge agli adolescenti (dai 15 anni in su) con una tematica di estrema attualità raccontata con arguzia e semplicità. I lettori crescono, le problematiche da affrontare si moltiplicano e l’Alta Leggibilità rimane.
Ottimi spunti.

 

Qui lo speciale ChronicaLibri a Più Libri Più Liberi 2014 dove è stato presentato Io no!… o forse sì